sabato 22 dicembre 2012

Russia: dopo 6 anni la prima (dubbia) condanna per l’uccisione di Anna Politkovskaja


Chi ha voluto la morte di Anna Politkovskaja è ancora un mistero, ma lo scorso 14 dicembre la giustizia russa ha dato un volto ad uno dei colpevoli dell’omicidio della giornalista della Novaja Gazeta assassinata nell’ascensore del suo palazzo il 7 ottobre del 2006 a Mosca. Si chiama Dmitrij Pavlyuchenkov è un ex poliziotto ed è stato giudicato colpevole per aver procurato l’arma del delitto e per aver pedinato la giornalista, famosa in tutto il mondo per i suoi reportage sugli orrori e gli abusi compiuti dalle truppe federali russe durante la guerra in Cecenia. Condannato a scontare 11 anni di detenzione in una colonia penale di massima sicurezza, la condanna di Pavlyuchenkov è il prologo ad un secondo processo previsto per il marzo del 2013 ad altri complici che insieme al condannato avrebbero pedinato e assassinato la Politkovskaya.
Ci sono, infatti, da giudicare altre cinque persone dell’ambiente ceceno, dove Anna Politkovskaja aveva indagato con passione ed ostinazione: Lom-Ali Gaitukayev è accusato di aver organizzato l’omicidio e di aver ingaggiato per eseguirlo tre suoi familiari insieme ad un altro ex funzionario del ministero degli interni Sergey Khadzhikurbanov. Quello previsto a marzo sarebbe il secondo procedimento nei loro confronti: il 19 febbraio 2009 gli imputati erano già stati assolti in primo grado, prima che il ricorso della pubblica accusa e della famiglia della giornalista facesse annullare il verdetto.
Per Amnesty Iternational la condanna nel processo all’assassino della Politkovskaya è uno sviluppo accolto con favore, ma i pubblici ministeri non dovranno fermarsi finché anche i mandanti non saranno consegnati alla giustizia. “Sebbene non possiamo non accogliere con favore il verdetto di oggi e i procedimenti giudiziari nei confronti degli assassini di Anna Politkovskaya lungamente attesi, questo caso non potrà mai veramente ritenersi chiuso finché a coloro che hanno ordinato il suo omicidio non sarà dato un nome e non saranno consegnati alla giustizia - ha affermato John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l'Europa e l’Asia centrale - per questo esortiamo i pubblici ministeri a continuare a portare alla luce la verità, indipendentemente da quanto possa essere politicamente scomodo”.
Ancora più critico è stato il comunicato stampa di Reporters Senza Frontiere a poche ore dalla sentenza. “Siamo indignati dal modo in cui questo processo si è svolto. Il risultato è deludente perché non è riuscito a rivelare tutta la verità - ha dichiarato il segretario generale di Reporters Senza Frontiere Christophe Deloire - Pavlyuchenkov ha manipolato il processo o il sistema giudiziario si è lasciato manipolare. Se è vero che una persona colpevole è stata punita, il verdetto non riflette il vero ruolo che questo ex agente di polizia ha giocato nell’omicidio Politkovskaya e molte domande chiave rimangono ancora senza risposta, compresa l’identità del mandante che Pavlyuchenkov aveva promesso di rivelare e il ruolo svolto dai suoi ex colleghi della polizia di Mosca. Ci auguriamo che le udienze di appello siano condotte in modo più soddisfacente, oppure il sistema giudiziario darà la netta impressione di coprire i responsabili”.
Anche per questo Il'ja e Vera Politkovskie, i figli di Anna, hanno preso la decisione di fare appello contro la sentenza: “Facciamo appello contro la sentenza del tribunale in quanto la parte lesa non è d’accordo con tale decisione. Come in precedenza insistiamo sul fatto che l’esame del caso Pavlyuchenkov, fatto a porte chiuse e secondo un procedimento speciale, a nostro parere non è legale in quanto questi non ha adempiuto ai propri obblighi concordati nell’accordo pre-processuale con gli organi inquirenti e non ha fatto i nomi dei mandanti e di altre persone coinvolte nell'omicidio di Anna Politkovskaja”, ha detto la rappresentante della parte lesa, l’avvocato Anna Stavickaja. “La parte lesa chiede inoltre al tribunale di infliggergli la pena più severa prevista dagli articoli del Codice Penale”.
Intanto Amnesty ha rinnovato la richiesta di migliorare la protezione per i giornalisti e i difensori dei diritti umani in Russia (non sempre tutelati) e la fine delle restrizioni alla libertà di espressione. “Dalla morte della Politkovskaya, i giornalisti e i difensori dei diritti umani hanno continuato a essere vittime di attacchi e minacce e sono stati uccisi impunemente. Recenti iniziative restrittive hanno incluso la re-criminalizzazione della diffamazione e l’introduzione di un disegno di legge da parte di un deputato che limiterebbe la copertura di informazioni nei media. Questo potrebbe rappresentare un principio di censura e di indebita restrizione del diritto di accesso alle informazioni”.  ”Ora l'abitudine deleteria del Governo russo di ridurre al silenzio coloro che dissentono o hanno opinioni critiche deve finire” ha aggiunto Dalhuisen.
Per Amnesty Anna Politkovskaja è stata una giornalista e una scrittrice fastidiosa per la Russia e per il suo presidente: profondo era il suo impegno a favore del rispetto dei diritti umani, più volte violati dai russi in Cecenia, tanto che già nel 2001 è stata costretta a fuggire a Vienna in seguito a ripetute minacce ricevute via mail da Sergei Lapin, un ufficiale da lei accusato di crimini contro la popolazione cecena, poi arrestato e condannato nel 2005.
A fine del 2005 durante una conferenza di Reporters Senza Frontiere a Vienna, Anna dichiarò che “Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano”. Alla giustizia russa spetta ora il compito di saldare questo debito “o sarà legittimo pensare che questo primo processo improvviso, senza testimoni e con la stampa per lo più esclusa mette in serio dubbio l'esistenza di una volontà di stabilire la verità e identificare tutti gli autori e i mandanti” ha concluso Deloire.
Alessandro Graziadei

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