venerdì 3 aprile 2015

C'era una volta il Parco Nazionale dello Stelvio

Dopo che nell’ansia di “semplificare” l’amministrazione dello Stato con il ddl “Repubblica Semplice” (.pdf) il Governo Renzi ha prospettato il “riassorbimento” del Corpo Forestale nella Polizia di Stato, cancellando di fatto la storia di un glorioso Corpo che da 192 anni concorre alla tutela del territorio e allo sviluppo di una cultura ambientale, ora ad essere “semplificato” o meglio “de-nazionalizzato” sembra toccare al Parco Nazionale dello Stelvio. Si tratta di un tentativo già bloccato nel 2012 dal rifiuto dell’allora presidente Napolitano ma che ora rischia di arrivare al suo epilogo, con un’intesa sottoscritta l’11 febbraio, approvata nei giorni scorsi dal comitato paritetico tra Governo e Province Autonome e ora all’attenzione del Consiglio dei Ministri. Ad oggi in nessuna parte d'Europa sembra sia mai stato cancellato un parco nazionale, che ciò possa avvenire proprio in Italia, Paese già sotto osservazione da parte dell’Unione Europea per le sue numerosissime infrazioni al diritto ambientale comunitario lascia francamente perplessi. 

Per le associazioni ambientaliste CIPRA Italia, ENPA, FAI, Federazione Protezionisti Sudtirolesi, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Mountain Wilderness Italia, Pro-Natura, Touring Club Italiano e WWF Italia l’ipotesi rappresenta un’inaccettabile precedente, anche per l’importanza e notorietà internazionale di uno dei parchi nazionali più antichi d'Europa, il più esteso dell'intero arco alpino, che quest'anno avrebbe compiuto 80 anni di tutela delle valli del massiccio montuoso Ortles-Cevedale a cavallo tra Lombardia, Trentino e Alto Adige.  Proprio il suo essere un territorio spartito tra una regione ordinaria e due province a statuto speciale è l’elemento su cui da cinque anni si è scatenata un offensiva autonomista, per ottenere lo smembramento e la spartizione tra tre enti distinti sul non sempre lungimirante principio “ciascuno padrone a casa propria”.   

Ma un massiccio montuoso può essere separato? In tutto l'arco alpino la vera sfida è quella di riuscire a governare in modo unitario un patrimonio di natura, paesaggio e cultura che è frammentato da ogni possibile confine.  Per questo negli 8 Stati alpini da un ventennio è in vigore un trattato internazionale di tutela, la Convenzione per la Protezione delle Alpi, che l’Italia ha già ratificato con una legge che risale al 1999. Trattato, denunciano gli ambientalisti, “che verrebbe fragorosamente  violato dall'Italia nel momento in cui un parco nazionale dovesse perdere questo attributo per diventare un patchwork di aree provinciali, con una forte attenuazione delle tutele su ambienti che per 80 anni hanno goduto, almeno sulla carta, di una protezione pressoché integrale”. 

In realtà le associazioni ambientaliste, che lo scorso 28 marzo hanno inviato un appello al presidente del Consiglio Matteo Renzi, non temono la devoluzione di competenze e responsabilità a Regione Lombardia e Province Autonome, che ritengono un provvedimento addirittura desiderabile perché capace di “condurre a una gestione più snella, efficiente e vicina ai cittadini”. Quello che temono è che il decentramento del Parco Nazionale dello Stelvio possa avvenire “senza le garanzie che la legge quadro sulle aree protette assicura a tutti i parchi nazionali”. Insomma, per essere veramente tutelato e non perdere i rigidi vincoli che lo hanno preservato fino ad oggi, il Parco dello Stelvio “deve mantenere un’unitarietà che consenta di qualificarlo come parco nazionale [...] con il presidio istituzionale del Ministero dell’Ambiente, anche a garanzia degli impegni che l’Italia ha assunto verso l'Europa per quanto riguarda i numerosi siti naturali di interesse comunitario presenti al suo interno". Come a dire che "non è concepibile un parco in cui un gipeto o un camoscio godano di differenti tutele a seconda che si trovino in territorio lombardo, altoatesino o trentino” hanno spiegato le associazioni. 

Nell’appello inviato al premier due sono i punti che gli ambientalisti temono possano limitare l’integrità del parco. Il primo riguarda la soppressione dell’ente parco, sostituito da un comitato di coordinamento formato da 9 “saggi” privo però di personalità giuridica, di personale, di bilancio (tanto da non poter nemmeno provvedere ai rimborsi per la partecipazione alle sedute). Una dirigenza inutile e ininfluente, che certo non è un elemento di garanzia. Per quelsto le associazioni chiedono “che il comitato sia dotato di personalità giuridica e di effettivi poteri per tutto quanto riguarda le funzioni unitarie del parco nazionale”. Il secondo punto riguarda il venir meno degli strumenti fondamentali di governo di ogni parco nazionale: il piano del parco e il regolamento. “Secondo l'intesa sottoscritta, questi strumenti dovrebbero, infatti, venir redatti in modo indipendente dai tre enti gestori, ciascuno per il proprio pezzetto di territorio, e solo in una fase preliminare il comitato di coordinamento potrebbe fornire indirizzi e produrre una proposta non vincolante di piano”.

Un ulteriore aspetto che preoccupa le associazioni è quello relativo alle risorse economiche: “il Ministero dell'Ambiente, infatti, cesserebbe di fornire il contributo ordinario di funzionamento dell'ente parco, che verrebbe interamente assunto dalle province autonome, anche per la parte lombarda del parco (in Lombardia si trova quasi metà del territorio tutelato), di fatto creando una situazione di forte diseguaglianza”. Le associazioni ambientaliste chiedono invece che il funzionamento dell’ente continui a essere una responsabilità nazionale, utilizzando le risorse delle province autonome per progetti di sviluppo territoriale a beneficio dei comuni del parco. “È nell’interesse di tutti, e non solo degli ambientalisti, che il Parco dello Stelvio smetta di essere un consorzio paralizzato - ha spiegato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - per trasformarsi in realtà viva, capace di attrarre turismo, investimenti e progettualità”. Per questo ha concluso Dezza “la proposta è quella di affiancare all’ente parco unitario una fondazione o altro soggetto, la cui missione esclusiva sia quella di alimentare lo sviluppo delle vocazioni di questo spazio alpino, affinché possa pienamente esprimere le prerogative che visitatori e residenti si aspettano dalla prossimità del parco nazionale, e lo faccia utilizzando le potenzialità progettuali che discendono dall'attivazione di partenariati”.

Solo così, per le associazioni ambientaliste, tra Lombardia, Trentino e Alto Adige potrebbe così sorgere, all’ombra del Parco Nazionale, un’area di cooperazione in cui comuni delle Alte Valli venostane, solandre, valtellinesi e camune lavorino insieme per sviluppare progetti e servizi nel turismo, in agricoltura, nella valorizzazione e marketing di prodotti, nei servizi per la mobilità, nelle infrastrutture montane e nella manutenzione del territorio. Ma il Governo del fare saprà anche ascoltare?

Alessandro Graziadei

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