sabato 9 giugno 2012

Italia: ti decarbonizzo!

“Insistere con il carbone, il combustibile fossile a maggiore impatto sulla salute, sul clima e sull’ambiente è miope, antistorico e soprattutto non fa l’interesse del nostro Paese”. È questo il parere di Mariagrazia Midulla, portavoce Clima ed Energia del Wwf che ha appena lanciato sul web la campagna “Decarbonizziamo l'Italia” per fermare nella corsa alle fonti energetiche un ritorno al passato inutile e pericoloso che riporta l’Italia all’età del carbone”.
Il Wwf in merito non ha dubbi. Supportato da consolidate ricerche scientifiche, apre questa campagna dati alla mano: “Il carbone è la fonte energetica nemica del clima e della salute per eccellenza, infatti, anche se contribuisce per il 12% alla produzione di energia elettrica nazionale, è responsabile di oltre il 30% delle emissioni italiane di gas serra”. A parità di energia primaria disponibile, quindi, le emissioni di CO2 provenienti dalla combustione del carbone arrivano a essere del 30% superiori a quelle del petrolio e del 70% superiori a quelle del gas naturale.
Come se non bastasse “Anche i filtri più sofisticati presenti negli impianti di ultima generazione consentono l’emissione di una quantità di polveri sottili 71 volte superiori a quelle di una centrale a ciclo combinato a gas - sostengono gli ambientalisti - mentre sono totalmente inefficaci per il particolato ultrafine, quello più pericoloso per l’uomo. Per non parlare del mercurio, sostanza altamente nociva in grado di limitare lo sviluppo neuronale degli embrioni umani fin da prima della nascita”.
Se qualcuno nutrisse ancora qualche dubbio su questa fonte energetica finita e quindi prossima all’esaurimento, “Va ricordato che il carbone usato dagli impianti tricolori è sostanzialmente tutto d'importazione - ha precisato il Wwf - dal momento che il nostro Paese non dispone di risorse carbonifere adeguate allo sfruttamento, sia in termini quantitativi sia qualitativi” e il poco carbone presente nel Sulcis in Sardegna, ha un tenore troppo alto di zolfo per l’uso energetico.
Eppure attualmente in Italia sono in funzione 13 centrali a carbone, assai diverse per potenza installata e anche per la tecnologia impiegata. Questi impianti nel 2010 hanno prodotto una minima parte del fabbisogno elettrico complessivo, ma circa 35 milioni di tonnellate di CO2. Una proporzione insostenibile e senza futuro che però viene supportata da chi continua a fare affari col carbone come Enel, che per Greenpeace “è il primo utilizzatore di carbone come fonte di produzione termoelettrica: 72,1% del carbone per usi elettrici nel 2010 in Italia. […] La sua ossessione per la fonte energetica più sporca e inquinante non conosce pari tanto che quando ha acquisito la società spagnola Endesa, ha tenuto per sé gli impianti a carbone e le vecchie centrali nucleari cedendo l’intero parco eolico” hanno spiegato gli attivisti di Greenpeace.
Per gli ambientalisti del cigno verde Enel agisce sempre nello stesso modo, da troppi anni. “Le sue mosse sono riconoscibili, come quelle di un vero e proprio serial killer del clima che lascia tracce evidenti, sporche di carbone. Per questo abbiamo lanciato la campagna Facciamo Luce su Enel”. Per Greenpeace Enel sarebbe responsabile di “Una morte prematura al giorno e circa un miliardo e ottocento milioni di euro di danni l’anno. Questa è solo una parte del costo reale della produzione elettrica da carbone di Enel. Dati che non troverete mai sulla bolletta che l’azienda fa arrivare nelle nostre case ogni due mesi, ma che abbiamo pubblicato nel rapporto Enel, il carbone costa un morto al giorno”.
Solo allarmismo? Una ricerca condotta dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, ha portato alla luce dati inquietanti sul livello di inquinamento prodotto dagli impianti industriali a carbone nel nostro continente. In Italia, il primo posto in classifica spetta alla centrale Enel di Brindisi con oltre 700 milioni di euro di danni sanitari e ambientali nel solo 2009; un importo che coincide proprio con gli extra-profitti che l’impianto garantisce a Enel. “In poche parole il ricavo di Enel è pari ai danni che produce e che non paga” ha commentato lapidaria Greenpeace. Ma non c’è solo Brindisi. Enel possiede 8 delle 13 centrali a carbone operanti in Italia e intende costruirne almeno altre due. I danni di Brindisi sono quindi solo una piccola parte del totale. “Se dividiamo i danni economici causati dalla produzione a carbone di Enel per il numero delle famiglie italiane, scopriamo che la scelta sciagurata di quella fonte energetica costa circa 75 euro l’anno a nucleo familiare”. Anche per questo “Chiediamo all’azienda di dimezzare la produzione elettrica da carbone da qui al 2020 e di portarla a zero al 2030, investendo contemporaneamente in fonti rinnovabili per compensare la perdita di produzione” ha concluso la squadra di ecologisti pronta nei prossimi mesi a fare nuova “luce” su Enel.
Come fare allora? Oltre a cominciare ad abbracciare uno stile di vita legato “all’abbondanza frugale” teorizzata dal padre della decrescita Serge Latouche anche in materia di consumi energetici e firmare le campagne delle due note associazioni ambientaliste, potremmo fermarci a fare due conti. Ci accorgeremmo che il carbone non serve all’Italia che a fronte di una potenza elettrica installata di 106.489 Megawatt ha un picco di consumi raggiunto e mai superato di 56.822 Megawatt, cioè ha una sovra capacità di produzione di energia elettrica tale da costringere le centrali a funzionare a scartamento ridotto e, quindi, non ha bisogno di investire in impianti a carbone.
Ci si chiede quindi quale sia il vero motivo di tanta ostinazione nel voler riconvertire a carbone la centrale di Porto Tolle, di voler ampliare con dei nuovi gruppi a carbone la centrale di Vado Ligure, di voler addirittura costruire nuove centrali a Saline Joniche, in Calabria, e nel Sulcis, in Sardegna. “La pigrizia imprenditoriale e le rendite di posizione non possono essere premiate: la transizione verso il nuovo modello energetico e la nuova economia è iniziata. Speriamo che il Paese sappia prendere la strada giusta iniziando ad abbandonare tutti i progetti di nuovi impianti a carbone e chiudendo per prime le dannose centrali ancora in attività” ha concluso la Midulla.
Alessandro Graziadei

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