domenica 19 ottobre 2014

Interferenti endocrini: cosa sono e soprattutto cosa fanno?

Interferenti endocrini: cosa sono e soprattutto cosa fanno? Banalmente lo dice già il nome: interferiscono… per il vocabolario Treccani e per il senso comune quello che fanno è “produrre interferenza […] inserirsi, intromettersi di elementi o fattori estranei in un fatto, in modo da recargli pregiudizio o alterarne la fisionomia, lo svolgimento, l’obiettività, ecc…”. Quanto basta per porsi più di una domanda su queste sostanze chimiche che destabilizzano il sistema endocrino e possono portare effetti nocivi alla nostra salute e all’ambiente, ma vengono tuttora utilizzate in diversi settori industriali per produrre alimenti, tessuti, oggetti, plastiche e detergenti di uso quotidiano. Tra gli esempi di sostanze attive sul sistema endocrino riscontrate solo negli alimenti figurano diversi pesticidi, inquinanti ambientali come diossine e PCB e alcuni costituenti dei materiali che per contatto passano al cibo, come il Bisfenolo A (BPA, vietato nei biberon ma ancora presente in molti oggetti e utensili da cucina in plastica, come rivestimento interno di scatole, lattine e bottiglie di plastica. Dovrebbe scomparire dal 2015 dai contenitori per alimenti). 

Ma la lista è lunga e va ben oltre l’alimentazione. Per questo si tratta di un problema sottovalutato, visto che queste sostanze, in concentrazioni diverse, sono praticamente ovunque. La regolamentazione europea in merito risale al 1999 e gli ultimi sviluppi scientifici contenuti nel Rapport Kortenkamp pubblicato nel 2012 ci ricordano che il sistema endocrino, particolarmente importante per la salute dell’uomo e degli animali, è praticamente "sotto assedio". Nel maggio del 2013 un centinaio di scienziati hanno firmato la Déclaration de Berlaymont per richiedere un intervento politico, anche se le conoscenze scientifiche in quest’area sono ancora in evoluzione e la comprensione di che cosa sia una sostanza attiva sul sistema endocrino continua a essere oggetto di dibattito scientifico. Anche per questo la Commissione europea ha lanciato da alcune settimane una consultazione on-line (che sarà aperta fino al 16 gennaio 2015) per aiutare a definire i criteri d’uso per gli interferenti endocrini, come richiesto dalla normativa sui prodotti biocidi e fitosanitari. L’attuale legislazione, infatti, impone alla Commissione di specificare i criteri scientifici per la determinazione delle proprietà dell’interferenza endocrina delle sostanze chimiche effettuando una valutazione d’impatto e consultando l’opinione pubblica.  Determinare la probabilità che una sostanza, in questo caso una sostanza attiva sul sistema endocrino, causi un danno in presenza di un’esposizione prestabilita o prevista, e quale sarebbe l’esposizione che non desta preoccupazione, sono gli obiettivi di questa valutazione.

“Tutti i cittadini e le organizzazioni sono invitati a contribuire alla consultazione ed all’opinione pubblica vengono richiesti input sulle varie opzioni per i criteri e per la loro attuazione” ha spiegato il commissario europeo uscente all’ambiente, Janez Potočnik, presentando la consultazione. “Gli interferenti endocrini hanno innescato un dibattito sostanziale: ci sono forti segnali da parte della scienza, c’è una crescente preoccupazione e consapevolezza da parte dell’opinione pubblica e della politica, mentre alcuni stakeholders hanno ancora dubbi. L’Europa sta osservando: abbiamo bisogno di criteri certi per migliorare la protezione e dare all’industria la certezza che richiede. Aspettiamo i contributi dei cittadini e delle parti interessate che possono aiutarci a prendere una decisione informata”. “Questa è un’opportunità per tutte le parti di condividere apertamente le loro opinioni su questo tema complesso e segna un altro passo importante nel processo decisionale” ha aggiunto il commissario europeo alla salute Tonio Borg

Dopo una richiesta avanzata nel 2012 dalla Commissione europea, il comitato scientifico dell’ Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) per il momento ha semplicemente elaborato un parere che chiarisce i criteri scientifici per identificare un interferente endocrino. L’EFSA “sottoscrive la definizione d’interferente endocrino formulata dall’Organizzazione mondiale della sanità ed evidenzia che non tutte le sostanze attive sul sistema endocrino sono interferenti. Ciò dipende dall’eventuale esistenza di una ragionevole prova che la sostanza possa causare un effetto avverso in conseguenza della sua interazione o interferenza con il sistema endocrino”. Ma il parere dell’EFSA ricorda anche all’Europa di dedicare una particolare attenzione all’interferenza endocrina nei periodi critici dello sviluppo, come concepimento, gravidanza, prima infanzia, infanzia e pubertà, quando l’organismo può essere più sensibile agli agenti chimici, con un possibile aumento della probabilità di effetti nocivi a breve termine o nelle fasi successive della vita e raccomanda, come attività conseguente al presente parere, “di effettuare del lavoro supplementare per chiarire in un contesto più ampio quale impatto potrebbero avere questi vari aspetti sugli attuali approcci di valutazione del rischio e sulle strategie metodologiche, per qualsiasi sostanza chimica”.

Raccomandazioni importanti e forse fino ad oggi sottovalutate, perché in realtà l’allarme per la pericolosità di queste sostanze è noto dal 1991 quando un collettivo di scienziati coordinati da Theo Colborn coniò proprio il termine di “interferenti endocrini” in occasione di una conferenza a Wingspread. Nel 2011 in Italia il progetto “Previeni”, uno studio di durata triennale finanziato dal Ministero dell’Ambiente e condotto dall'Università di Siena insieme alla Sapienza di Roma e al WWF, aveva analizzato i dati ambientali degli interferenti endocrini mettendoli in relazione con la salute riproduttiva di 125 coppie e con il passaggio dei contaminanti in gravidanza tra madre e bambino. I risultati delle analisi? Evidenziavano “la pesante influenza di inquinanti come i perfluorati, gli ftalati e il bisfenolo sulla fertilità. Le persone affette da infertilità, infatti, presentano livelli più alti di inquinanti nel proprio sangue”. Inoltre, su dieci coppie mamma-bambino, otto bimbi sono risultati contaminati, “dimostrando che gli inquinanti possono attraversare la barriera, un tempo ritenuta invalicabile, della placenta”.

Se non bastasse circa un anno fa André Cicolella, chimico e tossicologo, nonché presidente dell’associazione Réseau Environnement Santé (RES), ha pubblicato in Francia Toxique Planète. Le scandale invisible des maladies chroniques dove analizza le relazioni esistenti tra interferenti e le cause del “cancro al seno, cancro alla prostata, tumori ormono-dipendenti, diabete, obesità, malattie cardiovascolari, iperattività, problemi alla fertilità, abbassamento della qualità degli spermatozoi e abbassamento dell'età della pubertà, con conseguenze sanitarie su scala globale drammatiche”. Ora c’è solo da sperare che la consultazione dia una definizione chiara dei rischi e convinca la Commissione europea della necessità di leggi che limitino ulteriormente la presenza nelle nostre vite di questi interferenti, perché a quanto pare la strategia delle lobby industriali fino ad oggi si è basata proprio sulla mancanza di una definizione e quindi di regolamentazione di queste sostanze. Ricorda un po’ il copione già visto negli anni ‘50, quando si iniziava a discutere del nesso tra fumo di sigaretta e insorgenza del cancro al polmone, tra le rassicurazioni e i depistaggi dell’industria del tabacco…

Alessandro Graziadei

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