Mentre incalza la battaglia per salvare il 5 per 1.000, il servizio civile e difendere i fondi della cooperazione allo sviluppo a livello nazionale, la Regione Piemonte sembra aver pensato di risanare il proprio bilancio azzerando i fondi previsti in un campo solo apparentemente non immediatamente produttivo: il commercio equo e solidale fino ad ora sostenuto dalla Legge regionale N°26 del 2009.
Se da una parte quindi aumentano, con la recente sottoscrizione del Trentino, le Regioni italiane impegnate sul fronte del commercio equo e solidale con una specifica legge provinciale a favore di un'economia solidale (.pdf), che resiste, ma non è certo indifferente alla generale crisi economica, il Piemonte fa un passo indietro.
“Questo provvedimento era già stato vittima la scorsa estate dei tagli della nuova Giunta - ha spiegato in una nota Agices, l’Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale che conta 90 soci e rappresenta oltre il 50% del fatturato fair trade in Italia - che aveva dichiarato di voler ridurre lo stanziamento da 350.000 euro previsti a 30.000. Oggi gli uffici della Regione comunicano che nel Bilancio 2011 non sono previsti fondi per questa voce di spesa”.
Ad esprimere il proprio rammarico e la propria preoccupazione è stato il presidente di Agices Alessandro Franceschini commentando la notizia come “un allarmante arresto del processo di riconoscimento da parte delle Istituzioni del commercio equo e solidale e delle organizzazioni che sul territorio operano per la diffusione di questa forma di economia alternativa e per la sensibilizzazione dei cittadini al consumo responsabile”.
“È poco sensato - ha continuato Franceschini - che una Regione vari una legge che poi non viene finanziata e che quindi perde ogni efficacia a livello operativo. Auspichiamo che in futuro il commercio equo e solidale anche in Piemonte, come avviene in altre Regioni, rientri a pieno nella strategia di sostegno alla cooperazione internazionale e di valorizzazione dei consumi sostenibili”.
Che si tratti di un provvedimento “utile” come i tagli alla cultura e indispensabile in un momento di crisi? Non proprio, visto che nei momenti di crisi economica “è ancora più strategico - ha puntualizzato Franceschini - investire in iniziative che nascono dal basso, da un grande movimento di cittadini, consumatori e volontari che operano ogni giorno per un miglioramento delle regole dell’economia internazionale proprio a partire dagli acquisti di tutti i giorni”. Almeno questo è quello che sembra aver capito la regione Marche che ha recentemente stanziato 97 mila Euro per il commercio equo e solidale (.pdf) pensando allo sviluppo della propria e altrui economia.
Infatti le leggi regionali a favore del commercio equo, “negli ultimi anni - ha dichiarato Gaga Pignatelli, di Agices - hanno dato una grande opportunità alle organizzazioni che operano nelle Regioni in cui esiste la Legge equosolidale, mettendo loro a disposizione un importo complessivo annuale di più di un milione di Euro, fondamentale non solo per la sostenibilità delle realtà direttamente coinvolte, ma anche per il consolidamento del sistema economico generale”.
Come? Semplice, ha continuato Pignatelli “queste risorse sono state cruciali per incrementare una delle attività più importanti che il commercio equo svolge: quella di educazione, sensibilizzazione e informazione volta ad accrescere la consapevolezza dei cittadini e dei consumatori sui prodotti ed i produttori del commercio equo e solidale”.
Non si tratta quindi di mero assistenzialismo. Questa ambiziosa legge regionale, sostenuta anche da realtà come il Ctm a livello nazionale e che ha coinvolto dal 2005 al 2010 Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna, Trentino e naturalmente il Piemonte ha promosso in questi anni non solo iniziative culturali, con l’obiettivo di immettere nella società (piemontese e non) i semi di cambiamento verso una cultura e un modello di reciprocità solidali, ma sembra abbia diffuso nuovi target economici.
Un’indagine sui consumi degli italiani (.pdf) commissionata alla società di ricerca Ipsos dall’Osservatorio Consumers Forum, una realtà che riunisce le più conosciute associazioni dei consumatori e le maggiori imprese italiane non lascia dubbi: "il 71% dei consumatori vuole che l’etica diventi una strategia aziendale e perciò sono disposti a pagare un prezzo più alto dei prodotti, anche fino ad un +10%; il 12% dei consumatori si spingono fino al +20%; il 4% invece fino al 50% e un inaspettato 3% di consumatori intervistati oltre il +50%".
È quindi legittimo chiedersi se il finanziamento al fair trade, tagliato in Piemonte, non potrebbe favorire la capacità di coniugare il profitto con l’investimento sul futuro di una società globale e dei suoi bisogni.
Alessandro Graziadei
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