sabato 13 aprile 2024

Viviamo troppi "unclean air days"

 

A livello europeo, lo studio “Population exposure to multiple air pollutants and its compound episodes in Europe” pubblicato lo scorso mese su Nature Communications da un team internazionale di ricercatori guidato dall’Institut de Salut Global de Barcelona (ISGlobal), ci regala finalmente una buona notizia sostenendo che l'inquinamento dell'aria in più di 1.400 regioni di 35 Paesi europei sta migliorando e “I livelli complessivi di particolato sospeso (PM2,5 e PM10) e di biossido di azoto (NO2) sono diminuiti nella maggior parte dell’Europa”. Partendo da una stima delle concentrazioni ambientali giornaliere di PM2,5, PM10, NO2 e O3 tra il 2003 e il 2019, sulla base di tecniche di apprendimento automatico e con l’obiettivo di valutare il verificarsi di giorni che superano le linee guida 2021dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per uno o più inquinanti (gli "unclean air days"), il team di ricerca ha analizzato i livelli di inquinamento che incidono sulla vita di 543 milioni di persone. I risultati elaborati dall'Istituto catalano dimostrano, in particolare, che “I livelli di PM10 sono diminuiti maggiormente durante il periodo di studio, seguiti da NO2 e PM2,5, con diminuzioni annuali rispettivamente del 2,72%, 2,45% e 1,72%”. Tutto bene allora? Non proprio perché “Al contrario, i livelli di O3 sono aumentati annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, portando ad un aumento di quasi 4 volte dei giorni di unclean air days”. Lo studio ha anche esaminato il numero di giorni in cui sono stati superati contemporaneamente i limiti per due o più inquinanti (i "compound unclean air day") e anche qui il risultato non è confortante: “Nonostante i miglioramenti complessivi, durante il periodo di studio l’86,3% della popolazione europea ha comunque sperimentato almeno un unclean air daysall’anno, con PM2,5 – NO2 e PM2,5 – O3 che emergono come le combinazioni di composti più comuni”.


I risultati evidenziano quindi “Miglioramenti significativi nella qualità dell’aria in Europa seguiti dalla diminuzione di PM10 e NO2, mentre i livelli di PM2,5 e O3 non hanno seguito un trend positivo simile, con conseguente aumento del numero di persone esposte a livelli di aria impura”. Per questo, secondo il principale autore dello studio, Zhao-Yue Chen dell'ISGlobal, “Sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2,5 e O3 e i relativi unclean air days, soprattutto nel contesto delle minacce in rapido aumento derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”. In Pianura Padana però questo trend è particolarmente critico, anche quando si parla di PM10. L'European Space Agency in febbraio ha realizzato, infatti, un video che mostra le concentrazioni orarie di PM10 nella Pianura Padana dal 1° al 31 gennaio 2024. Per i ricercatori dell’Agenzia spaziale il PM10 in particolare gioca un ruolo fondamentale nella dinamica della qualità dell’aria della Pianura Padana, perché qui la topografia e le condizioni meteorologiche uniche della valle contribuiscono al suo accumulo, in particolare durante i periodi meteorologici stagnanti. Attualmente, secondo le direttive e gli standard legali dell’Unione europea, le concentrazioni di PM10 superiori a 50 μg/m³ sono considerate pericolose e questa soglia non dovrebbe essere superata per nessun luogo per un numero specifico di giorni all’anno, generalmente fissato in 35. Tuttavia i livelli di queste concentrazioni orarie indicano che solo nel gennaio 2024 si sono verificati più casi in cui questa soglia critica è stata abbondantemente superata, evidenziando una tendenza costante e preoccupante nelle fluttuazioni della qualità dell’aria padana dei mesi invernali.


Purtroppo la Pianura Padana sembra ricordarci che nonostante questa generale tendenza positiva, certificata da un monitoraggio particolarmente approfondito che l'ISGlobal ha condotto andando oltre le sole stazioni di monitoraggio scarsamente distribuite e raccogliendo dati da più fonti, “Comprese stime degli aerosol basate su satellite, dati atmosferici e climatici esistenti e informazioni sull’uso del territorio”, la situazione rimane critica. Analizzando queste stime sull’inquinamento atmosferico, il team ha calcolato il numero medio annuo di giorni in cui viene superato il limite giornaliero dell’Oms per uno o più inquinanti atmosferici e ne è venuto fuori che “Nonostante i miglioramenti della qualità dell’aria, il 98,10%, 80,15% e 86,34% della popolazione europea vive in aree che superano i livelli annuali raccomandati dall’Oms  rispettivamente per PM2,5, PM10 e NO2”. Lo Studio fa notare che “Inoltre, nessun Paese ha rispettato lo standard annuale di ozono (O3) durante l’alta stagione dal 2003 al 2019. Considerando l’esposizione a breve termine, oltre il 90,16% e l’82,55% della popolazione europea viveva in aree con almeno 4 giorni in più rispetto al valore giornaliero previsto dalle line guida Oms per PM2,5 e O3 nel 2019”. L’autore senior dello studio, Joan Ballester Claramunt , evidenzia come nonostante i miglioramenti nell’inquinamento atmosferico, “Tra il 2012 e il 2019, oltre l’86% degli europei ha vissuto almeno un giorno all’anno con eventi di inquinamento atmosferico compositi, in cui più inquinanti hanno superato contemporaneamente i limiti dell’Oms. Tra questi giorni compositi, il contributo dei giorni composti PM2,5 -O3 è aumentato dal 4,43% nel 2004 al 35,23% nel 2019, diventando il secondo tipo più comune in Europa, e indicando un trend preoccupante”. 


Intanto lo scorso 14 marzo la Commissione europea ha proceduto all’invio di una lettera di costituzione in mora ex art. 260 TFUE all’Italia “Per la persistente mancata esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del 10 novembre 2020 (causa C-644/18)”. Nella sentenza la Corte di giustizia ha contestato all’Italia i suoi inattuati obblighi ai sensi della direttiva sulla qualità dell’aria ambiente (direttiva 2008/50/CE). La Commissione europea ha ricorda al governo Meloni che “L'European  Green Deal, che mira all’obiettivo “inquinamento zero”, richiede la piena attuazione delle norme in materia di qualità dell’aria per proteggere efficacemente la salute umana e salvaguardare l’ambiente naturale. La direttiva sulla qualità dell’aria ambiente obbliga gli Stati membri a mantenere al di sotto di determinati livelli le concentrazioni di inquinanti specifici nell’aria, come il particolato PM10. Quando sono superati tali valori massimi, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure per ridurre quanto più possibile la durata del periodo di superamento dei limiti. Sebbene dalla data della sentenza l’Italia abbia adottato alcune misure, nel 2022 si registravano ancora superamenti dei valori limite giornalieri in 24 zone, mentre una zona segnalava superamenti dei valori limite annuali”. Il Belpaese (dall'aria non altrettanto bella) dispone ora di un altro mese per rispondere e rimediare alle carenze segnalate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrà decidere di deferire l’Italia alla Corte, con la richiesta di erogare sanzioni pecuniarie. Per il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti “L’apertura della procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia è un chiaro campanello d’allarme di quanto poco stia facendo il nostro Paese sul fronte della qualità dell’aria. In particolare, l’emergenza smog è ormai sempre più cronica a partire dalla Pianura Padana che rappresenta una delle aree più vulnerabili del Paese. Quello che chiediamo è che la qualità dell’aria torni ad essere davvero un tema prioritario nell’agenda politica”. Servirebbe l'avvio di un tavolo tecnico ma anche normativo a livello nazionale, che coinvolga Governo, Regioni e amministrazioni locali, per programmare interventi rapidi e strutturati sul lungo periodo non più rimandabili. Una priorità che però non sembra preoccupare il Governo Meloni, almeno fino all'ufficialità della multa.


Alessandro Graziadei


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