sabato 31 dicembre 2022

Lavoro, clima e rinnovabili

 

Nel 2021 “L’occupazione mondiale nel settore delle energie rinnovabili ha raggiunto 12,7 milioni, un balzo di 700.000 nuovi posti di lavoro in un anno nonostante gli effetti persistenti del Covid-19 e la crescente crisi energetica”.  L’energia solare è il settore in più rapida crescita: nel 2021 ha fornito 4,3 milioni di posti di lavoro, più di un terzo dell’attuale forza lavoro rinnovabile globale. A sostenerlo è il nuovo rapporto “Renewable Energy and Jobs: Annual Review 2022”, pubblicato dall’International Renewable Energy Agency (IRENA) in collaborazione con l’International Labour Organization (ILO) e presentato al Global Clean Energy Action Forum di Pittsburgh lo scorso 22 settembre. Per i ricercatori IRENA – ILO in prospettiva “Le crescenti preoccupazioni per i cambiamenti climatici, la ripresa post-Covid-19 e l’interruzione della catena di approvvigionamento, ha aumentato l’interesse nazionale per la localizzazione delle catene di approvvigionamento e la creazione di posti di lavoro locali”. Secondo il direttore generale di IRENA Francesco La Camera, nel contesto dell'attuale crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina, “I posti di lavoro nelle energie rinnovabili restano resilienti e si sono rivelati un motore affidabile per il mercato del lavoro. Il mio consiglio ai governi di tutto il mondo è di perseguire politiche industriali che incoraggino l’espansione di posti di lavoro dignitosi nelle energie rinnovabili a casa”


Il “Renewable Energy and Jobs” dimostra che un numero crescente di Paesi sta creando posti di lavoro nelle energie rinnovabili: “La Cina da sola rappresenta il 42% del totale mondiale, seguita da Unione europea e Brasile con il 10% ciascuno, e da Usa e India con il 7% ciascuno”. Il direttore generale dell’ILO, Guy Ryder, ha sottolineato che “Al di là dei numeri, c’è una crescente attenzione alla qualità dei posti di lavoro e alle condizioni di lavoro nel settore delle energie rinnovabili, per garantire un’occupazione più dignitosa e produttiva.  La quota crescente di occupazione femminile suggerisce che politiche e formazione dedicate possono aumentare in modo significativo la partecipazione delle donne all’occupazione nell’energia rinnovabile, l’inclusione e, in definitiva, il raggiungimento di una transizione giusta per tutti”. Il rapporto ci ricorda che “La continua espansione del fabbisogno di energia rinnovabile può creare molti milioni di nuovi posti di lavoro se è supportata da pacchetti politici olistici, compresa la formazione per i lavoratori per garantire posti di lavoro dignitosi, di alta qualità, ben retribuiti e diversificati nel perseguimento di una transizione giusta”. 


Nel contesto italiano, secondo un’analisi della Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti, il percorso verso emissioni nette pari a zero entro il 2050 creerà importanti benefici – anche occupazionali – entro il 2050: "ritorni economici (+328 miliardi di euro), di occupazione (+2,6 milioni di posti di lavoro), riduzione dell’inquinamento (-614 miliardi di euro di costi connessi alla salute e alla minore produttività) e risparmio sulle spese per combustibili fossili (-1.914 miliardi di euro)". Guardando a più breve termine, secondo un documento di Elettricità Futura, la principale associazione confindustriale delle imprese elettriche,  per il settore elettrico italiano il nuovo piano europeo REPowerEU si traduce nell'obiettivo di almeno +85 GW di rinnovabili al 2030, che si tradurranno in 470.000 nuovi posti di lavoro nella filiera e nell’indotto elettrico nel 2030 (che si aggiungeranno ai circa 120.000 di oggi) e una riduzione del 75 % delle emissioni di CO2  del settore elettrico nel 2030 rispetto al 1990. Il problema, ad oggi, sta nella concreta messa a terra degli impianti necessari per dare corpo a questi scenari. Anche per questo a livello nazionale il nuovo Governo è chiamato nei prossimi mesi a semplificare le concessioni per consolidare ed espandere la produzione delle energie rinnovabili creando opportunità commerciali e nuovi posti di lavoro per le persone e le comunità locali, contribuendo così ad una maggiore sicurezza energetica nazionale, più indipendente dai mercati e dalle crisi internazionali


Nel mondo intanto i paesi del sud-est asiatico che stanno diventando i più importanti centri di produzione di energia solare e fotovoltaica. La Cina è il principale produttore e installatore di pannelli solari fotovoltaici e sta creando un numero crescente di posti di lavoro nell’eolico offshore. L’India ha aggiunto più di 10 GW di solare fotovoltaico, con molti lavori di installazione, ma rimane fortemente dipendente dai pannelli importati. L’Europache vorrebbe rendere sempre più interconnessa la propria produzione di energia, per ora detiene circa il 40% della produzione mondiale di produzione eolica,  è il più importante esportatore di apparecchiature per l’energia eolica e sta lentamente cercando di ricostituire la sua filiera per la produzione del solare e del fotovoltaico. Nelle Americhe, il Messico è il principale fornitore di pale per turbine eoliche nell’emisfero occidentale. Il Brasile sta creando molti posti di lavoro negli impianti eolici e solari fotovoltaici. Gli Stati Uniti stanno iniziando a costruire una base industriale nazionale per il nascente settore eolico offshore. Il ruolo dell’Africa purtroppo è ancora limitato, ma il rapporto IRENA – ILO sottolinea che ci sono crescenti opportunità di lavoro nelle energie rinnovabili decentralizzate, soprattutto a sostegno del commercio locale, dell’agricoltura e di altre attività economiche.


Ma le rinnovabili non solo producono (otre all’energia) lavoro, ma tamponano la disoccupazione che il cambiamento climatico produce. Già 2019, sempre ILO in un suo report, metteva apertamente in guardia su questo troppo trascurato aspetto: “Anche contenendo il riscaldamento globale entro +1,5°C a fine secolo (e oggi siamo già attorno a 1,1°C rispetto alla media pre-industriale), entro 8 anni si perderà l’equivalente di 80 milioni di posti di lavoro a causa dello stress termico, il che comporterà perdite economiche stimate, a livello globale, in 2.400 miliardi di dollari”. Paesi impoveriti dell'Asia meridionale e dell’Africa occidentale saranno le aree più colpite da questo problema, ma i disoccupati non mancheranno anche alle nostre latitudini e nel Belpaese. Nel bel mezzo dell’estate più calda mai registrata in Europa, ovvero quella di quest’anno, Inail e Inps in Italia hanno aggiornato il vademecum del progetto worklimate, illustrando le iniziative promosse per sostenere lavoratori e imprese nella gestione dello stress termico: si va dalla riorganizzazione dei turni di lavoro al riconoscimento della cassa integrazione ordinaria (CIGO) per sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa dovute al caldo eccessivo, fino alla pianificazione della risposta alle emergenze. Rifornire il mondo delle tecnologie necessarie per contrastare il riscaldamento globale, creando posti di lavoro e avviando nuove filiere produttive nell’ambito delle fonti energetiche rinnovabili rimane la soluzione più urgente e realistica per combattere con l'occupazione il climate change. 


Alessandro Graziadei

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