“Facciamo la pace con le montagne” è lo slogan lanciato dalla cima di otto importanti vette italiane domenica scorsa, 1 luglio, da Mountain Wilderness Italia in collaborazione con la Lega Italiana Protezione Uccelli (Lipu) e con il coinvolgimento di molte altre associazioni, (tra cui Federtrek, Pro Natura, Italia Nostra e numerose sezioni del Club Alpino Italiano), per dare un segnale sull’importanza di questo straordinario tesoro italiano e sui gravi rischi che sta correndo. Un messaggio preoccupante, ma anche di speranza, che ha spinto le associazioni coinvolte a scrivere per l’occasione un’accorata lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Al centro del messaggio indirizzato al Quirinale ha spiegato Mountain Wilderness Italia c’è la richiesta che il nostro Governo faccia, appunto, la pace con le sue montagne, “riconoscendone, non a parole ma nei fatti, il valore culturale, naturalistico, ecologico, insieme al fondamentale ruolo formativo, etico e spirituale”. Pace con quel che resta di una montagna incontaminata, cioè quella ancora libera da pesanti tracce di frequentazione umana, quanto con la montagna modellata attraverso i secoli dal tradizionale e sapiente lavoro dei suoi abitanti per “rivalutarne le autentiche vocazioni, a vantaggio di coloro che ancora caparbiamente vi abitano e di coloro che, pur vivendo in pianura e nelle grandi aree urbane, hanno fatto su quegli ambienti dei profondi investimenti affettivi e culturali”.
“La nostra Costituzione - si legge nella missiva indirizzata a Napolitano da Carlo Alberto Pinelli presidente di Mountain Wilderness e da Fulvio Mamone Capria presidente della Lipu - recita all’articolo 9 che la Repubblica tutela il paesaggio. Un obbligo prioritario […] che ha un valore cogente per tutto il territorio della nostra Nazione e che assume uno speciale rilievo nei confronti del mondo della montagna”. Le montagne italiane del resto hanno scritto i presidenti di Mountain Wilderness e Lipu non rappresentano soltanto una riserva, unica al mondo, di paesaggi identitari, tradizioni, cultura, eventi che hanno segnato la storia del Paese, “esse sono anche un ecosistema fragile, ricco di natura, fauna, diversità biologica, troppo spesso e per troppo tempo aggredito da interessi che poco hanno a che fare con quelli, autentici, della comunità nazionale”.
Ancora una volta per gli ambientalisti e per i semplici, ma rispettosi escursionisti della domenica, a rischio è un bene comune di inestimabile valore, palcoscenico di scambi culturali e naturali prima ancora che economici. Speculazioni, abusivismo, inquinamento, caccia, turismo di massa, sfruttamento delle risorse naturali e i tagli ai fondi destinati alla tutela ambientale minacciano ormai da decenni alcuni degli ambienti montani che hanno fatto la fortuna dei paesaggi italiani. “Tuttavia, questa carenza di impegno non possiamo più permettercela - prosegue l’appello delle due associazioni - È necessario che la comunità nazionale agisca, fattivamente, per dare alle montagne la tutela che meritano e preservarle dai rischi che corrono in termini di distruzione naturale e culturale” a cominciare dai Parchi italiani, in massima parte coincidenti con gruppi montani, evitando il rischio di una loro sottomissione a logiche e convenienze localistiche di corto respiro, ma rispettando “la peculiarità delle diverse realtà geografiche e demografiche locali e dello spessore delle diverse tradizioni degli abitanti”.
Con questo spirito e con questa speranza domenica scorsa molti alpinisti e simpatizzanti della montagna hanno voluto sfruttare l’altezza e l’eco che 8 delle nostre vette ci regalano, per far sentire più forte la voce di questo appello. Una scelta non casuale che ha coinvolto il Monviso, montagna simbolo del Piemonte e di tutti gli alpinisti italiani; la Vetta d’Italia in Alto Adige, che con l’occasione è stata ribattezzata Vetta d’Europa in ricordo di Alex Langer (a due giorni dall’anniversario della scomparsa); il Monte Cavallo tra Veneto e Friuli, prima vetta dolomitica raggiunta dall’uomo; il Monte Corchia nelle Alpi Apuane della Toscana, martoriate dalle cave, il Gran Sasso d’Italia e il Sirente in Abruzzo posti al vertice di due parchi naturali in crisi; il Terminillo in Lazio, minacciato da nuovi piani di sviluppo come la Marmora in Sardegna, anch'essa aggredita da progetti speculativi.
“Per questo Le chiediamo - conclude la lettera degli ambientalisti a Napolitano - un Suo autorevole intervento, che metta in luce le preziose peculiarità dello straordinario patrimonio, naturale e culturale rappresentato dalle montagne, e possa stimolare attenzione e virtuose iniziative da parte delle amministrazioni e della politica”.
Ma le montagne non sono l’unico patrimonio tricolore in pericolo. “Stiamo preparando la cessione di quote del settore pubblico” ha spiegato il Premier Mario Monti la scorsa settimana a Berlino a margine della cerimonia di consegna del premio Responsible Leadership Award. Una scelta forse obbligata, ma che per il Fondo Ambiente Italiano (Fai) non deve far dimenticare di tutelare i beni culturali del nostro Paese. “Certamente è comprensibile che il Governo ricorra alla vendita di immobili pubblici, soprattutto se non utilizzati, per ripianare parte del deficit - ha chiarito il presidente Fai, Ilaria Borletti Buitoni - è tuttavia necessario stabilire dei criteri che escludano comunque tutti i beni vincolati e quei beni di particolare pregio storico la cui destinazione e il cui uso vanno tutelati per il futuro”.
Obiettivo del Fondo è evitare, quindi, la ripetizione di atteggiamenti del passato in netto contrasto con la necessità di salvaguardare il patrimonio d’arte, natura e paesaggio italiano. “In un momento di emergenza grave come quello che il Paese sta vivendo - ha proseguito Ilaria Borletti Buitoni - e seppur consapevoli delle difficoltà che il Governo incontra ogni giorno, la memoria delle scellerate disposizioni degli anni passati che addirittura prevedevano la svendita di pezzi di coste italiane, risveglia la necessità di criteri chiari e indiscutibili a protezione di esempi significativi del patrimonio identitario”.
Ancora una volta a tutelare eventuali scivoloni governativi dovrebbe pensarci (il condizionale è d’obbligo) quello stesso articolo 9 della Costituzione citato da Pinelli e Capria, che non prevede solo una Repubblica che tutela il paesaggio, ma anche il patrimonio storico e artistico della Nazione. La carta costituzionale parla chiaro, farà lo spesso anche il Governo o svenderà il Belpaese?
Alessandro Graziadei
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