sabato 22 novembre 2014

Aree protette: “il mondo è sulla buona strada”

E in questa pianura, fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde, cadeva la pioggia, segnavano i soli, il ritmo dell’uomo e delle stagioni, così cantava il vecchio di Francesco Guccini guardando il bambino, eppure sulla terra non è rimasto ancora “solo il tetro contorno di torri di fumo. Infatti, secondo il nuovo rapporto Protected Planet 2014 (.pdf) dell’United Nations Environment Programme (Unep), presentato la scorsa settimana al World Parks Congress (WPc 2014) dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (Iucn) a Sydney “il mondo è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi di espansione delle aree protette entro il 2020”, ma restano ancora da fare importanti progressi per riuscire a garantire “che le zone importanti per la biodiversità e i servizi ecosistemici siano protette prioritariamente e meglio gestite”.

Questo congresso mondiale dei parchi, che a partire dal 1962 si tiene ogni 10 anni,  ha come slogan Parks, People, Planet: Inspiring solutions. La direttrice generale dell’Iucn, Julia Marton-Lefèvre, ha ricordato come “10 anni fa, il Congresso mondiale dei parchi a Durban ha fatto nascere l’idea degli obiettivi mondiali per le aree protette. Oggi, a Sydney, siamo fieri di lanciare il rapporto Protected Planet, che mostra i progressi che abbiamo realizzato verso il raggiungimento dei nostri obiettivi. Quel che dobbiamo vedere dietro le cifre del rapporto sono le aree protette ben gestite ed eque, sane, forti ed in grado di fornire tutta la gamma degli strumenti essenziali alla sopravvivenza della biodiversità ed al benessere delle persone nel mondo”. Il rapporto che ha fatto lo scrupoloso bilancio dei progressi realizzati in materia rivela che “dal 2012 sono stati istituiti 1,6 milioni di Kmq di nuove aree protette, la copertura mondiale totale delle aree protette equivale a 6,1 milioni di Kmq, cioè un’area vicina a quella dell’Australia”. 

Secondo il rapporto, sono ormai protetti il 15,4% delle aree terrestri e delle acque interne e il 3,4% degli oceani del pianeta, un risultato cruciale nel quadro dei futuri obiettivi dello sviluppo sostenibile visto che le aree protette sono essenziali per la conservazione delle specie, degli ecosistemi e dei mezzi di sussistenza alimentare. Svolgono anche un ruolo importante per l’adattamento e l’attenuazione degli impatti del cambiamento climatico, per esempio riducendo i rischi di catastrofi naturali e costituendo un pozzo di carbonio attraverso le foreste, 7,8 milioni kmq delle quali si trovano nelle aree protette. “Questi vantaggi – dicono Iucn ed Unep - devono essere però pienamente riconosciuti con l’integrazione delle aree protette nella pianificazione nazionale e nei processi decisionali in tutti i settori”.

L’obiettivo del World Parks Congress prevede, infatti, che entro il 2020 le aree di conservazione gestite efficacemente ed equamente coprano almeno il 17% delle zone terrestri del pianeta e il 10% delle aree marine e costiere.  Ma se è possibile che l’obiettivo sia raggiunto in termini di copertura fisica, la mancanza di progressi in altri settori quali: “assicurare che le aree protette siano situate in zone di particolare importanza per la biodiversità, che siano amministrate efficacemente ed equamente e che siano ben connesse” appare al momento più difficile. Malgrado l’aumento del numero di aree protette in questi ultimi anni, poi “ci sono numerose lacune nella loro copertura a livello mondiale ed un gran numero tra loro sono insufficientemente finanziate e mal gestite - si legge sul Protected Planet tanto che - senza un’azione mondiale concertata che permetta l’individuazione appropriata delle zone da proteggere, il miglioramento e l’integrazione della pianificazione nazionale e la valutazione dell’efficacia e dell’equità della gestione delle aree protette pochi potrebbero essere i passi avanti da qui al 2010". Per questo Al World Parks Congress l’Iucn ha presentato  alcune novità, come la Green List of Protected Areas,  il primo standard internazionale  che riconosce le aree protette ben gestite, e l’Iucn World Heritage Outlook,  la prima valutazione a livello planetario dei siti naturali Patrimonio mondiale dell’Unesco

Un primo passo avanti. A preoccupare, però, è la mancanza di finanziamenti certi e durevoli, anche se diversi studi dimostrano che i vantaggi economici prodotti dalle aree protette superano di gran lunga i costi di gestione. Il mondo si trova ancora una volta di fronte a governi, a cominciare da quello italiano, che non hanno finora mantenuto le promesse e gli impegni internazionali. Lo si capisce anche guardando a questo WPc 2014. Se la delegazione europea è di 450 membri, solo 17 sono italiani, tanto che la stessa Federparchi sottolinea come “Se la Federazione è ampiamente rappresentata, altrettanto non può dirsi delle aree protette italiane, praticamente assenti al congresso in Australia”. Eppure il ruolo e le esperienze dei parchi italiani, specie di quelli inseriti in contesti antropizzati, avrebbero potuto portare un significativo contributo per ispirare nuovi modelli economici e sociali che tengano conto delle priorità e delle minacce immediate che pesano sulla diversità biologica e sul patrimonio naturale. Invece mentre i parchi del mondo sono riuniti a Sidney per rilanciare la missione delle aree protette, per il Wwf Italia i Parchi nazionali italiani, non tutti sia chiaro, “rischiano la paralisi in assenza di consigli direttivi, senza obiettivi concreti e misurabili, e con scarse risorse per investimenti in biodiversità”

ll futuro della conservazione del nostro patrimonio ambientale dipende anche alla capacità della politica di fermare il consumo di natura in Italia e nel mondo. Come il bambino cantato da Guccini non vorremmo finire per dire anche noi “Mi piaccion le fiabe, raccontane altre”.

Alessandro Graziadei

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