domenica 25 maggio 2014

Italia: cresce la superficie forestale, ma manca una gestione sostenibile

Non si vive solo di cattive notizie! Così se in un articolo del 10 maggio, grazie a due recenti pubblicazioni di Legambiente, ricordavamo le enormi ferite morali e soprattutto fisiche che costellano il Belpaese da Nord a Sud con le sue 5.592 cave attive e le 16.045 dismesse, oggi ci consoliamo leggendo che nonostante gli incendi e la continua cementificazione del territorio l’avanzata dei boschi italiani prosegue senza sosta. A farcelo sapere, il 13 maggio scorso, durante una conferenza stampa a Palazzo Rospigliosi a Roma, è stato il Corpo forestale dello Stato presentando le statistiche complete relative alla quantità di carbonio stoccato nella biomassa e nel suolo delle foreste italiane dedotte dall’attività di monitoraggio condotta per il secondo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC2005) e le stime preliminari della superficie forestale complessiva derivanti dalla prima fase del terzo Inventario (INFC20015) avviato nel 2013.
Il periodico aggiornamento delle statistiche sulla estensione e la consistenza del patrimonio forestale italiano è uno degli obiettivi dell’INFC che dal 1985 raccoglie dati aggiornati e affidabili per traguardare agli impegni che il nostro Paese ha assunto a livello internazionale nell’ambito degli accordi sul clima, sulla conservazione della biodiversità e sulla gestione sostenibile delle risorse forestali regionali e nazionali, che hanno un ruolo sempre più strategico nella mitigazione dei cambiamenti climatici grazie alla capacità di assorbire CO2 e immagazzinare carbonio. Il contributo dell’INFC in tal senso è rappresentato proprio dai dati raccolti relativi al carbonio contenuto negli ecosistemi forestali italiani e dalle stime della superficie forestale, utili alla valutazione complessiva dell’uso del suolo e delle sue risorse in Italia. Non è un caso, infatti, che le previsioni effettuate attorno allo stato di salute dei boschi italiani con l’INFC servano per la revisione finale degli impegni previsti dal Protocollo di Kyoto con la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCC).  Ma non solo. I dati INFC sono fondamentali anche per la compilazione della reportistica internazionale inerente allo stato delle risorse forestali, contribuendo al completamento del rapporto globale della FAO (FRA-2015) e all’aggiornamento degli indicatori di gestione forestale sostenibile adottati dalla Conferenza ministeriale per la protezione delle foreste europee (Forest Europe).
Molti di questi accordi sul clima prevedono, per il comparto foreste, la contabilizzazione della quantità di carbonio organico contenuta nei cinque “serbatoi di carbonio”, individuati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), in cui vengono suddivisi gli ecosistemi forestali (biomassa epigea e ipogea, legno morto, lettiera e componente organica del suolo).  Dai dati INFC2005 risulta, che la quantità di carbonio organico presente nella componente viva epigea dei boschi italiani (alberi vivi, rinnovazione e arbusti) ammonta a 472.7 milioni di tonnellate e quella rimossa dall’atmosfera annualmente ammonta a circa 12.6 milioni di tonnellate. Il legno morto contiene 24.9 milioni di tonnellate di carbonio organico, la lettiera 28.3 milioni di tonnellate, mentre la quantità di carbonio organico negli orizzonti organici e minerali del suolo è stimata in 715.7 milioni di tonnellate. Ma quale è, quindi, alla luce di queste proporzioni, il nostro contributo al protocollo di Kyoto e allo stato di salute delle foreste? Buono, se è vero, come evidenziano i dati raccolti, che i boschi italiani trattengono un totale di 1.24 miliardi di tonnellate di carbonio organico.  
Le prime foto-interpretazioni del territorio nazionale dedotte dall’INFC20015 certificano, inoltre, che esiste la tendenza ad un progressivo aumento della superficie boschiva entro il 2015 con una “stima provvisoria della superficie forestale complessiva in Italia pari a 10,9 milioni di ettari e un incremento rispetto al 2005 di oltre 600.000 ettari, nonostante la colonizzazione del territorio da parte di formazioni forestali proceda a un ritmo più lento rispetto a quanto osservato nel ventennio precedente” ha spiegato Cesare Patrone, capo del Corpo forestale dello Stato. “I rilievi inventariali previsti per il prossimo biennio consentiranno di verificare meglio e consolidare i primi risultati della foto-interpretazione con osservazioni puntuali al suolo, da cui deriveranno le stime definitive dell’estensione delle foreste italiane” ha aggiunto Patrone sottolineando come per quanto lenta, sembra però chiara “una crescita annua del patrimonio forestale del 0,6% concentrata prevalentemente nelle Regioni dell'Italia centrale e meridionale”. Un dato significativo visto che “la stima in attivo del patrimonio forestale italiano sta diventando sempre più, un elemento chiave nell’adempimento agli obblighi imposti dalle politiche climatiche internazionali”. 
Tuttavia, apprese le stime preliminari dell’INFC2015, Legambiente ha commentato ricordando che le foreste potrebbero realmente fare molto di più per il rallentamento delle conseguenze del cambiamento climatico se la loro gestione fosse ottimizzata. “Al di là dei ripetuti tentativi di dotare il Paese di programmi organici, non è infatti mai decollata in termini applicativi una politica forestale nazionale” ha specificato Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente, commentando i dati diffusi dal Corpo forestale dello Stato, “secondo cui le foreste italiane assorbono la metà delle emissioni di CO2 del comparto dei trasporti”. “Di fatto - ha aggiunto Nicoletti - nel nostro Paese, il Governo non ha ancora considerato prioritaria una politica di gestione sostenibile delle foreste che punti sulla qualità e la sostenibilità dei nostri boschi e contribuisca al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. Se i nostri ecosistemi forestali riescono a mostrare una certa stabilità non è certo merito di strategie nazionali”, ricordando come lo stato di conservazione dei boschi in Italia sia ancora, troppo spesso, “insoddisfacente”.
Alessandro Graziadei

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