sabato 1 aprile 2017

“Questa è l’Europa che ci piace”

Il 14 marzo il Parlamento Europeo, dopo aver esaminato quasi 2.000 emendamenti, ha approvato la revisione di quattro direttive che compongono il pacchetto legislativo sull’economia circolare europea e introducono nuovi obiettivi nella gestione dei rifiuti per quanto riguarda il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento in discarica. Adesso le direttive dovranno essere negoziate con il Consiglio dei ministri dell’Unione europea, ma per ora, in linea con quanto la Commissione europea aveva inizialmente proposto già nel 2014, le direttive europee prevedono che “la quota di rifiuti da riciclare dovrà aumentare dall’odierno 44% al 70% entro il 2030” limitando “la quota di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani al 5%". Secondo i deputati europei, quindi, entro il 2030, almeno il 70% in peso dei cosiddetti rifiuti urbani dovrebbe essere riciclato o riutilizzato. Per i materiali di imballaggio, come carta e cartone, plastica, vetro, metallo e legno, l’asticella della quota riciclo è stata portata all’80% come obiettivo per il 2030, con obiettivi intermedi per ogni materiale misurati nel 2025. Un traguardo ambizioso, ma non impossibile, visto che i dati in mano alla Commissione europea dicono che già nel 2014 il 44% di tutti i rifiuti urbani dell’Unione erano riciclati o compostati, a fronte al  31% del 2004, mentre quelli alimentari, stimati oggi in circa 89 milioni di tonnellate, pari a 180 kg pro-capite annui, dovrebbero essere ridotti “del 30% nel 2025 e del 50% entro il 2030”.

Se è vero che ogni anno in Europa gettiamo via 600 milioni di tonnellate di rifiuti, rifiuti che potrebbero essere reinvestiti nell´economia, per Legambiente il voto a larga maggioranza del Parlamento Europeo è un atteso “Passo verso un’ambiziosa riforma della politica europea dei rifiuti” che “ha aperto la strada verso una politica europea finalmente in grado di trasformare l’emergenza rifiuti in una grande opportunità economica ed occupazionale”. Infatti, sebbene la gestione dei rifiuti nell’Unione sia notevolmente migliorata negli ultimi decenni, quasi un terzo dei rifiuti urbani viene ancora smaltito in discarica e meno della metà viene riciclato o compostato. Esistono inoltre ancora troppe differenze tra gli Stati membri. Nel 2014, Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svezia non hanno praticamente inviato nessun rifiuto urbano alle discariche, mentre Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia e Malta smaltiscono ancora in discarica più di tre quarti dei propri rifiuti urbani. Per il Parlamento Europeo le direttive approvate nelle scorse settimane “sono un invito a migliorare in tutti i paesi dell’Unione la gestione dei rifiuti per fornire benefici all’ambiente, al clima, alla salute umana e all’economia”, rafforzando le disposizioni dell’Unione non solo nel campo della riduzione dei rifiuti, ma anche nell’estesa responsabilità del produttore, semplificando le definizioni, gli obblighi di comunicazione e i metodi di calcolo degli obiettivi.  

“Il rapporto adottato - ha spiegato Legambiente - grazie anche all’impegno della relatrice Simona Bonafè - migliora considerevolmente la proposta del 2014 fatta dalla Commissione Europea, in particolare per quanto riguarda i target di riciclaggio al 2030 innalzati al 70% per i rifiuti solidi urbani ed all’80% per gli imballaggi. Il raggiungimento di questi obiettivi consentirebbe, secondo la valutazione della stessa Commissione Europea, di creare 580 mila nuovi posti di lavoro, con un risparmio annuo di 72 miliardi di euro per le imprese europee grazie ad un uso più efficiente delle risorse e quindi ad una riduzione delle importazioni di materie prime”. I posti di lavoro potrebbero addirittura crescere sino a 867 mila se, all’obiettivo del 70% di riciclaggio, si accompagnassero a livello europeo e nazionale anche misure ancora più ambiziose per il riuso, in particolare nei settori dell’arredamento e del tessile. Solo in Italia per l’ong “si possono creare almeno 190 mila nuovi posti di lavoro, al netto dei posti persi a causa del superamento dell’attuale sistema produttivo”, un’opportunità che non può essere sprecata anche per lo stesso ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti secondo il quale ora “Ci attende un negoziato non semplice, ma è indispensabile arrivare a un testo in grado di avviare l’Europa verso un futuro di crescita sostenibile”.

Per Rossella Muroni, presidente di Legambiente, “Questa è l’Europa che ci piace. Un’Europa capace di indicare una strategia moderna e sostenibile per uscire dalla crisi puntando su innovazione e coinvolgimento sinergico tra cittadini, istituzioni e economia. […] Ma anche il nostro governo deve fare la sua parte. L’Italia, in sede di Consiglio, deve sostenere una riforma della politica comune dei rifiuti che faccia da volano per l’economia circolare europea, senza nascondersi dietro le posizioni di retroguardia di alcuni governi che si oppongono ad un accordo ambizioso con il Parlamento”. Al momento e nel campo dell’economia circolare il Belpaese non è certo tra i più virtuosi, visto che ogni anno paghiamo all’Europa più di 100 milioni di euro in sanzioni legate al ciclo dei rifiuti. Un esempio è il ritardo italiano nel recupero di energia da biomassa potenzialmente contenuta negli scarti del processo cartario e che per Assocarta “ha un risultato finale doppiamente negativo: costi energetici e impatti ambientali più alti nei processi industriali cartari, e crescenti problemi nella gestione dei rifiuti speciali prodotti dalle cartiere”. Sicuramente in questa Europa unita, ma dai molti limiti, questo pacchetto legislativo sull’economia circolare potrebbe essere un passo decisivo per superare il modello “produci, consuma e getta” e passare, anche in Italia, ad un’economia dove i prodotti sono progettati per durare ed essere riparati, riusati e riciclati.

Alessandro Graziadei

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