domenica 13 novembre 2011

Wwf: impianti industriali pericolosi per il rischio esondazione

Quando l’acqua si ritira, rimane il fango, i lutti e la ricerca di risposte concrete per evitare il ripetersi di catastrofi umane e ambientali come quelle che hanno investito Liguria e Toscana. Anche per questo pochi giorni fa il Wwf è tornato a sottolineare come il rischio esondazione sia particolarmente elevato in alcune aree del paese dove sono presenti vicino agli alvei fluviali attività pericolose e inquinanti anche nucleari.
Il bacino del Po è uno di quelli a maggior rischio, anche se questo problema riguarda molti corsi d'acqua del paese. Lungo i fiumi Lambro, Seveso ed Olona ed affluenti, nelle provincie di Milano e Monza vi sono numerosi impianti industriali che trattano sostanze chimiche. Si tratta, ha reso noto l’associazione ambientalista, della “Galvaniche Ripamonti” a Cologno Monzese lungo il Lambro, le aziende chimiche lungo il Guisa, come la “Azko Chemicals” di Arese e la “Brenntag” di Bollate; lungo il Bozzente vi sono la “Arotech” e la “Galim” di Lainate; lungo l'Olona c’è la “Pharmacia e Upjohn” che interessa Nervino mentre sul Sevevo c’è la “Clariant”. Ma non solo, “sul corso d'acqua principale del Po, troviamo discariche di amianto come quella di Albaredo Arnaboldi a Pavia, la raffineria Tamoil di Cremona, la centrale Enel a ridosso dell'argine maestro ad Ostiglia fino ad arrivare al delta dove incombe la centrale termoelettrica di Porto Tolle”, già tristemente nota alle cronache ambientali per la sua prossima conversione a centrale a carbone.
Di fatto anche se la temuta ondata di piena del Po nei giorni scorsi non c’è stata, la preoccupazione per le possibili esondazioni nei pressi di questi impianti industriali è viva e “si è già materializzata nel 2010 con lo sversamento di 2.600 tonnellate di idrocarburi dalla Lombarda Petroli di Villasanta sul Lambro” ha ricordato Andrea Agapito, responsabile acque del Wwf Italia. Come se non bastasse a Saluggia, sulla Dora Baltea, vi sono due depositi di stoccaggio di scorie nucleari. “C’è sempre un po’ di paura”, ha detto Gianpiero Gorio, responsabile del settore energia per Legambiente in Piemonte e membro della commissione Ambiente nel Comune di Saluggia. “Il ricordo delle alluvioni passate, in cui si sfiorò l’incidente nucleare, si fa ancora sentire. Abbiamo avuto delle grosse esondazioni nel 1993, nel 1994 e nel 2000 - ha raccontato - In soli sette anni ci sono state per tre volte alluvioni considerate come eventi catastrofici molto rari”. In questi giorni però la piena era più debole: “La Dora Baltea si è ingrossata, ma in maniera minore. La portata era di 800 metri cubi al secondo, mentre in passato ha raggiunto i 2.000 o i 3.000 metri cubi. Certo, a sapere che in quei depositi c’è il 50 per cento delle scorie nucleari italiane non si sta molto tranquilli”.
Per queste ragioni i tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente - Piemonte, incaricati del monitoraggio “radiologico ionizzante” e cioè del controllo delle radiazioni, hanno effettuato dei sopralluoghi nei siti di Saluggia martedì mattina. “Non c’è stato nessun problema in nessuno dei tre siti in Piemonte perché non ci sono state esondazioni - ha detto Laura Porzio, una degli esperti - Noi siamo entrati nell’impianto del deposito Sorin-Avogadro, il più colpito in passato perché vicino al canale Farini”. Questa struttura, una volta del gruppo Fiat “funziona come deposito del combustibile nucleare irraggiato [...], si trova a 700-800 metri dal fiume e non ha alcuna difesa”.
L’area che desta più preoccupazioni tuttavia è quello Eurex-So.g.i.n, dove in questi ultimi anni sono stati però apportati dei miglioramenti. “Si tratta di un ex centro ricerche dell’Enea passato ai privati di So.g.i.n ed è il primo impianto che la Dora Baltea incontra quando esonda e allaga. Nel 2000 - ha continuato la Porzio - abbiamo rischiato che il fiume entrasse nel sito. Nel 2002 è stata terminata la costruzione di un muro di difesa idraulica alto cinque metri e profondo quindici. Prima aveva una piscina con il combustibile irraggiato, ma dopo i rischi passati è stato tutto trasferito all’estero e la piscina è stata svuotata”. La soluzione del muro di cinta non convince tuttavia il rappresentante di Legambiente: “Eurex è attaccato al fiume e l’impianto viene ugualmente alluvionato perché per il principio dei vasi comunicanti l’acqua sale dalle profondità”.
Ma il problema, anche se per fortuna non sempre nucleare, è diffuso in tutta Italia e coinvolge fiumi grandi e piccoli. Spostandosi al centro e poi al sud Italia, ha continuato in una nota il Wwf “a ridosso del Marecchia in provincia di Rimini, vi sono impianti per il gas, mentre il Panaro è interessato da aree a rischio elevato nel comune di Marano sul Panaro”. Vi sono anche aree a rischio attraversate dall’Arno, che passa nel distretto conciario di S. Croce sull'Arno, dove si concentrano molte aziende con problemi di sfruttamento della falda e di immissione in Arno dei reflui che, anche dopo la depurazione, contengono ancora non trascurabili carichi inquinanti. Vi sono poi le aree indicate come “siti d’interesse nazionale per le bonifiche” come lungo il Tavo- Saline in Abruzzo o la val Basento in Basilicata interessata da una pericolosa area industriale, sia manifatturiera che dedicata alla distribuzione del gas.
“Attualmente diverse Regioni hanno completato i catasti degli impianti a rischio, ora è necessario agire per aggiornarli, ma anche per avviare campagne di informazione e protocolli di sicurezza che riducano al minimo il rischio” ha concluso Agapito per il Wwf, che ha aggiunto: “Sono tutte situazioni ben conosciute dalle istutuzioni sulle quali si dovrebbe investire urgentemente in maniera mirata sulla base di un Piano strategico Nazionale di priorità per rimuovere quelle a più elevato rischio idrogeologico, come indicato con la Legge Finanziaria del 2008 (.pdf), che nel 2009 ha visto lo stanziamento di 265 milioni di euro e che ora è stato azzerato dalla Legge di Stabilità 2012”.
Difficile mostrare ottimismo: lo stesso ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ricordando le vittime dei recenti nubifragi tra Liguria e Toscana, auspica che la tragedia possa servire a sbloccare i fondi antidissesto, pronti da due anni e mai erogati: “nulla può colmare il dolore di chi ha perso i propri cari - ha dichiarato il Ministro - ma la tragedia dello spezzino e della lunigiana serva almeno a sbloccare i fondi necessari a far ripartire subito gli interventi che si possono e si devono fare per evitare nuove sciagure annunciate”. “Le situazioni ad altissimo rischio di frane e alluvioni in Italia - ha aggiunto - sono molte e note, così come, prevedibilmente, si verificheranno nuovi episodi di precipitazioni straordinarie che innescheranno ulteriori pericoli per le popolazioni e per i territori”.
L’auspicio, affidato ad una dichiarazione congiunta di Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti e Paolo Buzzetti, presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili, è che quanto prima “la manutenzione del territorio diventi la più grande ed indispensabile infrastruttura del Paese per poter abbandonare per sempre la logica dell'emergenza. Se si fosse operato così non ci troveremmo oggi di fronte alla nuova immane tragedia che ha colpito l'Italia”. “Occorre dare il giusto spazio e le necessarie risorse - hanno concluso i tre presidenti - oltre che per la manutenzione anche e soprattutto per interventi di prevenzione [...]. Non si possono fare politiche di investimento sulle grandi infrastrutture se prima non si proteggono la vita dei cittadini e l’ambiente”.
Alessandro Graziadei

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