domenica 6 agosto 2017

Low carbon: il Costa Rica c'è, l’Europa ci sarà?

La Costa Rica, piccolo paese dell’America centrale di quasi 5.000.000 abitanti sparsi su 51mila chilometri quadrati, ha smantellato il proprio esercito nel 1948 dopo una violenta guerra civile. Come disse l’allora presidente José Figueres Ferrer “La Costa Rica deve tornare ad essere un paese con più insegnanti che soldati” e da quel momento non ha più avuto più avuto conflitti interni o esterni, ed ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1987 con l’ex presidente Óscar Arias. Ma questo primato nonviolento non è l’unico che può vantare il paese centro americano. Lo scorso mese, infatti, il Centro Nacional de Control de Energía de Costa Rica ha annunciato un nuovo importante record sostenendo che “Nei primi 6 mesi del 2017, il Paese ha prodotto il 99,35% di elettricità da fonti rinnovabili, un dato che per l’Instituto Costarricense de Electricidad  “batte ogni risultato finora registrato negli ultimi trenta anni”.

Già nel 2016 il Paese aveva battuto un suo personale record coprendo per 250 giorni il fabbisogno di energia con la produzione proveniente da fonti rinnovabili, un risultato possibile solo perché da alcuni anni l'elettricità prodotta in Costa Rica arriva per il 74,85% dall’idroelettrico, l'11,10% dalla geotermia, l'11,92% dall’eolico, l’1,47% da biomasse, lo 0,01% dall'energia solare e solo lo 0,65% è prodotto con combustibili fossili. Una scelta energetica strategica per un Paese noto per aver conservato una straordinaria ricchezza di fauna selvatica, paesaggi e ambienti diversi e che persegue da decenni una politica di tutela e sostenibilità ambientale molto più ambiziosa che nel resto del Centro America. Anche a livello turistico l’Instituto Costarricense de Turismo (Ict) ha progettato e creato un programma di certificazione per il turismo sostenibile (Cst) riconosciuto anche dall’Organizzazione mondiale del turismo (Unwto), “con l’obiettivo di differenziare le aziende del settore del turismo in base al loro grado di sostenibilità in termini di natura, cultura e gestione delle risorse sociali”.

Ad oggi il programma Cst della Costa Rica non solo valuta, ma assiste anche i proprietari delle aziende nel prendere decisioni strategiche che determineranno la conservazione a lungo termine dell’ambiente locale, una scelta fondamentale in un paese che vanta il 5% della biodiversità del mondo su un territorio tutelato per il 26% dal Sistema Nacional de Áreas de Conservación. Un contesto che potrebbe essere di ispirazione anche per i Paesi europei i quali, secondo quanto emerge dal briefing “Financing Europe’s low carbon, climate resilient future” pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), “devono accelerare rapidamente gli sforzi e definire i loro investimenti per adattarsi al passaggio verso un’economia low carbon sostenibile e resiliente al clima”. Come? L’Eea è convinta che una transizione verso un futuro low carbon costituisca una sfida importante che dipende in buona parte da “un sostanziale re-orientamento dei flussi finanziari verso gli investimenti più sostenibili”. 

Il briefing, che si basa sul nuovo studio “Assessing the state-of-play of climate finance tracking in Europe”, evidenzia come solo alcuni paesi europei, tra i quali Belgio, Estonia, Francia, Germania  e Repubblica ceca,  hanno trasformato gli obiettivi climatici e energetici in concrete esigenze d’investimento “con un approccio nazionale utile per tenere traccia delle spese relative all’cambiamento climatico”. Lo studio è un primo inventario su scala europea dei finanziamenti climatici nei 33 paesi membri dell’Eea ed ha cercato di individuare i limiti degli investimenti climatici interni. Il risultato è preoccupante, visto che lo studio ha identificato “Una mancanza di preparazione e informazione a livello nazionale per quanto riguarda i bisogni totali di investimento stimati, nonché i loro volumi di spesa pianificati e attuali per scopi climatici ed energetici". Di conseguenza, a quanto pare, "le stime dell’Unione europea relative ai fabbisogni totali di investimento finanziario per il clima non sono abbinati a valutazioni complementari nazionali”.

Stando a questo studio all’Europa mancano ancora concreti sforzi nazionali e di concerto per rafforzare il monitoraggio delle politiche energetiche sostenibili, ed occorre sviluppare “piani nazionali per aumentare i capitali e rispettare gli obiettivi relativi al clima e all’energia, rafforzando la fiducia degli investitori, aumentando l’attrattività degli investimenti e migliorando la certezza politica di tali scelte”. Attualmente l’Unione europea ha stimato la necessità di aumentare gli investimenti energetici di 177 miliardi di euro all’anno dal 2021-2030 e per colmare questo divario sarà necessario raddoppiare gli attuali investimenti in rinnovabili ed efficienza. “Questo - ha concluso l’Eea - richiederà la mobilitazione di fondi pubblici e privati che però forniranno anche significativi vantaggi aggiuntivi, in termini di nuovi posti di lavoro, di riduzione della povertà energetica, di una maggiore sicurezza energetica e di una migliore qualità dell’aria”. Proprio come accade in Costa Rica.

Alessandro Graziadei

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