domenica 17 giugno 2012

Brasile: i taglialegna minacciano gli Awá, Dilma minaccia l’Amazzonia

La stagione più propizia per i taglialegna sta ormai per ricominciare e gli Awá hanno rilanciato in questi giorni un disperato appello al Governo brasiliano perché blocchi immediatamente la deforestazione illegale che sta devastando le loro terre. Gli Awá, oggi noti come la tribù più minacciata del mondo, soffrono del più alto tasso di deforestazione di tutta l’Amazzonia “e negli ultimi anni l’inizio della stagione secca ha sempre portato a una drastica impennata del taglio illegale degli alberi” ha spiegato Survival International che dal 1969 è a fianco dei popoli indigeni per proteggere le loro vite, le loro terre e i loro diritti umani. Per questo la tribù ha supplicato il Ministro della Giustizia brasiliano di “sfrattare immediatamente dalle nostre terre i taglialegna prima che tornino e distruggano tutto” ed ha già fatto pervenire al Ministero oltre 27.000 messaggi, in cui si chiede la rimozione di tutti gli invasori dalle terre indigene.
Dalle rilevazioni condotte dallo stesso Governo brasiliano, i volontari di Survival International hanno appreso che almeno “in uno dei quattro territori abitati dalla tribù potrebbero esserci fino a 4.500 invasori contro al massimo 450 Awá residenti nell’area”, sostanzialmente allevatori, coloni e soprattutto taglialegna, che col finire della stagione delle piogge hanno ricominciato a tornare in una delle più importanti aree di caccia della tribù spinti dagli interessi sul legname che si possono ricavare dalla foresta amazzonica. Normalmente ha spiegato Survival gli “Awá si spostano in continuazione tra i vari terreni di caccia protetti legalmente, ma le bande criminali dei taglialegna in questa stagione sono semplicemente troppe” e la loro avanzata è indisturbata “visto che il Governo brasiliano è poco presente lungo la frontiera che separa gli Awà dalla civiltà degli speculatori e dei taglialegna”.
La situazione è talmente grave che anche la star cinematografica Colin Firth ha lanciato lo scorso mese un appello video sulle note del premiato compositore Heitor Pereira. “Stanno tagliando la loro foresta illegalmente, per il legno. Quando i disboscatori li vedono, li uccidono” dice Colin Firth nel suo appello. “Archi e frecce non hanno chance contro i fucili. E come altre volte nella storia, potrebbe finire tutto con un altro popolo cancellato dalla faccia della terra, per sempre”.
Ma non tutto è perduto! Da quando Firth ha lanciato la campagna di Survival il CIMI, un’organizzazione brasiliana per i diritti dei popoli indigeni, ha registrato una maggior attenzione dell’opinione pubblica. “Gli Awá potranno anche contare solo 450 persone, ma in un attimo la loro storia ha fatto notizia in tutto il mondo” ha dichiarato Stephen Corry, direttore generale di Survival International. “Il Governo del Brasile deve smettere di ignorare gli Awá e deve portare il loro caso in cima all’agenda delle sue priorità. La pressione non deve fermarsi”. “Se il Brasile permetterà che altri dei suoi popoli originari siano sacrificati per qualche camionata di legname - ha continuato Corry, - si ritroverà con una macchia indelebile nella sua storia, una tragedia irrimediabile per l’umanità e, ovviamente, con una catastrofe per gli Awá. Il Brasile è uno dei paesi più ricchi del mondo, ma ha la forza di rispettare le sue stesse leggi?”.
Al momento non parrebbe. A pochi giorni dall’inizio di Rio + 20, infatti, la Presidente brasiliana Dilma Roussef ha disatteso le richieste degli ambientalisti mettendo il veto solo su parte del nuovo Codice Forestale, ribattezzato “ammazza Amazzonia” e approvato dal Congresso Brasiliano il 25 aprile scorso. Di fatto, anche se la Rousseff ha bloccato alcuni dei cambiamenti più controversi al “Código Florestal”, gli ambientalisti dicono che il testo definitivo presentato il 28 maggio è ancora fortemente influenzato dalla potente lobby dell’agrobusiness ed alla fine si tradurrà comunque in vasta deforestazione dell'Amazzonia.
Il Comitê em Defesa das Florestas e do Desenvolvimento Sustentável, che riunisce le più note associazioni ambientaliste ed umanitarie brasiliane, ha dichiarato che il Codice potrebbe ridurre la quantità di foresta che i proprietari devono preservare e ridurre le sanzioni per chi viola le leggi ambientali. La legislazione rivista conserva l'obbligo dei proprietari terrieri di proteggere l'80% per cento delle foreste nelle regioni rurali del Rio delle Amazzoni, ma non facilita restrizioni e sanzioni sui proprietari terrieri che infrangono la legge. Del resto la posta in palio non è poca. Il Brasile Institute for Applied Economic Research (Ipea) ha stimato che la nuova normativa potrebbe portare nei prossimi anni alla perdita di un patrimonio di 76,5 milioni di ettari di foresta, che si traduce in 28 miliardi di tonnellate di Co2 in atmosfera.
“La Presidente Dilma ha dato una risposta troppo vaga e insoddisfacente al popolo brasiliano che chiedeva un veto integrale del nuovo Codice Forestale” ha spiegato Chiara Campione, responsabile della campagna Foreste di Greenpeace Italia. Invece di “mettere una pezza” a una delle peggiori leggi a protezione dell’ambiente mai scritta in Brasile, “la presidente Dilma dovrebbe onorare le promesse fatte al popolo brasiliano quando è stata eletta. Solo allora potremo considerarla una vera leader dello sviluppo sostenibile che agisce per il bene del suo Paese” ha concluso la Campione lanciando il decatwitter di Greenpeace in difesa dell’Amazzonia.
Ma la distruzione della foresta amazzonica non è un problema dei soli brasiliani, è un problema per gli equilibri ambientali dell'intero pianeta e riguarda anche l'Italia che è un importante mercato di legname e prodotti del legno. “Chiediamo a tutti i cittadini italiani di attivarsi, di chiamare le ambasciate del Brasile e di sottoscrivere le nostre petizioni online, per dire a gran voce basta alla distruzione delle foreste, che per soddisfare gli interessi di pochi, mette in gioco il nostro futuro”
 ha aggiunto Massimiliano Rocco, responsabile Specie e Foreste del Wwf Italia.
Di fatto l’Amazzonia come “Gli Awá sono minacciati anche dalla nostra apatiaha concluso il direttore generale di Survival. “Eppure, queste campagne hanno già dato prova di essere efficaci. Se saremo in tanti a dimostrare di tenerci, in Brasile come nel resto del mondo, i bambini Awá potranno diventare adulti e potremmo salvare gran parte della foresta Amazzonica", come quella del Kenya che Unimondo si è impegnato ad implementare piantando un albero per ogni fan della propria pagina Facebook.
Alessandro Graziadei

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