sabato 9 marzo 2024

Fatta le legge, trovato il criminale ambientale?

 

Lo scorso 27 febbraio con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni, l’Europarlamento ha approvato in via definitiva le nuove misure e sanzioni per contrastare la criminalità ambientale e le gravi violazioni della legislazione dell’Unione europea in materia di inquinamento. Nel testo sono stati inseriti anche i cosiddetti “reati qualificati”, vale a dire quelli che portano alla distruzione di un ecosistema e sono quindi paragonabili all’ecocidio (la proposta di legge di iniziativa popolare partita già nel 2014), come gli incendi boschivi su larga scala; la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento dei rifiuti pericolosi e dei medicinali, tra cui i materiali radioattivi; il riciclaggio delle navi e i loro scarichi di sostanze inquinanti; l'installazione, l'esercizio o lo smantellamento di un impianto in cui è svolta un'attività pericolosa o in cui sono immagazzinate o utilizzate sostanze, preparati o inquinanti pericolosi; l'estrazione e la contaminazione di acque superficiali o sotterranee; l'uccisione, la distruzione, il prelievo, il possesso, la commercializzazione di uno o più esemplari delle specie animali; l'immissione o la messa a disposizione sul mercato dell'Unione di legname o prodotti provenienti dalla deforestazione illegale; qualsiasi azione che provochi il deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto; la produzione, l'immissione sul mercato, l'importazione, l'esportazione, l'uso, l'emissione o il rilascio di sostanze che riducono lo strato di ozono, e di gas fluorurati a effetto serra e l'estrazione, lo sfruttamento, l'esplorazione, l'uso, la trasformazione, il trasporto, il commercio o lo stoccaggio di risorse minerarie.  Per questi reati ambientali qualificati, commessi da persone fisiche o rappresentanti d’impresa, si profila, finalmente, il carcere, con un massimo di 8 anni di reclusione, per quelli che causano la morte di una persona 10 anni e per tutti gli altri 5 anni, oltre che il risarcimento economico alla comunità del danno causato attraverso la bonifica dell’ambiente contaminato e danneggiato, oltre ad ulteriori possibili sanzioni pecuniarie. Inoltre gli Stati membri potranno decidere se perseguire i reati commessi anche al di fuori del loro territorio nazionale.


Adesso gli Stati dell'Unione avranno due anni per recepire le norme nel diritto nazionale e per evitare ritardi i lgislatori hanno introdotto l’obbligo di organizzare a livello nazionale corsi di formazione specializzati per forze dell’ordine, giudici e pubblici ministeri, e hanno invitato a redigere strategie e organizzare campagne di sensibilizzazione contro la criminalità ambientale. Per Antonius Manders del Partito Popolare Europeo, relatore della legge al Parlamento europeo, “È giunto il momento che la lotta alla criminalità transfrontaliera assuma una dimensione europea, con sanzioni armonizzate e dissuasive che impediscano nuovi reati ambientali. Di fatto adesso con questo accordo, chi inquina paga" e "Qualsiasi dirigente d’impresa responsabile di provocare inquinamento, potrà essere chiamato a rispondere delle sue azioni, al pari dell’impresa. Con l’introduzione del dovere di diligenza, poi, non ci sarà modo di nascondersi dietro a permessi o espedienti legislativi”. Per Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente questa nuova legge è una gran bella notizia: “La direttiva europea sui crimini ambientali contiene nuovi illeciti, a cominciare dalla definizione di ecoidio, un inasprimento delle sanzioni, maggiori tutele per chi denuncia e, come proposto da Legambiente, l’impegno di facilitare l’accesso alla giustizia per le associazioni. Un passo importante a livello europeo per il contrasto e la lotta alle illegalità ambientali che consentirà di rafforzare nel nostro Paese quanto già previsto dal 2015 grazie all’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale. Anche per questa ragione l’Italia può dare il buon esempio, diventando il primo Stato europeo a recepire la nuova direttiva”.


Ma non si tratta solo di salvaguardare l'ambiente, cosa che sarebbe già di per se una vittoria, ma del tentativo di contrastare tutta quella criminalità che negli anni ha fatto dei reati ambientali una delle attività illecite più attrattive e soprattutto una delle principali fonti di reddito per la criminalità organizzata insieme al traffico di drogaarmi e alla tratta di esseri umani. La sola repressione però non basta, come mostra il caso italiano, dove il livello degli ecoreati è da un decennio stabile nonostante gli inasprimenti delle pene e la legge costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022 che ha fatto entrare la tutela dell’ambiente nella Carta costituzionale italiana. In Italia, infatti, anche se in pochi lo ricordano, nel 2022 con il voto pressoché unanime del Parlamento, sono stati riformati l’art. 9 e l’art. 41 della Costituzione. Nell’art. 9 è stata inserita, tra i principi fondamentali della Costituzione, la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, richiamando la necessità di proteggere gli animali attraverso le leggi dello Stato e nell’art. 41 è stato sancito il principio che l’iniziativa economica privata, pur essendo libera, non può svolgersi in modo da recare danno all’ambiente e che l’attività economica, sia pubblica che privata, e deve essere indirizzata e coordinata anche ai fini ambientali. Per il Wwf, che nelle scorse settimane ha provato a fare un bilancio di questa importante ed epocale decisione, “È stata una riforma importante che ha confermato un orientamento già delineato dalla Corte costituzionale e che ha reso la nostra Costituzione più attuale e in linea con le più recenti leggi fondamentali di altri Paesi”. Purtroppo la popolarità di una certa politica italiana, che vorrebbe sparare a lupi e orsi, permette la caccia selvaggia ovunque (poi sanzionata a livello europeo) e chiede che vengano limitate le politiche europee sull’ambiente e la biodiversità, fa pensare che anche buona parte dell’opinione pubblica del Belpaese, non conosca la fauna selvatica e creda che l’ambiente si limiti ai giardini pubblici e agli animali da compagnia. Ma sarà vero?


Ha provato a capirlo un sondaggio commissionato a EMG Different dal Wwf, proprio in occasione del secondo anniversario della legge n. 1 dell’11 febbraio 2022, che ha chiesto ai cittadini italiani cosa ne sanno della riforma del 2022 e quanto ritengono che sia importante aver inserito la tutela dell’ambiente nella Costituzione. Dalle 800 interviste online ad un campione di italiani dai 18 ai 70 anni rappresentativo della popolazione per età, aree geografiche e ampiezza dei comuni, è emerso che “Solo il 28% del campione ha dichiarato di sapere che è stata approvata una riforma costituzionale che ha inserito nella nostra Costituzione la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, dato che sale al 33% tra coloro che hanno un’istruzione superiore”. Saputo che l’ambiente è entrato in Costituzione, però, “Il 72% degli intervistati lo giudica molto positivamente o positivamente e solo il 6% lo ritiene negativo o molto negativo, mentre il 22% non risponde. Ancora più alta la percentuale degli italiani che sono d’accordo sul fatto che l’iniziativa economica non debba recare danno all’ambiente e alla salute: 88% degli intervistati (42% molto d’accordo e 46% abbastanza d’accordo) che diventa il 94% nel Nord Est, dove si trovano le aree più industrializzate del Paese”. L’84% poi dichiara di essere molto/abbastanza d’accordo sul fatto che la tutela del patrimonio ambientale del nostro Paese sia garantita dallo Stato, e sia omogenea su tutto il nostro territorio e non frammentata (come auspica il disegno sull’autonomia differenziata). 


Per il Wwf “Il quadro che emerge dal sondaggio è che l’ambiente rappresenti un tema di forte interesse per gli italiani che sono in larghissima parte d’accordo con la sua tutela e con il principio che l’economia non possa distruggere il nostro capitale naturale. Al tempo stesso però si conferma che, anche se in crescita, la consapevolezza di quanto avviene nel nostro Paese dal punto di vista ambientale continua ad essere poco diffusa e richiede ulteriori sforzi da parte di tutti: associazioni ambientaliste, ovviamente, ma soprattutto istituzioni, mondo della cultura, dell’università e della ricerca e mass media che a volte si concentrano su elementi marginali dei confronti in atto e non danno il giusto spazio ai portatori di interessi generali”. Non guasterebbe, tra le altre cose, semplificare le normative a favore dell'ambiente, riducendo i margini d’interpretabilità e sostenere quelle imprese (e ne esistono, vedi le buone pratiche emerse nell'ultima inchiesta di Sabrina Giannini) che in autonomia e a proprie spese si stanno già impegnando nel concretizzare una greeneconomy reale e non solo di facciata. 


Alessandro Graziadei


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