giovedì 17 novembre 2011

Al cinema tra equità e sostenibilità alimentare

Dopo l’inaugurazione dello scorso 4 novembre alla presenza del giornalista campano Peppe Ruggiero che come responsabile dell’ufficio stampa di Libera e di Legambiente Campania ha parlato del business delle mafie nell’agroalimentare il festival di cinema, cibo e videodiversità “Tutti nello stesso piatto” di Trento è entrato nel vivo. Fino al prossimo 3 dicembre 2011 le proiezioni settimanali continueranno a raccontarci la filiera del cibo e le sue ripercussioni sull’ambiente e sulla società.
Tra i 17 lungometraggi, i 25 cortometraggi e le 4 fiction in concorso, 13 sono le proiezioni già presentate con due prime nazionali, il corto d’animazione “Junk” e il documentario “Street Food Kalkota - Why not” di Angus Denoon Duncan che con una produzione del 2011 ci porta nella dinamica città di Calcutta attraverso le infinite bancarelle che invadono i marciapiedi fornendo prezioso cibo a milioni di persone in strada. Un’estrema ed affollata condizione che produce alcuni tra i più deliziosi ed economici cibi al mondo nonostante le evidenti difficoltà del contesto. Una forma di produzione e consumo del cibo tutto locale che sembra contrapporsi all’opera di Allan Sekula e Noel Burch che pur non entrando direttamente nell’argomento cibo in “Lo spazio dimenticato” (premiato a Venezia nel 2010) analizzano la “longa manus” della politica neocapitalista attraverso il viaggio dei containers in giro per il mondo e il racconto di quegli anonimi lavoratori che gravitano ai margini del sistema dei trasporti.
Si tratta di una pellicola che, facendo proprio uno degli intenti del festival, chiarisce il legame tra quello che accade in Asia, Africa, America Latina e le nostre scelte anche alimentari, come riesce a fare bene anche il documentario dell’inglese Rubert MurryAl capolinea”. Tratto dal libro di Charles Clover e realizzato in collaborazione con Feltrinelli Real Cinema, l’intensa pellicola esplora i devastanti effetti che l’eccessivo sfruttamento marino ha sulle riserve di pesce e sulla salute dei nostri mari. Gli scienziati predicono che se continuiamo a pescare a questo ritmo, il pianeta esaurirà le sue risorse di pesce entro il 2048, con ovvie catastrofiche conseguenze che Rupert Murray insegue con spettacolari filmati, sopra e sotto la superficie del mare. “La pesca industriale ebbe inizio negli anni ’50 del secolo scorso. Oggigiorno reti grandi come campi da calcio strascicano i fondali di tutto il pianeta. Le specie marine non possono sopravvivere a questi ritmi. Aggiungi a tutto questo decenni di avidità da parte delle aziende, una politica meschina e la domanda crescente dei consumatori, ed eccoci con una crisi di proporzioni epiche” dove il novanta per cento dei pesci di grande taglia è già scomparso.
“Ma il festival - ha rassicurato la sua direttrice artistica Beatrice De Blasi - ha ancora in serbo altri titoli e proiezioni importanti” a cominciare da stasera (giovedì 17 novembre alle 18.45 presso il cinema Astra di corso Buonarroti 16) quando “cinema, teatro, musica e arte culinaria si fonderanno per introdurci alla conoscenza dei Balcani e delle loro tradizioni enogastronomiche”.
La proiezione dei documentari Duboka Srbjia (La Serbia nel profondo) e Bosna Nekad (C’era una volta la Bosnia), infatti, saranno intervallati dai monologhi dell’attrice e regista Michela Embriaco accompagnata dalle musiche del Duo Lumen (Mauro Tonolli e Matteo Rigotti).
Il programma dei prossimi giorni prosegue, tra le altre, con alcune importanti prime nazionali: “Mangio, dunque sono” di Vincent Bruno previsto venerdì 18 novembre, “Dopo il raccolto: combattere la fame nella terra del caffè” di Briam Kimmel e lo scioccante reportage di denuncia “Nero’s Guest” di Deepa Bhaita entrambi di scena giovedì 24 novembre. In quest’ultima pellicola realizzata con il contributo di Fem Italia il regista indiano, produttore anche per Bollywood, segue il giornalista Palagummi Sainath nel suo reportage. Siamo in India dove negli ultimi 10 anni più di 200.000 contadini si sono suicidati strangolati dai debiti contratti anche a causa del passaggio a colture ogm. Questa strage sta però avvenendo nella totale indifferenza dei media e delle autorità locali trascinando quasi il 70% della popolazione indiana in una spirale di miseria agghiacciante. Sainath davanti alla telecamera di Bhaita utilizza il tema dei suicidi per arrivare ad affrontare il problema dell’enorme disparità nella distribuzione della ricchezza in India, una disparità che passa anche per la produzione, ancor prima che dal consumo, del cibo.
Ma Nero’s Guest non è l’unico reportage di denuncia del festival che oggi (giovedì 17 novembre alle ore 19.45 sempre presso il cinema Astra di corso Buonarroti 16) ospiterà la prima europea de “Il lato oscuro del cioccolato”, una delle proiezioni più attese della rassegna per la sua capacità di raccontare lo scandalo nascosto dietro il dolce più amato al mondo, ma che conserva un amarissimo retrogusto coloniale fatto di sfruttamento, negazione dei diritti e schiavitù infantile. È questa, infatti, la scioccante verità che emerge dal viaggio-inchiesta compiuto da Miki Mistrati, pluripremiato giornalista danese, che partendo dal Mali e giungendo fino in Costa d’Avorio ripercorre le rotte degli scambi attraverso i quali i bambini vengono ridotti in schiavitù ed obbligati a lavorare nelle piantagioni di cacao rischiando ogni tipo di incidente e spesso senza nessuna retribuzione. Il 2005, data di scadenza del protocollo che prevedeva l’accordo da parte delle principali compagnie di cacao per la totale abolizione dello sfruttamento infantile, è stato posticipato al 2008 e poi al 2010. Ma sono davvero cambiate le cose? Proverà a rispondere Mistrati che sarà intervistato da Pietro Raitano, direttore del mensile “Altraeconomia”. Per il momento sappiamo che la cioccolata non è sempre dolce per tutti e che dopo questo documentario-shock non sarà più la stessa per nessuno.
Ed è questo, responsabilizzare e modificare in meglio le nostre abitudini alimentari, l’intento di “Tutti nello stesso piatto”, perché come auspicato alla presentazione del festival da Paolo Facinelli presidente di Mandacarù, la cooperativa di commercio equo e solidale del Trentino che assieme a CTM Altromercato è tra i promotori della rassegna “Cambiare si può, anche andando al cinema”. Un esempio concreto? La pellicola “Un anno a impatto zero” che con la regia di Laura Gabbert e Justin Shein che proverà venerdì 25 novembre a suggerirci come si può vivere in una grande città, avere una coscienza ecologica e dormire sonni tranquilli. Niente più elettricità, macchina, tv, nessun nuovo acquisto, niente spazzatura, solo riciclo, cibo e cure naturali documentate in un anno di vita “ecologicamente corretta” dello scrittore newyorkese e ambientalista Colin Beavan. Missione impossibile? Sicuramente non semplice, ma almeno dal punto di vista alimentare, come racconta il festival, non occorre ancora spingersi a tanto per garantire al proprio piatto una maggior equità e sostenibilità.

Alessandro Graziadei

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