domenica 3 novembre 2013

Un Festival per ristabilire il flusso di conoscenza tra consumatore e cibo

Dopo il successo del 2012 con più di 3.300 “affamati” spettatori anche quest’anno dal 5 al 27 novembre a Trento si “apparecchia” la quinta edizione di Tutti nello stesso piatto il Festival internazionale di Cinema Cibo & VideoDiversità. Organizzato da Mandacarù, la cooperativa di commercio equo del Trentino e da Ctm Altromercato, la maggiore organizzazione di commercio equo e solidale in Italia, il Festival conta quest’anno su 2 nuovi partner: il nuovo MUSE, Museo delle Scienze di Trento che ospiterà 6 proiezioni a cui seguiranno approfondimenti tematici e visite guidate notturne e Amnesty International, che assegnerà un premio al miglior documentario che affronti il tema dal punto di vista dei diritti umani.
L’appuntamento trentino è ormai un’occasione importante per incontrare al cinema la cultura del cibo di Europa, Asia, Africa e America Latina attraverso i focus dei cambiamenti climatici, dell’impatto sulla sovranità alimentare, delle dighe e degli spostamenti forzati di popolazioni, dello spreco alimentare, della salvaguardia della biodiversità, del fracking, dell’impatto ambientale sulle risorse idriche e dello sovrasfruttamento delle riserve ittiche, tutti temi d’attualità utili per “ristabilire il flusso di conoscenza tra consumatore e cibo” e riappropiarci del “gusto di sapere ciò che mettiamo in bocca”. Come? Attraverso il ricco programma di lungometraggi, cortometraggi fiction e corti di animazione, che quest’anno prevede 14 serate di proiezioni ed incontri con giornalisti, registi ed esperti, 40 pellicole, di cui 9 anteprime nazionali ed 1 europea accompagnate da Il film nel piatto, le degustazioni a tema a cura di Slow Food Trentino Alto Adige e 2 mesi (novembre e dicembre) di Schermi & Lavagne, le matinèe per le scuole.
Si tratta di un programma che come ogni anno non nasconde il suo intento educativo cercando di diffondere, documentare e sostenere le esperienze e le lotte di chi, nel Nord come nel Sud del mondo, “difende la propria identità e le culture di cui è erede e custode contro l’espansione di un modello agroindustriale basato sulla coltivazione intensiva di poche specie”.  Per Beatrice De Blasi, direttrice artistica del festival “Tutti nello stesso piatto vuole farsi testimone delle alternative alla distruzione dell’agrobiodiversità attraverso l’occhio di chi partecipa direttamente, con gli strumenti della comunicazione audiovisiva, alla resistenza a questo modello di sviluppo ed alla ricerca di soluzioni capaci di dare un futuro al Pianeta”, perché, “cambiare si può, anche andando al cinema”.
Proprio per questo tra i documentari più attesi ci sono pellicole come Shady Chocolate in programma il 6 novembre alle 20.00. "Da sempre sappiamo che la produzione del cioccolato mantiene inquietanti connessioni con i fenomeni di tratta e lavoro minorile - ha anticipato la De Blasi - in particolare nelle piantagioni di cacao dell’Africa occidentale. Per questo negli ultimi anni l’industria del cioccolato è stata costretta dalle pressioni dei consumatori a riconoscere il problema e ad aumentare gli sforzi per eliminare il lavoro dei bambini dal sistema produttivo”. Nel 2010 Miki Mistrati e Roberto Romano avevano già affrontato la questione del lavoro minorile nelle piantagioni della Costa d’Avorio con il documentario The Dark Side of Chocolate, trasmesso dalle televisioni di oltre 25 paesi e vincitore di numerosi premi, tra cui proprio quello per il Miglior Documentario al Festival Tutti nello Stesso Piatto di Trento nel 2011. "Il proposito di questo nuovo film d’inchiesta è quello di scoprire se l’industria del cioccolato dice il vero quando dichiara di offrire strutture scolastiche e cure mediche ai bambini della Costa d’Avorio, recandosi direttamente sul posto per vedere lo stato dei programmi d’aiuto".
Ma l’indagine di Mistrati e Romano non è l’unico film che desta la sostenibile ed etica curiosità di un pubblico che incomincerà a conoscere il Festival da martedì 5 novembre con Glacial Balance un viaggio lungo la dorsale delle Ande, dalla Colombia all’Argentina, capace di farci entrare nella vita di quegli uomini che sono le prime vittime della progressiva recessione dei ghiacciai e di quegli effetti a catena che la loro scomparsa ha su di noi e sul resto del mondo. Un racconto guidato da alcuni ricercatori e dalla regia di Ethan Steinman che nasce con il chiaro intento di aprire gli occhi e le menti di individui, organizzazioni e governi altrimenti indifferenti a questo primo stadio di una reazione a catena che potrebbe comportare conseguenze drammatiche per il nostro ecosistema. Quelle stesse tragiche conseguenze che fanno da cornice anche a Rainmakers del regista olandese Floris-Jan van Luyn che cattura le conseguenze della politica Cinese contemporanea che ha puntato tutto su un’industrializzazione massiccia e aggressiva, che il marketing governativo spaccia come “un’opportunità per migliorare la propria salute”. Van Luyn spinge sulla poetica del contrasto, per raccontarci una realtà in cui la ricchezza dei pochi vale molto più della salute dei tanti, attraverso la storia di quattro donne capaci di portare avanti una battaglia infinita e solitaria contro i veleni delle industrie.
Oltre al focus sulla Cina quest’anno Tutti nello stesso piatto getta uno sguardo anche sulla delicata realtà della Repubblica Democratica del Congo con la serata del 7 novembre che, promossa dall’associazione Coopi Trentino, sarà dedicata alla proiezione di due documentari dei registi Danilo Licciardello e Simone Ciani, presenti in sala per l’occasione. Il corto Terra bruciata parlerà di land grabbing mentre il lungometraggio Terra nera darà un quadro del sistema di estrazione del petrolio (in parallelo con quello in Canada) proponendo un’ampia riflessione sui danni causati dalla corsa irrazionale verso la distruzione del pianeta anche grazie al collegamento Skype con i cooperanti di Coopi Trentino in Repubblica Democratica del Congo.
L’importanza di un ecosistema integro è lo sfondo anche di The fruit hunters, del regista sinocanadese Yung Chang che racconta la storia di alcuni testardi paladini della biodiversità ortofrutticola, disposti ad attraversare continenti interi per difendere e assaporare rarità come il kura-kura durian del Borneo o il mango bianco di Bali. Realtà da salvare e preservare al pari delle api protagoniste di More than honey il documentario del regista svizzero Markus Imhoof che con una fotografia spettacolare descrive la vita delle api e cerca di capire perché negli ultimi quindici anni stanno misteriosamente morendo, con pesanti conseguenze sull’ambiente, l’agricoltura e l’economia che vanno che va ben al di là di fiori e miele. Ma chi rischia di sparire a volte sono intere popolazioni, come nel caso di The Rocket, il film, ambientato tra i diseredati del Laos che sarà proiettato al Cinema Astra il 27 novembre come evento di chiusura del Festival. Un racconto di iniziazione costruito con grazia da Kim Mordaunt che si immerge con grande rispetto nello straordinario paesaggio laotiano dove Ahlo, un bambino vivace e pieno della forza dell'infanzia, assieme alla sua famiglia è costretto a lasciare il villaggio perché su quel terreno sorgerà una diga. Una storia che ha fatto incetta di premi in molti festival, tanto che l’Australia ha deciso di proporlo come candidato al prossimo Oscar.
Un cinema anche da Oscar, quindi, quello di scena a Trento, ma ignorato dai grandi distributori, fuori dalle regole, che cambierà il nostro modo di guardare al cibo che abbiamo nel piatto e i rapporti che legano i valori del cibo alla cultura contemporanea, con il solo limite di essere ancora orfano di qualche pellicola in più capace di una riflessione completa sulla sostenibilità della scelta vegetariana e vegana.
Alessandro Graziadei

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