È stato reso pubblico da pochi giorni il Bathing Water Report, il rapporto annuale sulla balneabilità curato dall'Agenzia Europea dell'Ambiente (AEA), che mette in luce un quadro sostanzialmente positivo delle acque europee. Il rapporto, che si basa sui dati relativi ad oltre 21.000 zone di balneazione designate, di cui circa il 70% sulla costa e il resto nell'entroterra, descrive in modo dettagliato la qualità delle acque in tutta l’Unione Europea nel corso della stagione balneare 2010 e presumibilmente anche per quella del 2011.
Consultando il rapporto, che divide l'Europa in zone conformi ai valori guida più rigorosi, ai valori obbligatori e quelli sotto gli standard minimi, si scopre che nel 2010 il 92,1% delle acque di balneazione costiere e il 90,2% delle acque di balneazione interne in Europa erano in regola con gli standard qualitativi minimi. Solo l'1,2% delle acque di balneazione costiere e il 2,8% delle acque interne non erano conformi.
Il rapporto ha anche stabilito che il primo posto nella speciale classifica delle acque migliori va nel 2010 a Cipro seguito da Croazia (97,3%), Malta (95,4%), Grecia (94,2%) e Irlanda (92,6%) “che risultano perfettamente balneabili anche applicando i nuovi criteri restrittivi di analisi introdotti dalla commissione europea e che entreranno in vigore per legge a partire dal 2012” ha spiegato il Commissario europeo all’ambiente Janez Potočnik. Più in generale si può dire in Europa 9 spiagge su 10 raggiungono o superano la sufficienza con un livello complessivo delle acque che rimane elevato.
Per la biologa Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell'Agenzia Europea dell'Ambiente si tratta di risultati confortanti perché, ha spiegato, “poter nuotare in acque pulite è molto importante per gli europei, che grazie a queste informazioni potranno esigere la qualità più elevata per le acque di laghi, fiumi e mari. La partecipazione pubblica è inoltre essenziale - ha aggiunto la McGlade - per monitorare costantemente le acque di balneazione europee, soprattutto perché gli effetti dei cambiamenti climatici e di fattori inquinanti sono sempre più evidenti”.
Cambiamenti climatici e agenti inquinanti che di fatto hanno contribuito ad un trend della “balneabilità” leggermente negativo rispetto agli anni passati, nonostante i buoni risultati. La qualità delle acque di balneazione costiere è infatti peggiorata tra il 2009 e il 2010 e il numero di corpi idrici che risultava conforme ai valori obbligatori è sceso del 3,5%, mentre quelli conformi ai valori guida sono diminuiti del 9,5%. Così oggi solo il 79,5% delle spiagge raggiunge la qualità prevista dai valori guida, mentre nel 2003 era l'89%. Anche la qualità delle acque interne è peggiorata: il numero di fiumi e laghi conformi ai valori guida è sceso del 10,2%, nonostante il rispetto dei valori obbligatori sia rimasto pressoché invariato.
Le cifre, che mostrano l'andamento della qualità dell'acqua a partire dal 1990, mettono quindi in guardia per il futuro: “quando verranno applicati i nuovi parametri di controllo sul livello di inquinamento delle acque previsti dall’Unione Europea per il 2012, un’area su tre diventerà a rischio". "Per questo - ha concluso Potočnik - se sono lieto di constatare che la qualità delle acque di balneazione in Europa continua ad essere elevata, penso si possa ancora migliorare. L'acqua pulita è una risorsa di valore inestimabile che non dobbiamo dare per scontata. Esorto gli Stati membri a fare in modo che il lieve calo dell'ultimo anno si tramuti in una tendenza positiva”.
Un richiamo che potrebbe essere utile all’Italia, relegata solo in sedicesima posizione perché, si legge nel rapporto, “mancano le rilevazioni”. Mentre l'Unione Europea, infatti, sta facendo diventare sempre più serrati i controlli, l'Italia si “distrae”. Negli ultimi anni il nostro rapporto sulla balneazione, con il dettaglio Comune per Comune è stato reso noto in ritardo e l’AEA ora ci avverte che “solo il 61,8 per cento delle spiagge italiane risulta insufficientemente campionato” perché il resto delle coste marine e lacustri risulta non disponibile alla balneazione o non controllato.
L'aver messo la difesa dell'ambiente in secondo piano rischia dunque di costarci caro anche in termini turistici accelerando la progressiva perdita di quote del mercato visto che stando al Bathing Water Report solo 4 spiagge su 5 del bel paese arrivano al livello di “sicurezza” minimo, e solo 3 su 4 arrivano ai valori “guida 2012”.
L'Italia, da sola, vanta circa un terzo delle coste europee, di gran lunga il paese con più chilometri di spiagge nell'unione con il 33,7 per cento delle acque costiere balneabili. Questo immenso patrimonio - come più volte denunciato anche da Legambiente e dall’intensa attività di SOS Goletta Verde - pare non sia più valorizzato, se è vero quanto mostrato dai dati europei. “La qualità dell'acqua, il rispetto dell'ambiente e del paesaggio sono tutte tematiche che nel nostro paese sono spesso state oscurate dalle grandi speculazioni e dall'abusivismo - ha spiegato Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente - Grandi costruzioni a pochi metri dalla spiaggia, industrie che scaricano in mare i propri liquami: pochi ingredienti ed ecco la ricetta per far precipitare in basso uno dei patrimoni paesaggistici più preziosi al mondo”, da poco salvato dal rischio di speculazioni edilizie sui litorali contenuto nel Decreto Sviluppo del Governo.
Dopo la vittoria su nucleare e acqua pubblica - ha spiegato Venneri - la cancellazione della norma che prevedeva il diritto di superficie sulle spiagge per 20 anni, rappresenta una nuova vittoria per tutti i cittadini, gli imprenditori onesti e per coloro che hanno a cuore i beni comuni. Questa estate è cominciata bene, ora avanti per liberare le spiagge dai cancelli e dal cemento”, magari ricordandosi anche di segnalare in tempo all’Europa la qualità dei nostri litorali.
Alessandro Graziadei
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