domenica 11 gennaio 2015

La qualità dell’ambiente urbano? Migliorata ma consumata!

Il rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano (.pdf), diffuso lo scorso 18 dicembre dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), ha tagliato il traguardo dei primi dieci anni di vita con un dossier di quasi mille pagine che fotografa tutti i comuni capoluoghi di provincia, con una popolazione superiore ai 50.000 abitanti (ben 73 città), e registra una pervasiva e generale immobilità della società italiana, che ha però anche alcuni riscontri positivi, almeno dal punto della qualità dell’ambientale urbano. Come mai? Gli spostamenti degli italiani si sono sensibilmente ridotti, compresi quelli di prossimità e quando si decide di muoversi lo si farebbe volentieri utilizzando il  servizio pubblico, anche se questo si rivela inadatto e l’auto privata continua a prevalere. Il risultato è in ogni caso il calo del 50% delle emissioni di PM10, le inquinanti e pericolose polveri fini, registrato nel settore dei trasporti su strada in questi ultimi 12 anni, periodo in cui scendono del 63% anche quelle del settore industriale, nonostante le concentrazioni rimangano ancora troppo alte per poter parlare di una  “buona qualità dell’aria”.

“Per quanto attiene ai trasporti, sono ancora lontani da uno shift modale - ha affermato l’Ispra - e la tendenza in fatto di mobilità a preferire il trasporto pubblico non è sostenuta da un’adeguata offerta di mobilità pubblica. Nel 2012 la disponibilità di mezzi pubblici si attesta, infatti, tra le 5 e le 10 vetture per 10.000 abitanti in oltre il 50% del campione delle 73 città. In particolare, cala l’offerta, di autobus, tra il 2008-2012 soprattutto a Siracusa (-75,4%), Napoli (-54,7%) e Ragusa (-41,1%). Nonostante una maggiore dichiarata propensione a usare il trasporto pubblico, si riduce il suo utilizzo e in oltre il 76% delle città, tra il 2008 e il 2013, si è verificata una riduzione del numero dei passeggeri trasportati”. Sempre in ambito trasporti, torna invece ai minimi storici dal 2009 il trasporto marittimo: “a causa della crisi globale diminuisce sia il volume totale di merci movimentato nei 20 porti in esame, sia il numero dei passeggeri trasportati che, dal 2012 ad oggi, si riduce progressivamente raggiungendo il valore minimo degli ultimi anni”.

Scavando più indietro nel tempo (nel periodo 1990-2012), è possibile osservare meglio come la tendenza al ribasso di emissioni inquinanti nel settore industriale e dei trasporti stradali, per l’Ispra, sia dovuta anche all’implementazione di varie direttive europee “che hanno introdotto nuove tecnologie e limiti di emissione degli impianti, la limitazione del contenuto di zolfo nei combustibili liquidi e il passaggio a carburanti più puliti”. Non da meno è stato “il miglioramento dell’efficienza energetica e la promozione delle energie rinnovabili che hanno contribuito all’andamento decrescente delle emissioni”. A diminuire, nel triennio 2011-2013, è stata anche la produzione totale di rifiuti urbani delle 73 città analizzate, che fa registrare una calo di 470 mila tonnellate (5% in meno), variazione rilevata, nello stesso arco di tempo, anche a livello nazionale, anche se in percentuali minori  (1,3% in meno).

Tutto bene quindi sul fronte ambientale urbano? Non proprio! Se c’è qualcosa che cresce, inesorabilmente questo continua ad essere il consumo di suolo, il cui andamento ha denunciato il rapporto “è sempre più drammatico”. Eppure la superficie agricola italiana si era già ridotta nel quarantennio 1971-2011 del 28 %, circa 5 milioni di ettari in meno, una superficie pari a Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna sommate insieme. Adesso tra le città esaminate le più alte percentuali di consumo si trovano a Napoli e Milano, con valori superiori al 60%, e a Torino e Pescara con oltre il 50%. Superano il 40% Bergamo, Brescia, Monza e Padova. Tra i comuni del Sud, Bari e Palermo si attestano intorno al 40%, mentre negli altri rilevano percentuali inferiori al 30%. Tra i comuni con estensione territoriale molto ampia, invece, i valori assoluti più alti si riscontrano a Roma con oltre 33.000 ettari ormai persi e Milano con 11.000 ettari ceduti al cemento, dati che secondo il ministero dell’Ambiente gli amministratori e i dirigenti locali dovrebbero “tenere presente per poter pianificare interventi concreti e mirati alle reali esigenze del territorio che governano”.

Il Governo Renzi, però, se da una parte annuncia lo stop al consumo di suolo, con lo Sblocca Italia e con la legge di stabilità va in direzione opposta. I Comuni a quanto pare continueranno a usare gli oneri di urbanizzazione per “fare cassa” a danno dell’ambiente, del paesaggio e dei servizi. Oggi è impermeabilizzato da edifici il 7,3 % di suolo italiano e restano per questo in superficie in tutta Italia 270 milioni di tonnellate di acqua piovana all’anno. “Le buone intenzioni ci sarebbero - ha ricordato il Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio visto che dopo i recenti disastri alluvionali, il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, si è pronunciato per un immediato stop al consumo di suolo, ma nei fatti si va in direzione opposta con lo Sblocca Italia e con la legge di stabilità”. A denunciarlo l’ex ministro alle Politiche agricole, Mario Catania, firmatario di un disegno di legge contro il consumo di suolo e la possibilità lasciata ai Comuni di impiegare ancora i proventi degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente, mentre in Italia ci sono centinaia di migliaia di alloggi e di uffici vuoti e invenduti.

Sarà forse, come per la mobilità, la recessione l’unico stimolo per rallentare il consumo di suolo? Intanto, per sicurezza, si indebolisce chi controlla, come l’Ispra, visto che i tagli al bilancio dell’ente voluti dal Governo Renzi mettono a rischio la stessa sopravvivenza dell’Istituto e il suo puntuale lavoro di ricerca e controllo ambientale. 

Alessandro Graziadei

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