domenica 22 aprile 2012

Albania: si apre la caccia ai cani randagi?


Sono circa 50 i cani randagi nella piccola località di Perrenjas in Albania, a circa 100 chilometri a sud di Tirana, che rischiano di essere uccisi per mano di due cacciatori assoldati dal Comune. Così ha deciso il Sindaco, che per risolvere il problema del randagismo ha proposto l’uccisione a colpi di armi da fuoco dei cani. Per motivi di sicurezza e forse anche per coprire quella che agli occhi dell’opinione pubblica sarebbe una strage impietosa, la caccia si svolgerà di notte, per l’esattezza dalle 24 fino alle 3 del mattino, orari nei quali è stato consigliato di “fare attenzione e tenere chiusi i propri animali”. Ma le esecuzioni, inizialmente previste a partire dal 5 aprile e posticipate al 10 aprile, sono ulteriormente slittate per le tempestive pressioni degli animalisti albanesi che hanno manifestato contro l’uccisione dei cani. Fino a quando?
La sospensione delle esecuzioni per il momento è stata funzionale ad un incontro con il Sindaco della cittadina, Bajazit Karriqi, che l’Associazione Animal Rights Albania (Ara) è riuscita faticosamente ad ottenere la scorsa settimana a poche ore dall’inizio della mattanza. Gli attivisti, accompagnati da un veterinario e da un avvocato, hanno spuntato un ulteriore rinvio di 10 giorni, durante il quale a cura di Ara si dovranno vaccinare e sterilizzare i cani randagi della cittadina. Passato questo termine il Sindaco deciderà sul da farsi.
Stando a quanto ha dichiarato Pezana Rexha, direttrice esecutiva di Animal Rights Albania, “l’incontro era iniziato nel peggiore dei modi. Il Sindaco, infatti, era intenzionato a confermare l’ordine di abbattimento, ma siamo riusciti a posticipare ulteriormente i termini della tremenda esecuzione annunciando altresì che saranno intraprese azioni legali qualora le autorità locali non tornassero sui loro passi e ignorassero nuovamente i diritti degli animali”.
Nel corso dei giorni però la situazione è andata migliorando e tra i volontari delle Ara si respira un moderato ottimismo in vista di una decisione che dovrebbe arrivare in queste ore. Il Consiglio comunale, infatti, riesaminerà la questione ed i responsabili di Animal Rights Albania, saranno presenti a tutte le riunioni. In quella stessa sede verranno considerati i due progetti proposti da Ara: sterilizzazione e vaccinazione dei cani, oltre che la progettazione di un centro idoneo per il quale i volontari hanno dato gratuitamente la loro disponibilità a lavorare. I cani, una volta sterilizzati, saranno immessi nel territorio nel caso di non immediata adozione. Per i cuccioli, invece, si cercherà in forma ancor più prioritaria una sistemazione in famiglia. Se le cose dovessero invece precipitare, i volontari cercheranno di portare via tutti i cani di Perrenjas.
“Purtroppo in Albania - ha continuato la Rexha - sopratutto nei mesi estivi è comune risolvere il problema del randagismo a colpi di pistola. Noi manterremo i nostri impegni con la sterilizzazione di 50 cani. Offriremo tutte le cure che ha un animale tenuto a casa e inviteremo quindi il Sindaco a ripensarci, impegnando in maniera diversa i soldi stanziati per le uccisioni dei cani. Non sappiamo con sicurezza, però, se questo basterà a fermare definitivamente l’ordinanza”. I due cacciatori incaricati delle esecuzioni intanto attendono. Saranno pagati 200 lek (circa 1.45 euro) per ogni cane ucciso, che poi verrà bruciato. “Ma fucilare gli animali e poi bruciarli per eliminarli è una pratica terribile che non potrà essere identificata da nessuna cultura umana o civiltà degna di essere ricordata. Sono pratiche che fanno parte di momenti scioccanti della storia umana, un atto barbaro. Bisogna fermare a tutti i costi questa vergognosa strage”, ha osservato Ara.
“L’Albania - ha aggiunto la Rexha - è un paese culturalmente ricco e con un paesaggio stupendo, ma per quanto riguarda la tutela degli animali vi sono ancora molti passi da fare. Questo nonostante vi sia una legge repubblicana che dovrebbe tutelarli e che intendiamo far valere”. Di fatto, il risultato dell’incontro della scorsa settimana, prefigura una situazione di sostanziale stallo, motivo per cui l’Associazione Ara è tornata a chiedere il massimo supporto sia a livello nazionale che internazionale (raccolto in Italia dalla Federazione Italiana Diritti Animali e Ambiente) per avere più opportunità di far desistere dal loro proposito le autorità albanesi. “Le cose in Albania stanno cambiando - ha concluso la Rexha - sempre più persone hanno a cuore i problemi degli animali, ma anche le autorità cittadine devono fare la loro parte ed accettare il nostro aiuto per risolvere in modo civile il delicato problema dei molti randagi“ presenti non solo a Perrenjas.
Ora, per chi volesse, online c’è una petizione attiva per fermare la strage, promossa proprio dall’Ara, insieme ad una raccolta fondi per sterilizzare i “pericolosi” cani che potrebbero morire impallinati e bruciati nei prossimi giorni a Perrenjas. È chiaro che il problema del randagismo è una problema serio e non solo albanese, ma che riguarda molti Paesi europei. Ma davvero per le amministrazioni comunali non esiste altro modo per risolvere questo tipo di problema? Davvero l’unica soluzione è quella di fare delle stragi di cani come è recentemente accaduto in un'Ucraina che deve rifarsi il look in vista degli Europei di calcio?
Anche se nella prossima patria del pallone europeo le esecuzioni sono state, almeno sulla carta, sospese, le proteste degli animalisti non si fermano e hanno toccato lo scorso 6 aprile anche l’Italia quando gli attivisti della Lega Anti Vivisezione (Lav), insieme ai tifosi che hanno a cuore tanto lo sport quanto la tutela degli animali, hanno esposto allo stadio di Modena per la partita Sassuolo-Modena della serie B di calcio, alcuni striscioni con l'appello “il calcio fermi la strage dei randagi in Ucraina”.
Sempre la Lav, alcuni mesi fa, ha rivolto un appello a Giancarlo Abete, Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio e al capitano degli azzurri Gianluigi Buffon, sollecitandoli a farsi portavoce presso la UEFA e il suo Presidente, così come verso la federazione di calcio dell’Ucraina, della richiesta netta e decisa di fermare immediatamente questa orrenda strage.
Ora sarebbe bello aspettarsi che ne il calcio, ne l’ordine pubblico o il turismo possano convincere delle amministrazioni a sparare su dei cani randagi piuttosto che studiare una più civile soluzione del problema. In Ucraina come in Albania.
Alessandro Graziadei

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