sabato 29 ottobre 2016

La green economy è una risposta alla crisi?

La green economy si è dimostrata una delle più significative ed efficaci risposte alla crisi? A quanto pare sì! Sono 385mila le aziende italiane che dal 2010 hanno investito (o lo faranno quest’anno) in tecnologie verdi per ridurre l’inquinamento, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Il valore aggiunto prodotto dalla green economy nel solo 2015 è stato di 190,5 miliardi di euro, pari al 13% del totale complessivo, con la Lombardia in testa, con una quota del 15,4%, seguita da Emilia-Romagna (14,3%), Lazio (14,1%), Piemonte (13,8%) e Trentino-Alto Adige (13,6%). Sul fronte occupazionale questi dati si sono tradotti in 2 milioni 964mila occupati che oggi applicano competenze specifiche legate alla sostenibilità e alla tutela ambientale in tutta Italia, una cifra che corrisponde al 13,2% dell’occupazione complessiva nazionale e che sembra destinata a salire ancora entro fine dicembre. In controtendenza rispetto all’andamento generale del Jobs Act, infatti, le assunzioni nel settore della green economy, sempre più stabili e qualificate, sono cresciute di 21.300 unità nel 2015 contribuendo ad oltre il 10% dell’aumento complessivo del lavoro nel paese. In totale, si stima, che a fine 2016 le assunzioni programmate di “green jobs” in senso stretto (72.300) e le figure ibride con competenze verdi (176.800) arriveranno nell’insieme a 249mila, pari al 44,5% della domanda complessiva di lavoratori non stagionali. 

Sono questi i numeri di GreenItaly 2016, il settimo rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, presentato lo scorso 21 ottobre a Roma e che fotografa un settore che ha fatto una scelta votata all’investimento economico ed occupazionale, per nulla scontata in tempi di crisi, ma a quanto pare oltre che coraggiosa anche vincente. “Queste imprese - ha affermato durante la presentazione del Rapporto il presidente di Fondazione Symbola, Ermete Realacci - dimostrano che il nostro posto nel mondo non è quello della competitività a bassi prezzi e dumping ambientale e sociale, ma quello della qualità, fatta di cura dei dettagli, di attenzione al capitale umano, di coesione, bellezza, innovazione e sostenibilità”. Investendo green le aziende italiane a quanto pare diventano non solo più sostenibili, ma soprattutto più competitive e aprono un sentiero occupazionale importante nella green economy e nell’economia circolare made in Italy che “ha trovato un modello produttivo grazie a innovazione, ricerca e tecnologia che rafforzano l’identità e le tradizioni, enfatizzandone i punti di forza”. I dati del Rapporto dimostrano che la scelta green paga anche per quanto riguarda la digitalizzate nel nostro tessuto produttivo: “Basti pensare - ha aggiunto il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello - che 4 aziende su 5 del settore sono presenti sul web, hanno processi digitalizzati e puntano sulle digital skills, contro poco più della metà delle imprese non green”. 

Per  la Coldiretti, che ha collaborato alla realizzazione del rapporto GreenItaly 2016, uno dei settori che più è stato toccato dalla rivoluzione verde è quello agricolo. “L’agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa con il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per prodotti a denominazione di origine Dop/Igp, la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, ma anche la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma supportata dalla decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati”. In soli tre anni il Belpaese ha visto aumentate di sette volte le aziende agricole che producono energie rinnovabili (+603%) e raddoppiare quelle che svolgono un’azione di recupero importante nei confronti di varietà che non sarebbero mai sopravvissute alle regole delle moderne forme di distribuzione (+97,8%). Anche per questo oggi l’Italia può contare su 504 varietà bio-diverse iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi e su 533 varietà di olive contro le 70 spagnole, ma sono state salvate dall’estinzione anche 130 razze allevate tra le quali ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale voluti dall’Unione europea. “L’Italia - ha concluso la Coldiretti - detiene non a caso il record europeo della biodiversità, con 55.600 specie animali pari al 30% delle specie europee e 7.636 specie vegetali. Un primato raggiunto anche grazie al fatto che in Italia ci sono ben 871 i parchi e aree naturali protette che coprono ben il 10% del territorio nazionale”. 

Con una lungimirante per quanto non sempre scontata azione di tutela dell’ambiente l’Italia si è così portata al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), una quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 14 volte quella dei prodotti extracomunitari (5,7%). Una strada che non solo nel comparto agricolo, ma in tutti i settori produttivi, salva il clima, salva il lavoro e allo stesso tempo rende più competitiva l'Italia. Nonostante questa risposta positiva alla crisi, anche quest’anno nella nuova legge di Bilancio, se si escludono rafforzamento gli ecobonus in edilizia, l’introduzione di una "fiscalità agevolata verde" rimane un miraggio e il Governo non sembra aver capito cosa la green economy potrebbe ancora dare al Paese in termini di posti di lavoro e sostenibilità ambientale se anche dalla politica arrivasse la spinta necessaria a sostenere questo trasversale e sempre più indispensabile settore di sviluppo economico ed umano.

Alessandro Graziadei

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