domenica 5 ottobre 2014

Nigeria: tra miliziani Boko Haram e pastori Fulani

Mentre dal 23 settembre per mano della “strana coalizione” guidata dagli Usa con Francia, Inghilterra oltre ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Barhein e Qatar, è iniziata la pioggia di bombe contro gli jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Isis) in Siria ed Iraq, in Nigeria i terroristi di Boko Haram continuano quasi indisturbati la loro avanzata. Nonostante i recenti annunci di successo dell’esercito nigeriano nella lotta a Boko Haram, infatti, il terrore seminato dai miliziani della setta sembra continuare quasi indisturbato. Il gruppo di terroristi è sempre meglio armato e non di rado fronteggia l’esercito nigeriano alla pari riuscendo a spostarsi non più solamente con i fuoristrada e i mitragliatori, ma con armi pesanti e carri armati, proprio come un esercito convenzionale. In questo modo il gruppo terroristico da luglio 2014 è riuscito a conquistare solamente nello stato di Borno ben sette città e si è avvicinato fino a 70 km dalla metropoli di Maiduguri, dove hanno cercato rifugio centinaia di migliaia di profughi dal nord della Nigeria.
L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha accusato il governo e le forze di sicurezza nigeriane del fallimento di tutti i tentativi effettuati per proteggere la popolazione civile dal terrore della setta islamista radicale. “Mentre le autorità, i politici e l’esercito nigeriano tentano di far mantenere la calma alla popolazione civile e promettono la veloce distruzione della setta di stampo radical-islamico, la popolazione continua a diffidare delle promesse delle autorità e le comunità cristiane minoritarie nel nord della Nigeria continuano ad essere prese di mira da Boko Haram” ha spiegato l’APM. In due distinti attacchi ai villaggi di Shaffa e di Shindiffu compiuti tra mercoledì 24 settembre e giovedì 26 settembre nel nord del paese africano, i miliziani di Boko Haram hanno distrutto la scuola per ragazze di Shaffa, ucciso uno degli insegnanti della scuola, ucciso il pastore Eliud Gwamna Mshelizza con altri 18 fedeli e bruciato varie chiese, tra cui quella della comunità pentecostale “Living Faith Church”. L’attacco è poi proseguito il giorno dopo al villaggio di Shindiffu dove i miliziani sono stati fermati dall’esercito nigeriano mentre provavano a dirigersi verso il villaggio di Turaku. Nello scontro, a quanto pare, è rimasta uccisa la maggior parte dei combattenti di Boko Haram.
Ma sarà vero? Negli scorsi mesi l’esercito nigeriano ha annunciato di aver ucciso un sosia del leader di Boko Haram Mohamed Shekau. Secondo l'esercito, Shekau stesso sarebbe morto già da due anni. L'opinione pubblica nigeriana però ha reagito con scetticismo all'annuncio. Da un lato, infatti, gli atti di terrore compiuti da Boko Haram sembrano aumentare piuttosto che diminuire e dall'altro lato l'esercito ha già annunciato altre volte la morte del leader della setta e l'imminente successo nella lotta a Boko Haram. “Il governo e l'esercito della Nigeria cercano di propagandare un senso di fiducia e regolarmente annunciano la distruzione di Boko Haram - ha spiegato l’APM - La realtà invece è molto diversa. Il gruppo terroristico è oggi più forte che mai e costringe il governo e le forze armate della Nigeria a mostrare tutta la loro incapacità. Invece di cercare congiuntamente soluzioni per la lotta contro il gruppo terroristico e per una più efficace protezione della popolazione civile, i politici nigeriani sfruttano il terrore per i propri fini politici e per la campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali del febbraio 2015”.
Di fatto dopo il violento rapimento in aprile di 219 studentesse di Chibok da parte degli estremisti, polizia, esercito e governo nigeriani hanno ripetutamente annunciato la loro liberazione, ma fino ad oggi non sono ancora state tutte liberate e prosegue la campagna internazionale #Bringbackourgirls partita dalla studentessa pachistana Malala Yousafzai, icona della lotta contro i talebani, che ha chiamato “sorelle” le oltre duecento ragazze rapite in Nigeria. Per l’APM “Il tragico destino delle studentesse di Chibok è tipico della situazione di tutta la popolazione civile. La Nigeria del Nord rischia una deflagrazione del conflitto come nel nord dell'Iraq.” Secondo le stime delle Nazioni Unite da gennaio 2014 almeno 650.000 persone sono fuggite in seguito alle azioni terroristiche di Boko Haram. Altre stime parlano invece di un numero di nuovi rifugiati che arriva a fino a 3,3 milioni di persone. Se la politica della Nigeria non sarà in grado di dare una risposta credibile e definitiva alla sfida di Boko Haram, il gruppo terrorista potrebbe diventare una grave minaccia per la sopravvivenza non solo della Nigeria, ma di tutta l'Africa occidentale.
La Nigeria deve, però, fare i conti con un altro problema di politica interna fino ad oggi poco percepito dai media, concentrati quasi esclusivamente sull'ondata di violenza innescata nel paese dalla setta Boko Haram. Si tratta della escalation del conflitto tra pastori nomadi e agricoltori che si protrae da decenni senza che il governo del paese abbia mai seriamente tentato di risolverlo, ma che dal gennaio 2014 ad oggi ha causato almeno 522 morti. Solamente lo scorso luglio sono morte 68 persone in tre attacchi sferrati presumibilmente da pastori nomadi Fulani/Fulbe in Nigeria centrale. Nel distretto di Gidandawa (stato federale di Zamfara) un gruppo di Fulani pesantemente armati hanno attaccato un villaggio sparando indistintamente a uomini, donne e bambini e uccidendo sul colpo 40 persone. Altre 12 persone sono morte per le ferite riportate. Tutti erano musulmani di etnia Hussa. Altre cinque persone sono morte nei villaggi di Barkin Ladi (distretto di Rakung, stato federale di Plateau). Altri attacchi e altri morti si sono registrati ai villaggi di Ganlang e Zama Dede (distretto di Pilgani nello stato federale di Plateau). Tra il 25 e il 29 giugno 2014 erano già stati attaccati 20 villaggi, sempre presumibilmente da pastori Fulani, con un triste bilancio: più di 200 persone assassinate, 690 case distrutte, oltre a tre chiese e circa 50 esercizi commerciali dati alle fiamme. Per questo oltre 1.500 agricoltori Hussa sono fuggiti dalla regione.
Per l’APM negli ultimi anni questo conflitto per il controllo della terra e dei pascoli si è notevolmente inasprito non ultimo a causa delle conseguenze ambientali del cambiamento climatico. “Negli ultimi 50 anni la progressiva desertificazione di molte aree africane ha causato la perdita di circa il 35% dei pascoli della Nigeria settentrionale costringendo i pastori Fulani a spostarsi sempre più verso sud. Qui però entrano in conflitto con gli agricoltori appartenenti ad altre etnie e a volte anche fedeli di altre religioni” ha concluso l’APM. La lotta per la terra rischia quindi di confondersi con una guerra religiosa e, senza sottovalutare il reale pericolo di una sovrapposizione dei conflitti, vi è certamente anche una voluta riduzione del conflitto per la terra a guerra religiosa, in modo da permettere fino ad adesso al presidente nigeriano Jonathan Goodluck di evitare di affrontare seriamente e all'origine le cause del conflitto. Ormai da più di dieci anni, infatti, il Governo di Abuja ha promesso nuovi pascoli ai circa 15 milioni di pastori nomadi, senza mai dare seguito alle sue promesse.
Alessandro Graziadei

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