domenica 19 aprile 2015

L’Italia dei pesticidi e degli erbicidi

All’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) per fortuna non stanno mai fermi. L’istituto, istituito con la legge 133/2008 e sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha da poco presentato il dodicesimo rapporto nazionale sui pesticidi nelle acque del Belpaese (dati relativi al biennio 2011-2012 .pdf) secondo il quale “la vendita di pesticidi è in calo, ma la persistenza ambientale delle dosi utilizzate fino ad oggi dagli inizi del secolo allontana uno scenario rassicurante”. Il rapporto Ispra conferma l’Italia, con un consumo di 5,6 Kg/ettaro all’anno, come la maggior utilizzatrice in Europa occidentale di pesticidi per unità di superficie coltivata, il doppio rispetto a Francia e Germania. In linea con quanto emerso dalle indagini Ispra degli ultimi anni sono 175, su 335 ricercate, le sostanze rintracciate nelle acque sotterranee, con 253 campioni “oltre i limiti consentiti dalla legge”, e in quella superficiali il 17,2% dei punti monitorati presenta concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale.  Tutte sostanze che si ritrovano poi sulle nostre tavole, tanto che un terzo della frutta e della verdura che consumiamo in Italia presenta tracce di pesticidi. Alcuni campioni poi sono da record, “con 6, 7, anche 9 principi chimici presenti contemporaneamente”, principalmente pesticidi ed erbicidi, ma anche fungicidi e insetticidi, un “cocktail” di sostanze sui cui effetti c’è ancora poca conoscenza

Il rischio chimico legato alle miscele è sottostimato”, hanno infatti scritto gli esperti dell’Ispra, mettendo in guardia non solo contro l’effetto additivo delle sostanze chimiche, ma anche contro la sinergia tra i composti capaci di un danno ambientale anche superiore alla somma delle singole sostanze rintracciate in buona parte dei 28mila campioni portati in laboratorio. Come segnalato anche dai comitati scientifici della Commissione Europea “il rischio derivante dall’esposizione a miscele di sostanze è sottostimato dalle metodologie utilizzate in fase di autorizzazione, che valutano le singole sostanze e non considerano gli effetti cumulativi”. Motivo per cui occorre la massima prudenza anche al cospetto delle contaminazioni più basse, perché la permanenza nei terreni e di conseguenza nelle acque delle sostanze chimiche a lungo termine “Ci mette di fronte a fenomeni di contaminazione ambientale difficilmente reversibili”, hanno precisato i ricercatori.  

Diciannove sono state le regioni, gli uffici dell’Arpa e le province autonome che hanno risposto all’appello relativamente al biennio 2011-2012 con poche novità rispetto alle passate indagini. Calabria e Molise sono le “maglie nere” di questa edizione del Rapporto, per non aver fornito alcun dato e responsabili di un profilo disomogeneo e incompleto, ma il triste primato nelle concentrazioni di pesticidi e erbicidi spetta alla Pianura Padana dove “si concentra il 55% della zootecnia nazionale e il 40% delle produzioni agricole”. Inoltre il dilavamento dei suoli, in periodi piovosi come questo, “rimette in circolo nelle acque e nel terreno diverse sostanze tossiche” ha spiegato Pierluigi Viaroli, ordinario di ecologia all’Università di Parma ricordando come il Rapporto ha rintracciato nelle acque “60 mix di composti rispetto ai 23 registrati solo un anno fa”.

A parziale conforto giungono i dati Istat relativi alla vendita di prodotti fitosanitari. Tra il 2001 e il 2012 si è passati da 147.771 a 134.242 tonnellate, con un calo maggiore (-30,2%) dei rimedi più pericolosi anche grazie all'effetto delle politiche agricole comunitarie tese all’adozione di tecniche di difesa a minore impatto. Eppure questo trend al momento non si riflette nei risultati del monitoraggio dell'Ispra e in vaste aree del centro-sud sta emergendo soltanto ora una contaminazione sfuggita alle maglie di un monitoraggio inadeguato. Di sicuro, però, se gli ambientalisti riconoscono che “L’agricoltura italiana in questi anni, nel quadro della scelta di qualità che è l’unica che può garantire la sopravvivenza stessa degli agricoltori, ha fatto importantissimi sforzi per la diminuzione dell’uso dei pesticidi la contaminazione continua purtroppo ad essere diffusa e cumulata”. Che fare? Semplice, per Laura Brambilla, portavoce del Treno Verde di Legambiente con destinazione Expo, “La strada maestra è quella di rispettare i disciplinari dell’agricoltura biologica ovvero adottare quei metodi che sostituiscono all’intervento chimico l’utilizzo dei meccanismi naturali di difesa delle piante e del suolo, come chiediamo nel nostro Manifesto per una nuova agricoltura”.

C’è però ancora molto lavoro da fare per riuscire a garantire che sulle nostre tavole non arrivino prodotti dannosi sia per la salute umana che per l’ambiente e la situazione preoccupa molto il Tavolo delle Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica (di cui fanno parte Aiab, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio, Firab, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Slowfood, Touring Club Italiano, Associazione Pro Natura, Siep, UpBio Wwf) che da tempo è al lavoro sul Piano di Azione Nazionale (PAN) sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi previsto dalla direttiva europea del 2009 e adottato in Italia solo nel 2014. Secondo le associazioni, “Il Piano italiano non contiene proposte concrete per tutelare la salute dei cittadini e dell’ambiente. Non è prevista una sensibile riduzione delle sostanze chimiche in uso, ma solo l’obbligo dal novembre 2015 di rispettare ciò che andrebbe rispettato per legge, ossia le prescrizioni contenute sulle etichette degli agrofarmaci” a tutto vantaggio delle multinazionali della chimica. Troppo poco per temi fondamentali per tutti i cittadini come la salute delle persone e la tutela dell’ambiente, che dovranno essere in primo piano anche in una destinazione intelligente dei fondi comunitari.

Alessandro Graziadei

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