Siamo alle porte di Vicenza. Di fronte a noi, verso nord, la catena alpina. Alle nostre spalle, a sud, la Basilica Palladiana (ad appena 1.500 metri) e i tanti tesori che la città veneta ha ereditato dall’illustre architetto che ha influenzato l’architettura non solo nazionale. È questo il panorama che circonda l’aeroporto Dal Molin, realizzato negli anni ’30 del secolo scorso, sopravvissuto, grazie al suo essere terreno demaniale, alla lottizzazione e all’urbanizzazione incontrollata, ma non agli alleati. Dal 2007 l’aeroporto è, infatti, sede della 173° Brigata Aerotrasportata statunitense, la più potente unità da combattimento schierata all’esterno dei confini nordamericani.
Ma Vicenza in questi anni non è stata soltanto la base di una Brigata statunitense che porta la guerra nel mondo. La città berica sarà fino all’11 settembre presso il Park Farini (ribattezzato piazza dei Beni Comuni) anche la sede del 5° Festival del movimento No Dal Molin che con il suo un ricchissimo programma culturale rilancia un movimento basato sulla partecipazione popolare nato il 6 agosto 2006 per opporsi non solo ad una base militare, ma all’idea di dover esportare la guerra.
Il Festival sarà quest’anno dedicato ai beni comuni e i tanti dibattiti proveranno a costruire un filo conduttore che va dal territorio all’acqua, dalla pace alla democrazia, tentando di continuare a immaginare collettivamente pratiche nuove di comunità. “La vicenda Dal Molin, del resto, racchiude in sé tutte le crisi del nostro tempo - ci hanno spiegato gli organizzatori tra i quali decine di volontari - a partire da quella ambientale, con la devastazione del territorio e della falda acquifera, e da quella democratica, con l’imposizione e l’inganno legalizzato. Parlare di beni comuni significa cercare strumenti nuovi capaci di tutelare gli elementi vitali dalla devastazione e dal saccheggio che, in questi anni, abbiamo visto all’opera anche a Vicenza”.
Tante le novità di questa quinta edizione che si è aperta lo scorso 26 agosto, a partire dal percorso che ha accompagnato la sua organizzazione riunendo, sotto i tendoni del presidio permanente decine e decine di persone in rappresentanza dei comitati territoriali provinciali, associazioni e gruppi d’acquisto solidale. Quanto basta per far dire agli organizzatori che “Il bene comune per eccellenza che abbiamo qui oggi è il patrimonio di relazioni, amicizie e fiducia che abbiamo accumulato in questi anni e che è alla base del nostro stare insieme, in tanti e diversi, per lavorare fianco a fianco e volontariamente a un obiettivo comune”.
Dopo gli appluditissimi interventi di Don Gallo e Moni Ovaia degli scorsi giorni, il Festival proseguirà come un cantiere aperto per tutta la prossima settimana. Musica (con in line up molti nomi interessanti, dal folk dei Modena City Ramblers al reggae dei Boomdabash passando per i Punkreas), spettacoli e anche tanto impegno “No war”, sia quello dibattuto, che quello praticato, che porterà il popolo No Dal Molin nell’unico suo giorno di “pausa”, lunedì 5 settembre, a manifestare sotto i muri della Gendarmeria Europea, in via M. Grappa, con un sit in contro la militarizzazione dei territori e in solidarietà con la Val di Susa.
La Gendarmeria addestrata a Vicenza è di fatto una forza di polizia transazionale pensata per fermare e reprimere le mobilitazioni popolari che negli ultimi anni si sono moltiplicate in tutto il vecchio continente. Ma qui a Vicenza il movimento No Dal Molin non vuole mettere in dubbio l’utilità delle forze dell’ordine, quanto piuttosto la “politica” che sottende il sempre più frequente intervento di queste forze di sicurezza.
“In questi mesi d’estate, repressione è stata la parola d’ordine in Val di Susa - ci ha spiegato il Comitato che anima il presidio permanente - dove, alla popolazione che difende la propria terra dai progetti di devastazione della Tav, è stato opposto un imponente apparato militare al quale hanno compartecipato polizia, carabinieri, e addirittura militari di ritorno da Kabul”. Ecco allora che alla democrazia che cresce dal basso “chi governa risponde sistematicamente con la violenza e l’intimidazione - ha aggiunto il Comitato - lo abbiamo sperimentato nella nostra città, in questi anni; lo abbiamo visto, replicato, a Chiaiano e in tanti altri territori, nella città terremotata de L’Aquila, e in questi mesi nelle valli NoTav dove da ormai 20 anni i cittadini rivendicano il diritto di decidere il futuro del proprio territorio”. Per il Comitato No Dal Molin il rischio è oggi quello di replicare un modello, “quello che sperimentiamo ogni giorno, che ha avuto il suo palcoscenico principale a Genova, 10 anni fa, e che oggi viene riproposto in ogni occasione nella quale la democrazia tenta di esprimersi al di fuori delle imposizioni degli interessi politici, economici e militari che vorrebbero controllare la nostra vita quotidiana”.
Così, in un momento storico in cui la crisi diventa la nuova emergenza sociale e gli indici di borsa ci vengono presentati come la bussola della nostra vita, la democrazia e la partecipazione sono qui a Vicenza un bene fondamentale da difendere e tutelare. “Per questo, lunedì 5 settembre, dalle 20.30, saremo sotto le mura della Gendarmeria Europea, insieme a una delegazione NoTav della Val di Susa: chi si addestra alla repressione [e alla violenza da entrambe le parti puntualizziamo noi] non è cittadino di una terra che rivendica democrazia” ha aggiunto un No Dal Molin.
In questo senso, il “Festival NoDalMolin per i Beni Comuni” vuol essere anche un grande laboratorio di cittadinanza o meglio “una fucina di idee capace di sperimentare quella partecipazione che nella vicenda Dal Molin abbiamo visto negata e oltraggiata”. Di fronte a un territorio militarizzato e cementificato, mettere al centro i beni comuni significa così “continuare a immaginare una città libera dalle servitù militari e capace di costruire il proprio domani a partire dalla tutela del territorio e del suo tessuto urbano e sociale; significa guardare [...] ad una città che cambia a partire dalle mobilitazioni e dalla partecipazione dei propri cittadini” ha concluso il Comitato organizzatore, sempre più convinto della necessità di difendere anche questo sempre più prezioso “bene comune”.
Alessandro Graziadei
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