L’Assemblea generale dell’Onu ha approvato lunedì sera all’unanimità un secondo mandato di cinque anni per il Segretario generale uscente, Ban Ki-moon. L’ex ministro degli Esteri della Corea del sud, che è succeduto a Kofi Annan nel 2007, è stato rieletto per acclamazione. Ban, che ha 67 anni, non aveva oppositori nella candidatura alla carica. La sua rielezione è diventata una certezza la settimana scorsa dopo che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aveva chiesto all'Assemblea di confermarlo fino a dicembre 2016
Ban Ki-moon ha ringraziato per il “grande onore”; ma ha anche dichiarato di aver ancora molto lavoro da compiere, rimasto incomplete dopo il primo mandato. “Abbiamo un lungo cammino da percorrere, troppe persone mancano dei diritti umani fondamentali. Troppe persone soffrono la fame. Troppi bambini muoiono ogni giorno. Di rado le Nazioni Unite hanno avuto un ruolo più rilevante, e mai è stato più necessario di adesso”, ha dichiarato.
Ban Ki-moon è giudicato da molti analisti un “solido alleato di Washington”. L’ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, Susan Rice, si è complimentato per la rielezione di Ban Ki-moon a quello che ha definito “uno dei lavori più duri del mondo”. “Nessuno capisce il peso del suo ruolo meglio di lui”, ha dichiarato Susan Rice, aggiungendo che Washington “è grata per la volontà di Ban Ki-moon di continuare a portare questo peso”.
Ad esprimere soddisfazione non è stata solo Susan Rice. Diversi diplomatici che hanno preso la parola dopo l’acclamazione, cohanno definito Ban un ”costruttore di ponti”. Il segretario generale ha giurato appoggiando la mano sulla copia originale della Carta dell’Onu firmata a San Francisco il 26 giugno 1945. ”Viviamo in un’era di connessioni ed interdipendenza – ha detto nel suo discorso – ogni Paese deve far parte della soluzione dei problemi”. ”Quando abbiamo iniziato nessuno parlava di cambiamento climatico, che ora fa parte dell’agenda internazionale, e il disarmo nucleare era congelato”, ha detto oggi il segretario generale.
In passato, Ban è stato criticato per non essere stato abbastanza incisivo nel risolvere le grandi crisi internazionali, accuse respinte e spiegate con il tentativo portare avanti una diplomazia che rifiuta il protagonismo e ottiene risultati dietro le quinte (è la cosiddetta quiet diplomacy). Il suo predecessore – il ghanese Kofi Annan – non risparmiò critiche a Washington, bollando la guerra in Iraq come ”illegale”.
L’attuale segretario generale preferisce invece una linea moderata, accettata sia dall’ex presidente Usa George W. Bush, sia dall’attuale Barack Obama, e apprezzata dagli altri Paesi con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza. Durante il suo primo mandato, Ban ha tentato di convincere i leader del mondo ad approvare misure per fermare il surriscaldamento globale, ottenendo però impegni tutto sommato modesti tra i Paesi che inquinano di più.
Un’altra priorità del segretario generale è il disarmo nucleare. L’anno scorso il Palazzo di Vetro ha ospitato la revisione del Trattato di Non Proliferazione atomica (Tnp), ma molti nodi sono rimasti irrisolti come sul mantenimento della pace nel mondo. Il Segretario generale ha tentato di fermare il conflitto che da anni insanguina il Sudan, spingendo per l’invio dei Caschi Blu nella regione del Darfur, e appoggiando poi il mandato di cattura internazionale contro il presidente sudanese Omar al Bashir. Negli ultimi mesi, il segretario generale ha appoggiato l’intervento militare in Libia, così come quello in Costa d’Avorio, dove i militari delle Nazioni Unite hanno avuto un ruolo attivo nel far cadere Laurent Gbagbo, che si rifiutava di lasciare il potere anche se aveva perso le elezioni.
Insomma ancora tante le sfide impegneranno il "nuovo" Segretario Generale che a quanto pare non vuole tirarsi indietro dall'importante responsabilità di guidare le Nazioni Unite fino al 2016.
Alessandro Graziadei
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