domenica 14 maggio 2017

Pedalare è un buon affare!

Nel famoso saggio “Elogio della biciclettaIvan Illich, il celebre filosofo austriaco, ci ricordava come “La bicicletta sia uno strumento che crea soltanto domande che è in grado di soddisfare. Ogni incremento di velocità dei veicoli a motore determina nuove esigenze di spazio e di tempo: l’uso della bicicletta ha invece in sé i propri limiti. Essa permette alla gente di creare un nuovo rapporto tra il proprio spazio e il proprio tempo, tra il proprio territorio e le pulsazioni del proprio essere”. Un approccio alla mobilità che oltre a modificare in meglio il rapporto con lo spazio, il tempo e l’ambiente ha anche inevitabili ricadute economiche. Sì perché anche se le città italiane “bike friendly” sono ancora una minoranza, gli spostamenti in bici generano oggi un fatturato di 6,2 miliardi l’anno, un dato economico particolarmente interessante. È quanto emerge dall’A Bi Ci il 1° Rapporto sull’economia della bici in Italia realizzato da Legambiente in collaborazione con VeloLove e GRAB+  e presentato a Roma nel corso del Bike Summit 2017 lo scorso 5 maggio. Uno studio che dando un valore anche economico alla ciclabilità in Italia e alle numerose buone pratiche che hanno reso “bike friendly” alcuni centri urbani del Belpaese, ha evidenziato le strategie da mettere in campo per far crescere la sicurezza delle due ruote in città e sviluppare le grandi opportunità generate dalla bicicletta.

Ma quali e quante sono le città che hanno fatto della mobilità in biciletta un traguardo? Legambiente la chiama “la buona dozzina” e dal suo rapporto emerge che il 15% della popolazione di Cremona, Rimini, Pisa, Padova, Novara e Forlì utilizza quotidianamente la bici per i propri spostamenti. Ravenna, Reggio Emilia, Treviso e Ferrara hanno percentuali di abitanti che preferiscono il manubrio al volante che oscillano tra il 22% e il 27%. Infine a Pesaro e Bolzano circa un abitante su tre pedala per raggiungere il luogo di lavoro o di studio e ben il 28% della domanda urbana di mobilità è soddisfatto dalla bicicletta. Per Legambiente in queste due città il successo non è figlio solo di infrastrutture di qualità per le bici, ma di una riorganizzazione complessiva dello spazio urbano: “sono state ampliate le aree pedonali, sottratti spazi alla sosta delle auto, messi in sicurezza gli incroci, istituite zone a velocità moderata. In altre parole siamo davanti ad un approccio innovativo allo spazio urbano e alla sostanziale redistribuzione dei pesi tra le diverse componenti del trasporto che determina alti livelli di ciclabilità”.  Per l’ong questa è il risultato di una pianificazione della mobilità che mette al centro le esigenze di spostamento della persona e non più del veicolo e determina una maggiore efficienza dell’intero sistema locale del trasporto, una migliore qualità del contesto urbano e un minore inquinamento.

La maggioranza delle città italiane non ha però seguito la strada imboccata da questa virtuosa “buona dozzina”. Se è vero, infatti, che tra il 2008 e il 2015 sono stati realizzati 1.346 nuovi chilometri di percorsi ciclabili urbani nelle città capoluogo di provincia e l’insieme delle ciclabili urbane è salito dai 2.823,8 km del 2008 ai 4.169,9 km del 2015, con un incremento delle infrastrutture riservate a chi pedala addirittura del 50%, nello stesso periodo la percentuale di italiani che utilizzano la bici per gli spostamenti è rimasta immutata: il 3,6%. Come mai? Per gli autori dello studio la  spiegazione dell’asimmetria di questi dati risiede nella qualità delle infrastrutture. “Sono moltissimi i casi in cui le piste ciclabili urbane sono realizzate con standard costruttivi illogici e incoerenti, con sedi inadeguate e spesso concorrenziali con la pedonalità (sui marciapiedi), senza un’analisi preventiva dei flussi di utenti che potrebbero intercettare e conseguentemente senza una verifica, a posteriori, dell’efficacia dell’intervento in termini di aumento della ciclabilità e della diminuzione delle altre modalità di trasporto”. Di fatto ha spiegato Legambiente “sono state inaugurate tante nuove ciclabili, ma evidentemente sono state realizzate male, senza criterio, senza quella dovuta attenzione che dovrebbe far sì che ogni nuovo percorso per le due ruote sia capace di far crescere il numero di frequent biker”. 

Lo studio ha per questo sottolineato la necessità di realizzare percorsi ciclabili di qualità, con una forte coerenza fisica e visiva e capaci di mettere in primo piano il tema sicurezza stradale che oggi in Italia è a livelli emergenziali: ogni anno vengono uccise almeno 250 persone in bici e il caso di Michele Scarponi morto il 22 aprile scorso o le condizioni gravissime in cui versa in queste ore Nicky Hayden ce lo hanno drammaticamente ricordato. “I tracciati per le bici - ha ricordato Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane Legambiente - devono per questo essere fatti con criterio collegando forti attrattori di mobilità come università, quartieri ad alta densità abitativa, stazioni ferroviarie e della metropolitane, il fondo stradale delle piste deve essere privo di difetti e irregolarità con caratteristiche tecniche che lo rendano scorrevole, gradevole e percorribile in sicurezza tutto l’anno”. Inoltre “Nel disegnare nuovi itinerari si deve dare priorità a quelli che favoriscono l’intermodalità con i servizi di trasporto su ferro e altri mezzi del trasporto pubblico che consentono di salire a bordo con la biciha aggiunto Fiorillo.

Il risultato, come abbiamo anticipato, paga anche sotto il profilo economico. Secondo la presidente di Legambiente, Rossella Muroni, infatti, “l’insieme degli spostamenti a pedali genera un fatturato di 6.206.587.766 euro. Questo patrimonio, somma della produzione di bici e accessori, delle ciclovacanze e dell’insieme delle esternalità positive generate dai biker come risparmio di carburante, i benefit sanitari e la riduzione di emissioni nocive, appare ancora più rilevante soprattutto in considerazione del carattere adolescenziale della ciclabilità in molte parti d’Italia, sia per gli aspetti relativi alla mobilità, sia per quello che riguarda il turismo su due ruote” ha concluso la Muroni.  Oggi ciclisti, pedoni, trasporto pubblico e PIL crescono dove si rovesciano le gerarchie, dove cioè andare in auto diventa l’opzione meno concorrenziale e dove c’è garanzia di sicurezza per la cosiddetta utenza vulnerabile: pedoni e ciclisti. È questo il principio, anche economico, che ha spinto Legambiente e le altre realtà che hanno lavorato a questo rapporto a ricordarci che pedalare è sempre un buon affare!

Alessandro Graziadei

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