sabato 26 aprile 2014

Italia: il giardino d’Europa (senza i giardinieri)

È partito lo scorso 8 aprile un appello del Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio rivolto al Presidente della Repubblica e alle autorità competenti per esortare il Parlamento e coloro che hanno funzioni decisionali a una riflessione profonda, trasparente e partecipata sui parchi e sulle altre aree protette, nel rispetto dei principi costituzionali richiamati nella legge quadro sulle aree protette n.394/91 che in questi giorni rischia di essere pesantemente stravolta. La legge è stata e continua ad essere uno strumento fondamentale nella conservazione del nostro patrimonio naturale. Approvata a novembre del 1991, quando in Italia c’erano solo i parchi nazionali d’Abruzzo, Circeo, Gran Paradiso e Stelvio, ha dato uno scossone alla tutela ambientale del Bel Paese, tanto che oggi l’Italia conta 24 parchi nazionali, 134 parchi regionali e quasi 30 aree marine protette. Con questa revisione è a rischio, per il Forum Nazionale, “non è solo l’immagine straordinaria dell’Italia nel mondo, ma soprattutto il significato del valore della natura nella vita di ciascuno di noi e la responsabilità che tutti abbiamo di trasmettere questo valore alle future generazioni”.
Come mai? Nelle scorse settimane la Commissione Territorio e Beni ambientali del Senato, ha esaminato le modifiche da apportare alla legge quadro, sulla base  di un testo unificato in cui sono confluiti tre disegni di legge presentati da senatori di gruppi diversi, modifiche che non convincono il mondo ambientalista. Nell’appello alle massime cariche dello stato il Forum Nazionale ha espressole forti preoccupazioni sia per le modalità con cui si sta sviluppando l’iter parlamentare sia per i contenuti del testo” visto che le modifiche “sono il risultato di una procedura di urgenza che di fatto ha impedito l’apertura  di un’approfondita riflessione in Parlamento e nel Paese e invece ha portato alla redazione affrettata di un testo unificato che contiene, sul piano formale, contraddizioni e gravi errori tecnici e istituzionali”.
Di fatto per molti ambientalisti, con il pretesto di normare le Aree marine protette, sburocratizzare le procedure e migliorare la “governance” dei parchi, si rischia invece l’occupazione sempre più incisiva delle lobby e degli interessi delle associazioni venatorie e di categoria. Alcune delle modifiche proposte, infatti, sembrano incidere sui principi fondamentali costituzionali alla base della legge 349 trasformando una visione delle aree protette come luoghi di conservazione dell’ambiente, di riscoperta del rapporto tra l’uomo e la natura, di sperimentazione di un modello alternativo di gestione del territorio, in una visione meramente economicistica dove i  parchi sono concepiti come aziende che devono essere produttive. “A tal fine - ha scritto il Forum - si giunge addirittura alla previsione di royalties da attribuire agli enti gestori anche nel caso di opere e impianti che incidono negativamente sull’ambiente, in clamorosa contraddizione con il concetto stesso di conservazione”. A giustificare il nuovo approccio del Governo la crisi finanziaria, che sembra nascondere in realtà la sottovalutazione dell’importanza anche economica della natura. In questo scenario, per il Forum, si inseriscono oramai da qualche tempo anche le designazioni dei componenti degli organi degli enti parco e in particolare dei presidenti: “non più scelti tra persone particolarmente qualificate per le attività in materia di conservazione della natura”, come prescrive la legge quadro, “ma nominati sulla base di istanze localistiche e partitiche, comunque demagogiche, che fanno perdere credibilità agli enti gestori e fiducia soprattutto nei cittadini che vivono nelle aree protette”. Per gli ambientalisti si tratta di un vero e proprio tradimento dei grandi ideali, voluti dai costituenti negli articoli 9 e 32 della Costituzione e dei successivi accordi internazionali (entrambi richiamati al comma 1 dell’art. 1 della legge quadro sulle aree protette). “I Parchi, ed in particolare quelli nazionali, - ha spiegato Domenico Nicoletti responsabile Comitato locale Cilento, Vallo di Diano e Alburni e docente di Gestione e salvaguardia delle aree protette dell’Università di Salerno -  hanno bisogno di competenze, con Consigli direttivi formati dal Presidente e da otto componenti, nominati con decreto del Ministro dell’ambiente, sentite le regioni interessate e scelti tra persone particolarmente qualificate per le attività in materia di conservazione della natura. Da quando questo disposto di legge è stato sistematicamente eluso la gestione dei Parchi ha perso ogni prospettiva di corretta attuazione della legge”.
Anche per Vittorio Cogliati Dezza presidente di Legambiente la proposta di modifica della legge quadro sui parchi non contiene tutte le innovazioni necessarie a rinnovare una legge che, a più di 20 anni dalla sua emanazione, necessita di essere rivista nonostante abbia dato ottimi risultati. “Abbiamo sempre sostenuto - ha proseguito Dezza - che una buona e necessaria manutenzione di questa legge si possa ottenere solo coinvolgendo tutti gli attori interessati e con una maggiore attenzione da parte della politica a una vicenda che rappresenta un’opportunità importante per lo sviluppo culturale e socio-economico del Paese”. Nel testo unificato proposto dalla Commissione Ambiente del Senato, Legambiente considera positive alcune modifiche alla legislazione sulla tutela delle aree marine protette e del mare, la promozione di azioni di sistema per la conservazione della biodiversità, la riduzione dei componenti dei consigli direttivi dei parchi, il reclutamento e la selezione della figura del direttore attraverso nuove procedure. Ma l’associazione del Cigno Verde ha segnalato anche che in molti articoli compaiono errori materiali e sono presenti proposte superate con formulazioni equivoche, che destano preoccupazioni e andrebbero corretti da subito. Una su tutte preoccupa anche Legambiente: “Nel testo proposto - ha aggiunto Cogliati Dezza - venga scritto in maniera chiara che i parchi non ricevono royalties, ma contributi per i servizi eco-sistemici forniti, e che tali contributi economici si riferiscono solo ad attività già esistenti nelle aree protette e in quelle contigue e non a nuove attività impattanti, come cave o impianti di qualsiasi natura, che nei parchi sono vietati” ha concluso Dezza.
Con queste premesse il rischio che corrono i parchi secondo Legambiente è quello di diventare, se non capaci di dare profitti, sempre più marginali. Ma rinchiudersi in una trincea -  ha aggiunto Nicoletti - non aiuta la biodiversità, non aiuta le aree protette, le mummifica, le riduce ad un brandello sopravvissuto, le rende tanto indispensabili quanto superflue, i luoghi dove qualcuno vorrebbe confinare i lupi, territori alieni dove imprigionare la vita diversa dall’uomo, che può visitare, per ricordarsi di come eravamo, non di come siamo o potremmo e dovremmo essere.  Un’idea che sarebbe la sconfitta dell’ambientalismo e del nuovo conservazionismo scientifico”. La legge quadro con lungimiranza aveva affrontato questa materia, valorizzando il nostro patrimonio naturale con figure di grande professionalità che oggi sembrano scomparse. Una riflessione ben fotografata dal Presidente dell’Intarnational Traditional Knowledge Institute (Itki) Pietro Laureano, secondo il quale “l’Italia è sempre stata considerata il Giardino d’Europa, solo che mancano i giardinieri” ha ricordato Nicoletti. Una riflessione che non dovrebbe mancare nella revisione della legge 394/91.
Alessandro Graziadei

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