sabato 4 ottobre 2014

Quei “rompiscatole” di Greenpeace...

Il tonno in scatola è la conserva ittica più comune nelle case degli italiani, ma pochi sanno che una pesca al tonno eccessiva, indiscriminata e sempre più spesso illegale minaccia la specie e l’intero ecosistema marino. L’equilibrio tra il pescato e l’effettiva disponibilità, infatti, sarebbe ormai sbilanciato, non garantendo più la riproduzione di molte specie ittiche compreso il comune tonno da “scatola”. È per questo che quei “rompiscatole” di Greenpeace da alcuni anni stilato una classifica sul “Tonno in trappola”, un’indagine sulla sostenibilità delle scatolette di tonno vendute in Italia, esaminando ben 14 aziende che coprono più dell’80% del mercato nazionale. “Greenpeace è impegnata da sempre nella difesa della salute dei mari del pianeta, e del Mediterraneo in particolare. La ricca biodiversità del Mare nostrum è minacciata dallo sfruttamento eccessivo delle risorse e dalla pesca. Per questo - hanno spiegato gli ambientalisti -  cerchiamo di spingere le aziende a una maggiore sostenibilità orientando i consumatori ad acquisti più responsabili” visto che “molte aziende leader del mercato mondiale, come MWB, Bolton, Carrefour o Auchan hanno la responsabilità di esserlo anche nel garantire la sostenibilità dei loro prodotti”.
Negli anni molte grandi aziende del settore hanno annunciato significativi passi avanti nel garantire un tonno sostenibile e certificato, ma oggi si scopre che molti sono rimasti solo promesse! “Saremo anche dei rompiscatole, come abbiamo chiamato la nostra classifica sulla sostenibilità delle scatolette di tonno, ma se le aziende prima promettono impegni mirabolanti e poi non li mantengono oppure si comportano in un modo in Italia e in un altro in Francia, allora non ci stiamo”. I colleghi di Greenpeace Francia hanno, infatti, stilato una loro classifica resa pubblica il 25 settembre scorso dove risulta che molti dei produttori più importanti e meno sostenibili sono compagnie ben note anche sul nostro mercato. Nonostante le promesse fatte pare che l’industria del tonno si sia mossa ben poco per preservare l'ecosistema marino e siano ancora troppi i doppi standard che permettono alle aziende di ricorrere ad una pesca eccessiva e distruttiva che sta svuotando i nostri mari.
Qualche esempio? Negli ultimi posti della classifica francese c'è Petit Navire, un marchio del colosso MWB, che possiede Mareblu e che in Italia (come nel Regno Unito) si era impegnato negli scorsi anni ad avere, entro il 2016, nel cento per cento dei propri prodotti un tonno sostenibile. In realtà al momento in Francia non vi è ombra di tale impegno, e per gli ambientalisti alcune delle flotte da cui arriva il tonno sono state coinvolte in episodi di pesca illegale. Anche Mareblu non sta facendo abbastanza: “lo hanno scoperto i nostri volontari che sei mesi fa sono andati in giro nei supermercati italiani a guardare scatoletta per scatoletta: la maggior parte del tonno continua a essere tonno pescato con reti a circuizione, senza alcuna garanzia che non vengano usati dei sistemi di aggregazione per pesci (FAD) che causano la cattura accessoria di squali, tartarughe e balene. Solo il 4 per cento delle scatolette trovate era pescata a canna, un metodo di pesca sostenibile”. Stando a quanto riportato da Greenpeace non brilla neanche Bolton Alimentari, proprietario del marchio Riomare che aveva promesso e ribadito anche ad Unimondo di avere entro il 2013 solo tonno sostenibile pescato a canna o senza FAD nel 45 per cento dei propri prodotti, ma in Francia non ha rispettato tale impegno. E in Italia? “Solo il 6 per cento dei prodotti Riomare trovati nei nostri supermercati conteneva tonno pescato a canna. Se questa è la qualità responsabile di Bolton si conferma il nostro timore che un impegno poco chiaro, come quello preso sul cento per cento della propria produzione per il 2017, possa portare ben poco tonno sostenibile nelle loro scatolette” hanno spiegato gli ambientalisti. 
Ma le grandi aziende del tonno non sono le sole ad applicare due pesi e due misure. Al terzo e quarto posto nella classifica di Greenpeace Francia troviamo pure il tonno di due importanti supermercati francesi, Carrefour e Auchan, leader nella distribuzione anche nel nostro Paese, con solo il 10 per cento del tonno che finisce nelle loro scatolette pescato a canna. Un primo passo, “peccato, però, che di questi prodotti parzialmente sostenibili non se ne trovi neanche uno in Italia. Carrefour si è impegnata a rinnovare la propria politica di acquisti nei prossimi mesi: speriamo che adotti precisi criteri di sostenibilità, e che da adesso valgano per tutti i mercati in cui è presente” ha spiegato Greenpeace.
Per il momento, quindi, molte aziende devono ancora dimostrare nella pratica le loro sostenibili intenzioni allo stesso modo nei diversi Paesi dell’Unione europea, possibilmente senza prendere in giro i consumatori con promesse che non hanno seguito. Se la crisi che ha investito la nostra società ci ha insegnato i rischi del vivere al di là delle nostre possibilità finanziarie, ancora più pericoloso sarà vivere oltrepassando la soglia della sostenibilità ecologica. Per questo la tutela del patrimonio marino è una priorità fondamentale per gli equilibri naturali ed è ormai fondamentale, con il contributo trasparente di tutte le aziende, imparare a consumare sulla base di scelte consapevoli non predatorie e nel rispetto della stagionalità dei pesci. Come ha ricordato Greenpeace “Solo se riusciremo a cambiare la domanda che viene da Paesi forti consumatori di tonno, come la Francia e l’Italia, potremmo generare un vero cambiamento nelle flotte che operano in mare. Senza tonno non c’è futuro, né per i nostri oceani, né per queste aziende!”.
Alessandro Graziadei

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