Quattro persone sospettate di avere legami con il gruppo di al Qaeda che il 23 ottobre ha rapito nel campo profughi saharawi di al Raboni in Algeria tre operatori umanitari europei, i due spagnoli, Ainhoa Fernandez de Rincon dell’Asociación de Amigos del Pueblo Saharaui e Enric Gonyalons dell'organizzazione Mundobat, e l'italiana Rossella Urru del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp), sono stati arrestati la scorsa settimana dai servizi di sicurezza algerini. Gli arresti eseguiti dall'esercito algerino - secondo il quotidiano di Algeri el Khabar - sono stati complessivamente otto nell'ambito di un'operazione tesa a colpire la rete di al Qaeda nel Maghreb (Aqmi) e a liberare i tre sequestrati.
All’indomani del rapimento i principali organi di stampa hanno subito ripreso una nota dell’agenzia France Press secondo la quale: “I combattenti di Aqmi che hanno rapito i cooperanti nel campo profughi - ha riferito un non meglio identificato mediatore - non erano armati. Avevano dei complici sul posto, membri e simpatizzanti di Aqmi, che hanno fornito loro le armi e hanno fatto trovare gli ostaggi”. “I sequestratori parlavano tra di loro via telefono in dialetto hassani, quello usato nel Sahara occidentale”, ha inoltre riferito el Khabar aggiungendo che secondo gli inquirenti la responsabilità di quanto è accaduto sarebbe da attribuire anche al Fronte Polisario che rappresenta il Governo in esilio dell’ex colonia Spagnola. “Il sistema di allarme contro eventuali attacchi terroristici predisposto nel 2010 è scattato in ritardo - ha osservato il quotidiano - perché in ritardo i soldati dell'esercito e la polizia algerini sono stati avvertiti del sequestro e questo ha facilitato il compito dei rapitori fuggiti dal campo al Raboni di Tindouf verso il confine tra Algeria e Sahara Occidentale”.
Secca la smentita del Polisario che in una comunicato stampa ha voluto ribadire che “Non c'è alcuna presenza di Aqmi nei campi di rifugiati sahrawi e i terroristi quando hanno attaccato hanno aperto il fuoco contro i cooperanti e le guardie del centro ferendo un ostaggio e una delle guardie sahrawi”. Il Fronte Polisario ha poi condannano con forza "queste informazioni manipolate e realizzate da autori visibili ed invisibili che si sforzano di diffondere menzogne, accuse gravi e vili al fine di raggiungere obiettivi politici indegni”.
Su questa linea si è espressa anche la totalità delle ong italiane impegnate da anni a fianco dei circa 250.000 saharawi accampati nei campi profughi dell’Hamada, l’inospitale deserto algerino, a cominciare proprio dal CISP per il quale da due anni lavorava Rossella Urru. “Il Cisp si occupa di questo tipo di interventi dal 1984 e non si è mai sentito in pericolo” ha spiegato all’indomani del rapimento il direttore del Cisp Paolo Dieci con un comunicato online sul sito della ong. Alcuni giorni fa Paolo Dieci e Sandro De Luca, coordinatore dei programmi in Africa della ong romana, sono partiti per l’Algeria da dove “il Cisp è in costante contatto con l'Unità di Crisi della Farnesina e con l'Ambasciata d'Italia ad Algeri - ha dichiarato Dieci - ma al momento possiamo solo stringerci tutti attorno a Rossella e alla sua famiglia fiduciosi in una positiva e rapida soluzione del sequestro”.
L’Associazione Nazionale di Solidarietà con il Popolo Sahrawi (Ansps), costituita da una rete di associazioni impegnate a vario titolo nella solidarietà con tutta la popolazione saharawi, è stata una delle prime ad esprimere la propria solidarietà “all’amica Rossella, ai suoi due compagni di sventura, alle loro famiglie” e al Cisp, "che vanta una lunga ed efficace esperienza di cooperazione nei campi profughi sahrawi e di sensibilizzazione in Italia sulla questione sahrawi. Conosciamo l’intelligenza, la competenza e la determinazione di Rossella, speriamo che queste qualità possano renderle meno duri i momenti che sta vivendo, ma non per questo meno forte è la totale e ferma condanna per questo atto che la vede vittima insieme agli altri due cooperanti spagnoli” ha ribadito in un comunicato l’Ansp a poche ore dal sequestro. L’Ansps, oltre a chiedere la prioritaria e immediata liberazione di Rossella e degli altri due cooperanti, non ha voluto dimenticare in questi giorni le ragioni della loro presenza nella regione, invitando “tutta la rete italiana ed europea di solidarietà con il popolo sahrawi a non cedere, proprio ora, al ricatto di un’organizzazione terroristica che ha tra i suoi scopi quello di impedire la solidarietà tra popoli di culture e fedi diverse. In questo momento di maggiore difficoltà è fondamentale non far mancare al popolo sahrawi l’aiuto ed il sostegno necessari”.
Per il popolo Saharawi, infatti, il rapimento potrebbe avere sviluppi fatali, dal momento che la popolazione sopravvive quasi esclusivamente grazie al sostegno e all’impegno di organizzazioni umanitarie internazionali, moltissime delle quali spagnole ed italiane. La battaglia dell’indipendenza del popolo saharawi e del Sahara occidentale dura ormai da oltre 35 anni, quando l’ex possedimento spagnolo abbandonato in tutta fretta alla morte di Francisco Franco fu invaso dal Marocco nel 1975. Da allora, i miliziani del Fronte Polisario rivendicano l’indipendenza del territorio e si battono per ottenere il ritiro del Marocco e un referendum per l’autodeterminazione del loro popolo. Per il momento invano. Ora dopo questo rapimento da parte dei combattenti del Aqmi “La situazione dei profughi saharawi a Tindouf si è ulteriormente inasprita - ha dichiarato allarmata l’Associazione per i Popoli Minacciati - adesso anche gli aiuti umanitari per i rifugiati sono a rischio in quanto è facile intuire che molti cooperanti per timore eviteranno i campi profughi".
Con il tragico sequestro dei tre cooperanti per L'Associazione per i Popoli Minacciati “almeno è chiaro che le accuse del governo del Marocco sulla presunta cooperazione tra il Polisario e al Qaeda sono completamente prive di fondamento”. Come ha puntualmente ricordato anche l’Ansps, infatti, “In 36 anni di esilio in Algeria è il primo attacco alla cooperazione internazionale in favore dei rifugiati sahrawi con modalità che riconducono gli autori ad al Qaeda e smentiscono qualsiasi amalgama tra Aqmi e Fronte Polisario”. “Infine - ha concluso l’Ansps - nei giorni in cui la comunità internazionale plaude all’apertura, in Tunisia, delle urne delle prime elezioni libere della primavera araba, il pensiero va a quel voto tenacemente negato dal Marocco al popolo sahrawi per scegliere, attraverso il referendum di autodeterminazione, il proprio futuro, malgrado le numerose risoluzioni dell’Onu”.
“A chi giova tutto questo quindi? - ci ha spiegato Giancarlo Saccani della spezzina Laboratorio di Pace, Associazione di Solidarietà con il popolo Saharawi - Non certo ai Saharawi. Nessuno nasconde che la propaganda integralista, dall'Algeria, ma anche ad arte dal Marocco, potrebbe trovare li qualche attenzione”, ma questo non basta a spiegare l’accaduto perché “Non è necessaria nessuna complicità saharawi per sapere dove trovare cittadini europei nei campi”. Anche per questo il Polisario chiede da tempo al movimento di solidarietà internazionale di predisporre progetti a favore dei giovani. “Proprio in questo senso - ha concluso Saccani - alcune associazioni italiane, compresa quella spezzina, si stanno muovendo. Rafforzare la vicinanza e l'informazione dei giovani saharawi, aprire possibilità formative e lavorative, potenziare le possibilità di attività sportive, approfondire il metodo nonviolento come strumento per una efficace lotta di liberazione. Questi sono temi su cui operare”.
Ora, sempre secondo quanto riporta il giornale filo-governativo algerino el Khabar, stanno proseguendo le attività di perlustrazione dell’esercito nel sud dell’Algeria, alla ricerca di tracce di Ainhoa, Enric e di Rossella, che è la seconda connazionale nelle mani dell’Aqmi. Il 2 febbraio scorso, infatti, è stata rapita anche Maria Sandra Mariani, 53 anni, una turista fiorentina che si trovava nel sud dell’Algeria, mentre un altro operatore umanitario di Emergency, Francesco Azzarrà è stato rapito lo scorso 14 agosto in Darfur.
Adesso l’appello per la liberazione dei cooperanti che dal Cisp e da a Samugheo (Oristano) paese natale di Rossella è arrivato su tutti i muri della città di Ravenna, dove Rossella si è laureata ed ha lavorato per il Comune proprio con progetti di cooperazione con il popolo Saharawi, è lo stesso appello dell’universo delle ong impegnate accanto ai sharawi, strette vicino alla famiglia di Rossella che per voce del fratello, dice al comune di Ravenna: “teniamo duro, confidando che tutto si risolverà al meglio e sapendo - anche grazie a voi tutti - di non essere affatto soli”.
Alessandro Graziadei
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