sabato 9 marzo 2013

Messico: i desaparecidos della lotta alla droga


Secondo le 176 pagine del rapporto Mexico’s Disappeared: The Enduring Cost of a Crisis Ignored (I desaparecidos messicani: il perdurante costo di una crisi ignorata) pubblicato da Human Rights Watch (Hwr) il 20 febbraio, le forze dell’ordine messicane sono responsabili di torture, esecuzioni extragiudiziali e direttamente o indirettamente della sparizione di circa 250 persone avvenute tra il dicembre 2006 e il dicembre 2012, ufficialmente all’interno della lotta senza quartiere ai potenti cartelli della droga avviata, anche con l’utilizzo dell’esercito, dall’ex presidente Felipe Calderon. In realtà per Hrw molti dei desaparecidos hanno ben poco a che fare con la lotta alla droga e sono il risultato di veri e propri crimini arbitrari a cui avrebbero partecipato l’esercito, le forze dell’ordine e talvolta anche le organizzazioni dei narcotrafficanti che in questi ultimi anni hanno continuato a minacciare e attaccare difensori dei diritti umani, giornalisti e gente comune esacerbando un clima di violenza e impunità in molte parti del paese.
l metodi fino ad ora utilizzati dalle forze di sicurezza si basano sull’arresto arbitrario di persone senza il corrispondente ordine di detenzione e senza indizi sufficienti che giustifichino la misura. “In molti casi le detenzioni si realizzano nella casa della vittima, davanti ad altri familiari, mentre in altri casi avvengono sul posto di lavoro, durante controlli, o in locali pubblici come i bar”. I soldati e i poliziotti “indossano quasi sempre l’uniforme e conducono veicoli ufficiali e quando i familiari delle vittime chiedono dove sono i loro congiunti, nelle sedi delle forze di Sicurezza e nel Ministero Pubblico, si risponde loro che queste persone non sono mai state arrestate” ha dichiarato José Miguel Vivanco di Hrw. Secondo il rapporto “Almeno venti casi molto simili tra loro con persone scomparse tra giugno e luglio del 2011 negli Stati di Coahuila, Nuevo León e Tamaulipas, vedono coinvolta la marina militare e gli stessi capi militari hanno fornito alle famiglie dei desaparecidos versioni discordanti, “che fanno pensare a una macchinazione su larga scala”. In oltre 60 casi esistono prove della collaborazione tra agenti e organizzazioni criminali in rapimenti ed estorsioni.
Qualche esempio? Nel dicembre 2011 dieci uomini di Guanajuato sono stati detenuti illegalmente dalla polizia locale nel Comune di Joaquín Amaro, Zacatecas, mentre tornavano da una battuta di caccia. Secondo due membri del gruppo che sono riusciti a scappare, gli agenti di polizia li hanno bendati, picchiati, e interrogati sui loro legami con la criminalità organizzata. I filmati della telecamera di sicurezza hanno poi mostrato la polizia locale che presso un distributore di benzina consegna otto dei rapiti a degli uomini armati: da allora non se ne è saputo più nulla. Nel giugno dello stesso anno, José Fortino Martínez è stato arrestato con la forza nella sua casa di Nuevo Laredo, Tamaulipas, da uomini che indossavano uniformi della marina. I parenti di Martínez e di altre persone rapite quella notte hanno scattato fotografie e ripreso video dei veicoli coinvolti nelle detenzioni con le insegne della Marina. Roberto Iván Hernández García e Yudith Yesenia Rueda García, entrambi 17enni, sono stati invece prelevati davanti ai propri familiari l’11 marzo 2011 dalla casa della nonna di Rueda a Monterrey, Nuevo León, da uomini che indossavano uniformi della polizia federale. Circa una settimana dopo, un uomo si è recato a casa Hernández avvertendo i parenti che se la famiglia voleva evitare che fossero presi altri bambini, dovevano pagare un riscatto e non segnalare il caso alle autorità. Da allora anche di Hernández e Rueda non si è più saputo niente. Infine, nel rapporto sono menzionati i casi di Oscar Germán Herrera Rocha, Ezequiel Castro Torrecillas, Sergio Arredondo Sicairos, e Octavio del Billar Piña: “tutti loro hanno chiamato separatamente le mogli, informandole di essere stati fermati dalla polizia locale presso un distributore di benzina a Francisco Madero, Coahuila, nel maggio 2009. Nonostante la puntuale denuncia on sono più stati visti”.
Nella gran parte dei casi, le misure adottate da magistratura e forze dell’ordine in risposta a tali denunce sono tardive, imprecise e assolutamente inefficaci per l'identificazione dei colpevoli. Troppo spesso la colpa ricade sulle vittime, mentre la responsabilità delle indagini viene lasciata ai famigliari o si perde nei tribunali militari anziché civili. Ad oggi, infatti, rimangono ancora impuniti i colpevoli di moltissimi crimini e sparizioni accertate e pochissimi sono i cadaveri rinvenuti, anche se le sparizioni avvenute in Messico sono molte di più delle 250 documentate nel rapporto. Se il Presidente Enrique Peña Nieto ha ereditato dal presidente Felipe Calderon uno delle peggiori crisi per quanto riguarda i desaparecidos nella storia dell’America latina, “Nonostante le promesse di importanti misure per l’assistenza delle vittime, la sua amministrazione non ha compiuto i passi necessari per fare in modo che i responsabili di questi crimini orribili venissero puniti” - ha concluso Vivanco. Anche Amnesty International in occasione dei primi 100 giorni dall'insediamento del presidente Nieto, ha rilevato che le poche misure adottate non sono all'altezza della situazione e il 5 marzo 2013 ha lanciato una campagna per ottenere giustizia in favore di Miriam Lopez, una donna arrestata illegalmente, torturata e sottoposta a violenza sessuale da membri delle forze armate nel 2011.
Il rapporto documenta però anche alcune iniziative positive effettuate a livello statale per affrontare le scomparse. In risposta alle pressioni dei familiari delle vittime e dei difensori dei diritti umani, a Nuevo León le autorità governative congiuntamente ai pubblici ministeri, hanno iniziato a indagare seriamente su un gruppo selezionato di circa 50 casi. Nonostante i progressi finora limitati, con il ritrovamento di poche persone scomparse, questa esemplare collaborazione ha riconquistato la fiducia delle famiglie delle vittime. Tuttavia il successo a livello statale dipenderà ora dall'impegno concreto del Governo federale, e per questo Human Rights Watch ha sollecitato le autorità messicane a compiere alcuni passi decisivi, tra i quali: “Creare banche dati nazionali accurate ed esaurienti degli individui scomparsi e dei resti umani non identificati; riformare il Codice di Giustizia Militare per garantire che tutte le presunte violazioni dei diritti umani, tra cui le scomparse forzate, commesse dal personale militare contro i civili vengano indagate e perseguite nel sistema giudiziario civile; rivedere la definizione di sparizione forzata sia nelle leggi federali che statali per garantire che sia coerente in tutto il Paese e sia in linea con il diritto internazionale.
Qualcosa in Messico si è già mosso proprio in questa direzione. Il Sottosegretario per i Diritti Umani del Governo Lía Limón ha confermato in questi giorni che consegnerà alla Procura un database che raccoglie le schede di 27mila persone desaparecidas, in modo da iniziare un Registro Nazionale dei Desaparecidos. Si tratta della prima cifra ufficiale offerta dal Governo messicano sui desaparecidos di questi ultimi 6 anni (che si aggiungono ai 57 mila morti confermati) ed è quella da cui dovranno ripartire le indagini e la politica. Il database sarà inviato al Centro Nacional de Planeación, Análisis e Información della Procura Generale della Repubblica e verrà integrato con l’informazione genetica dei familiari degli scomparsi, in modo che, attraverso l'incrocio dei dati, si possano effettuare indagini approfondite e si possano eventualmente trovare le persone ancora in vita. Forse per i familiari delle migliaia di persone scomparse e inghiottite in questa lotta senza quartiere al crimine organizzato, che ha dimenticato i diritti umani e la giustizia, inizia la speranza di essere finalmente ascoltati e aiutati dalle autorità.
Alessandro Graziadei

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