sabato 19 gennaio 2019

“We Care”: il turismo tra sostenibilità e profitto

Mentre lo scorso 15 dicembre si chiudeva a Katowice in Polonia la 24esima Conferenza delle parti dell’United Nations Concention on Climate Change (Cop24), dopo un duro confronto negoziale e un bilancio non proprio entusiasta ben sintetizzato dal commento di Greenpeace Polonia secondo la quale “È difficile parlare di successo, ma siamo riusciti almeno ad evitare un fallimento spettacolare”, anche il mondo delle imprese provava a fare la sua parte puntando sulle sensazionalistiche “emissioni zero”. È il caso del World Travel & Tourism Council (Wttc), che rappresenta a livello mondiale il settore turistico privato, e che insieme alla stessa United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc) in Polonia ha reso note le sue ambiziose “dichiarazioni di intenti” per raggiungere la “carbon neutrality” entro il 2050 anche nel settore dei viaggi e del turismo.

In realtà già lo scorso aprile il Wttc aveva anticipato l’agenda comune della partnership con l’Unfccc che “punta a stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera” e “impegnare l’industria turistica a condurre più azioni a favore del clima, conformemente agli obiettivi mondiali sul cambiamento climatico”. Tuttavia la Cop24 di Katowice è stata la “prima volta” del turismo ad una conferenza climatica dell’Onu ed è servito a Wttc e Unfccc per evidenziare i legami esistenti tra l’industria dei viaggi e il cambiamento climatico oltre che per presentare le buone pratiche del settore. Per Gloria Guevara, Presidente del Wttc che ha aperto la conferenza Azione climatica nel settore del viaggio e del turismo, con un ambizioso “We Care”, i viaggi e il turismo in genere “svolgono un ruolo importante nello sviluppo economico mondiale, rappresentando attualmente il 10% del Pil e un posto di lavoro su 10, il che è superiore ad altri settori comparabili, in particolare quelli dell’automobile, della chimica, dei servizi bancari e finanziari. Tenuto conto del contributo del nostro settore allo sviluppo socio-economico, è importante che l’industria dei viaggi e del turismo faccia la sua parte per raggiungere la carbon neutrality, sotto gli auspici dell’Unfccc”.

Ma come? Per la Guevara occorre continuare a lavorare con l’Unfccc per evidenziare il contributo positivo che i viaggi e il turismo possono apportare “al rafforzamento della resilienza climatica, all’istituzione di un sistema di accredito dell’industria e alla creazione di un evento annuale sullo stato del clima accompagnato da un rapporto capace di valutare, controllare e condividere i progressi verso la neutralità climatica”. Per la segretaria esecutiva dell’Unfccc, Patricia Espinosa, una sfida non impossibile che l’industria turistica deve cogliere “per la sua stessa sopravvivenza e che non può che partire dalla capacità di cogliere le opportunità offerte soprattutto dallo sviluppo sostenibile e dalle energie rinnovabili”. Un’auspicio rilanciato anche da Inia Seruiratu, ministro della difesa e della sicurezza delle fiji ed High-Level Climate Champion, che ha ricordato come le Isole Fiji e gli Stati insulari del Pacifico risentono già degli effetti dei cambiamenti climatici. Per Seruiratu "far fronte a queste minacce vuol dire mettere in campo soluzioni innovative di finanziamento che permettano al settore del turismo di aiutare le nostre piccole economie insulari, mi rallegro di constatare che l’industria è incline a far parte di queste iniziative e a rafforzare le partnership pubblico-privato nella lotta contro il cambiamento climatico”.

Ma ne siamo sicuri? Tutte le belle parole uscite dal Wtcc prima, durante e dopo la Cop24 lasciano dei dubbi sulla possibilità di realizzare la "carbon neutrality", almeno in tempi brevi e senza gravare totalmente sui viaggiatori. Insomma “We care” cosa? La sostenibilità o il profitto del turismo che verrà? Per Roberta Pisani e Veronica Wrobel dell’Agenzia di stampa Giovanile che in dicembre erano presenti alla conferenza tenuta a Katowice “Il discorso di Gloria Guevara [al pari degli interventi successivi] sembrava perfettamente confezionato: la presentazione, l’esposizione, il tono ottimista e il sorriso smagliante da tutto sta andando splendidamenteSinceramente, dal punto di vista del contenuto sembrava una semplice accozzaglia di slogan, più che un discorso organico che volesse effettivamente comunicare qualcosa. Sorgeva quindi spontanea la domanda: ma in questo evento, si parla effettivamente di prendere in mano la situazione climatica e agire o piuttosto di come aumentare i profitti?”.  Senza scomodare l’immortale approccio teorico di Karl Marx l’idea che una multinazionale riesca a coniugare sostenibilità e aumento dei profitti, magari incrementando il numero di turisti da spargere per il mondo, sembra difficilmente credibile e non è un caso che il più ambizioso progetto per ridurre le emissioni di CO2 a cominciare dal comparto dell’aviazione (una delle fonti di gas serra in più rapida crescita proprio grazie al turismo), siglato nel 2016 in seno all’International Civil Aviation Organization (Icao), l’agenzia delle Nazioni Unite che sovrintende allo sviluppo del trasporto aereo internazionale, sia ancora fermo al palo. 

Anche nel campo turistico la sostenibilità e la responsabilità arriva, più che dal mondo dell'impresa, da alcune illuminate amministrazioni e iniziative come quella che da un anno è in vigore a Palau, dove davanti al costante aumento del numero dei turisti il Governo locale ha iniziato a prendere delle serie e pare efficaci contromisure. Nel dicembre 2017 ha presentato la Palau Pledgeun’innovativa iniziativa pensata per attirare l’attenzione sulle sfide ecologiche legate al futuro di Palau attraverso l’invito a sottoscrivere, sul passaporto di ogni turista che entra nel Paese, una promessa vincolante presa direttamente con i bambini di Palau che dice: “Bambini di Palau, prendo questo impegno come vostro ospite, per preservare e proteggere la vostra bella e unica casa insulare. Giuro di visitarla con leggerezza, di comportarmi gentilmente e di esplorare con attenzione. Non prenderò ciò che non mi è stato dato. Non farò del male a ciò che non mi fa del male. Le uniche impronte che lascerò sono quelle che verranno spazzate via”. In questo modo Palau ha aggiornato la sua politica turistica con una proposta scritta ispirata alla locale tradizione palauana del Bul, una moratoria dei leader tradizionali che pone fine immediatamente al sovra-consumo e alla distruzione di una specie, un luogo o una cosa a tutela delle future generazioni. Così mentre i cittadini di Palau e il suo Governo danno questa lezione di ecologia profonda al mondo, chiamando concretamente in causa la nostra responsabilità come turisti, la Wttc rispecchia ancora la prospettiva emersa della COP24: “We Care”, soprattutto del profitto!

Alessandro Graziadei

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