domenica 27 aprile 2014

Guinea: l’emergenza ebola continua e servono risorse

L’incubatore dell’epidemia di Ebola che in questi ultimi due mesi ha interessato la Guinea sembra essere il pipistrello. Non accade spesso che le persone contraggano il virus dal contatto con animali della foresta infetti, ma una volta contagiate, si ammalano gravemente e possono trasmettere l’infezione ai loro familiari o agli operatori sanitari. La malattia ha un alto tasso di mortalità, non esistono cure specifiche né vaccini, per cui chi si ammala di Ebola molto spesso non sopravvive, soprattutto se sei nato in Guinea e non hai immediato e facile accesso ad ospedali di buon livello con adeguati sistemi di controllo delle infezioni. Non sempre però. Le possibilità di sopravvivenza per i pazienti aumentano se ricevono, anche in condizioni d’emergenza, cure adeguate contro la disidratazione e le infezioni secondarie. È successo a Rose, 18 anni, la prima paziente alla quale in questi giorni è stato permesso di lasciare il reparto medico di Medici Senza Frontiere  (Msf) a Guéckédou, nel sud-est del paese africano. Dopo oltre 10 giorni trascorsi nell’unità di isolamento ha potuto abbracciare l’infermiera che si è presa cura di lei e i suoi cari perché ora è guarita e non rappresenta un rischio per nessuno.
Con Rose sono stati dimessi altri pazienti che hanno sconfitto il virus, ma l’emergenza continua e gli ultimi dati ufficiali parlano di più di 100 decessi e 157 morti sospette tanto che Msf in prima linea nel contrastare la diffusione del virus sta costantemente rafforzando la propria azione. Per supportare l’emergenza l’ong ha lanciato una raccolta fondi, chiedendo l’aiuto di tutti nel fermare l’epidemia tramite il proprio Fondo Emergenze, che permette a Msf di avere sempre a disposizione le risorse necessarie per rispondere tempestivamente a un caso come questo. “Stiamo assistendo a un’epidemia di proporzioni mai viste prima in termini di distribuzione di casi: Gueckedou, Macenta Kissidougou, Nzerekore, e adesso Conakry, una diffusione geografica preoccupante, perché complicherà di molto il compito delle organizzazioni che lavorano per controllare l’epidemia in Guinea” ha dichiarato ad inizio mese Mariano Lugli, Coordinatore Progetto per Msf a Conakry.  Msf è intervenuta in Africa durante quasi tutte le epidemie di Ebola degli ultimi anni, ma ammette “erano molto più contenute geograficamente e riguardavano aree più remote”.
Per questo l’organizzazione ha deciso anche questa volta di scendere in campo fin dai primi giorni dell’emergenza, “inviando in Guinea già ad inizio aprile oltre 60 operatori internazionali e 40 tonnellate di materiale - ha detto Gabriele Eminente, direttore generale di Msf -. Stiamo ottenendo importanti risultati, ma l’emergenza continua e servono molte risorse. Per questo lanciamo un video-appello sul web ai nostri sostenitori e a tutti i cittadini, perché ci aiutino a fermare l’epidemia”. A diffondersi in Guinea è il ceppo Zaire del virus dell’Ebola: il più aggressivo e mortale. “Uccide più di 9 pazienti su 10 - ha spiegato Michel Van Herp, epidemiologo di Msf attualmente a Guekedou – e per fermare l’epidemia è importante tracciare la catena di trasmissione. Tutti i contatti dei pazienti che potrebbero essere stati contagiati dovrebbero essere monitorati e isolati al primo segno dell’infezione”.
In poco più di due settimane Msf ha avviato progetti in diverse località della Guinea e nella vicina Liberia, per fornire trattamenti di supporto ai malati e limitare, per il momento con successo, la diffusione del contagio. A Conakry l’equipe di Medici Senza Frontiere ha ampliato il proprio centro per il trattamento dell’ebola da 10 a 30 posti letto e ha inviato le proprie équipe presso le comunità per individuare i contatti dei pazienti affetti e tracciare la diffusione del virus. “L’Ebola non è come l’influenza. Non puoi ammalarti sedendo accanto a una persona malata sull’autobus - ha raccontato l’epidemiologa di Msf Kamiliny Kalahne - Le persone si ammalano perché hanno accudito un familiare o un paziente malato che aveva diarrea, vomito ed emorragie. E l’epidemia può diffondersi negli ospedali quando manca un adeguato controllo delle infezioni: negli ospedali di alcuni paesi mancano perfino le risorse di base, ma bastano acqua corrente, sapone e guanti per ridurre il livello di trasmissione del virus”.
Proprio per contenere il contagio a Guéckédou Msf ha realizzato un’unità di isolamento e ha inviato forniture mediche, materiali e specialisti per formare il personale sanitario locale e migliorare la piccola unità di isolamento realizzata dal Ministero della Salute della Liberia. A Macenta le attività dei Medici sono invece state sospese a seguito di un incidente: “spinti dalla paura, come spesso accade nel corso di epidemie - ha spiegato l’ong - gli abitanti del posto hanno tirato sassi ai veicoli e alle strutture di Msf, nell’errata convinzione che la presenza degli operatori fosse responsabile della diffusione del contagio. I due pazienti che erano in isolamento sono stati affidati a un medico del Ministero della Salute formato da Msf, mentre le nostre équipe continuano il lavoro con le comunità per fornire le corrette informazioni sulla malattia e stanno facendo il possibile per riprendere quanto prima le attività”.
Avere adeguate strutture d’isolamento sembra al momento il rimedio fondamentale. Se non esistono, infatti, medicine specifiche, nei reparti d’isolamento è possibile garantire ai pazienti idratazione e rimedi contro il dolore. Questo li aiuta a combattere l’infezione ed evitare il rischio che altri vengano infettati.  Al momento i media non si sono eccessivamente preoccupati dell’epidemia fino ai primi allarmistici titoli dei media di questi giorni: “l’Ebola sbarca con gli immigrati”. Ma esiste il rischio che il virus si diffonda in Europa o in altri paesi sviluppati?Sarebbe bene che anche l’Italia iniziasse ad attivare misure di attenzione negli aeroporti e nei centri di prima accoglienza” è l’appello dei microbiologi italiani dell’Amcli, che ricordano come il codice rosso sia già scattato negli aeroporti europei di Parigi, Bruxelles, Madrid, Francoforte e Lisbona, i principali scali dei voli provenienti dall’Africa, ma non in Italia a Lampedusa o a Siracusa. L’Italia non ha tuttavia voli diretti con le capitali dei Paesi attualmente coinvolti dall’epidemia e come ha ricordato la Kalahne "l’Ebola non si è mai diffusa in un Paese sviluppato. Questo avviene perché generalmente le persone trasmettono l’infezione quando sono molto malate, hanno la febbre alta e tanti altri sintomi e in queste condizioni non sono in grado di viaggiare. E anche qualora sviluppassero la malattia una volta arrivati in un paese sviluppato, sarebbero assistiti in ospedali con sistemi di controllo delle infezioni che renderebbero impossibile il contagio”. Per il momento all’Europa si chiede solo di limitare gli allarmismi e di rinnovare il sostegno medico ed economico. Altre Rose attendono di essere dimesse!
Alessandro Graziadei

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