sabato 29 ottobre 2011

Italia: ma la rivoluzione industriale non era finita?

Ma la rivoluzione industriale non era finita? “A parole tutti sono all’avanguardia nella lotta ai cambiamenti climatici, ma in Italia si fanno scelte di senso contrario”, nonostante l’Unione Europea abbia assunto la decisione di ridurre entro il 2020 di almeno del 20% le emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990. Questa la paura delle moltissime associazioni che hanno aderito alla Campagna Fermiamo il Carbone e secondo le quali il Governo sta puntando sulle centrali a carbone per rispondere al fabbisogno energetico del Paese “forse dimenticandosi che si tratta della fonte fossile più inquinante e maggiormente in contrasto con la lotta ai cambiamenti climatici”.
La società civile risponde così oggi con una manifestazione nazionale ad Adria in provincia di Rovigo dove l'Enel vuole convertire la centrale a olio combustibile di Porto Tolle in una centrale a carbone della potenza di 2.000 Mw proprio nel mezzo del parco del Delta del Po. Un “piano carbone” che per la Campagna non coinvolge solo il Polesine e quindi risulta, almeno sulla carta, ancora più pericoloso.
“La scelta di incrementare l’uso del carbone per la produzione di energia elettrica - ha spiegato Italia Nostra, tra le promotrici della campagna - è una scelta nociva e sbagliata, soprattutto oggi che i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia per il futuro del Pianeta e le fonti rinnovabili, insieme all’efficienza energetica, rappresentano un'alternativa efficace e praticabile”. La combustione del carbone in centrali elettriche rappresenta, infatti, la più grande fonte umana di inquinamento da CO2, più del doppio di quelle a gas e rilascia un cocktail di inquinanti micidiali come arsenico, cromo, cadmio e mercurio “che coinvolgono un’area molto più vasta di quella intorno alla centrale. Come se non bastasse l’anidride solforosa emessa, combinandosi con il vapore acqueo, provoca le piogge acide, per non parlare dei danni alla salute derivanti dalle polveri sottili”.
La consapevolezza del legame tra danno ambientale e minacce per la salute umana, con inevitabili costi per la collettività, dovrebbe ormai costituire una consapevolezza comune, ma per convenienze legate all’attuale prezzo del carbone, peraltro in salita, alcune aziende insistono nel riconvertire centrali esistenti o nel costruire nuove centrali a carbone. “Con i recenti referendum oltre 26 milioni di italiani hanno rivendicato il diritto a decidere del proprio futuro - ha aggiunto Slow Food, anch’essa tra i firmatari della campagna - un futuro in cui i cambiamenti climatici non raggiungano livelli distruttivi per l’ambiente e la stessa specie umana [...]. In contrasto con questa ampia richiesta popolare Governo, Enel e altri lanciano invece un piano carbone che, oltre a Porto Tolle, riguarda la riconversione di vecchie centrali come Vado Ligure, La Spezia, e Rossano Calabro, o addirittura la costruzione di nuove centrali come Saline Ioniche, con un livello di investimenti, pubblici e privati, dell’ordine di 10 miliardi di euro. Con buona pace del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili”.
Da qui nasce l’idea di una campagna, lanciata anche su Facebook e Twitter, non solo “contro” il carbone, ma che per Legambiente, Greenpeace e Wwf “Rivendica il diritto a essere coinvolti in scelte chiare, fondate su strategie e piani condivisi e non dettati dalle lobby energetiche, ma dall’interesse di tutti e dal bene comune. Per questo proponiamo il territorio polesano come laboratorio nazionale per cominciare ad immaginare ed attuare l'alternativa energetica, per uscire dalle fonti fossili.
Cominciamo questo percorso proprio oggi con una giornata di mobilitazione nazionale contro il carbone e con una manifestazione nazionale nel Polesine”, dove un corteo colorato e pacifico percorrerà le strade di Adria a partire dalle ore 14.30 fino alle 16.30,  ha concluso Legambiente. La manifestazione continuerà con interventi dal palco, collegamenti con altre piazze e spettacoli a tema fino alle 19.30.
Una scelta non casuale quella del Polesine “dove l'Enel anche con modifiche alle leggi e alle normali procedure, operate da una politica compiacente, - sostiene la Campagna - rischia di avviare una centrale che emetterebbe in un solo anno 10 milioni di tonnellate di CO2 (4 volte le emissioni di Milano), 2.800 tonnellate di ossidi di azoto (come 3.5 milioni di auto), 3.700 tonnellate di ossidi di zolfo (più di tutti i veicoli in Italia), richiedendo lo smaltimento di milioni di tonnellate di gessi e altre sostanze”.

Ecco perché per ambientalisti e semplici cittadini la centrale a carbone di Porto Tolle non ha alcun senso ecologico, ma neanche economico, dal momento che l’Italia ha una potenza istallata quasi doppia rispetto al picco della domanda, “al punto che i produttori di energia elettrica lamentano che gli impianti vengono oggi usati per un terzo della loro potenzialità”.
 Non solo: “oggi le maggiori prospettive di nuovi posti di lavoro, nel mondo e in Italia, sono nei settori delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, con numeri che in alcuni Paesi ormai superano l’industria tradizionale - spiega il Movimento Difesa del Cittadino, altro partner della mobilitazione nazionale - al contrario, la centrale a carbone porrebbe a rischio l’occupazione già esistente e quella futura, nell’agricoltura, nel turismo e nella pesca [...]. Il ricatto occupazionale di Enel, dunque, va rifiutato da tutti con dignità e fermezza, perché oggi più che ieri il futuro è nell’economia sostenibile per l’ambiente e la salute, tanto più che, sul piano occupazionale, la bonifica dell'area ed una sua riconversione verso impianti e produzioni nel settore delle energie rinnovabili pulite darebbero lavoro stabile e sicuro ad un maggior numero di persone”.
Con la giornata del 29 ottobre la Campagna vuole quindi smontare la strumentale contrapposizione tra lavoro ambiente e salute, cominciando a pensare, sull’esperienza del felice esito del referendum sul nucleare, a una società basata sull’interesse comune e non sugli interessi di poche lobbies e sulla possibilità di un futuro eco-sostenibile per tutti.

Su questa strada si può dire si sia incamminata la società civile italiana, ma anche quella svizzera che con la petizione popolare “Sì all’energia pulita, No al carbone” ha portato alla raccolta di 4.427 firme contro la costruzione delle centrali a carbone a Saline Ioniche (Reggio Calabria) e a Brusbuttel in Germania. Un risultato straordinario e dal valore fortemente simbolico poiché è stato chiesto e ottenuto proprio dai cittadini del Cantone svizzero dei Grigioni, il quale, con una quota del 46%, è il più importante azionista della società Repower, interessata alla costruzione delle centrali italiana e tedesca. Un esempio di solidarietà e collaborazione transnazionale tra i popoli, che ci ricorda come anche ciò che accade lontano da casa nostra, in una società globale, ci riguarda da vicino.
Alessandro Graziadei

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