La notizia è una di quelle che non dispiace sentire: l’ultimo report ufficiale dell’Agenzia europea per l’ambiente (Aea) trasmesso alle Nazioni Unite la scorsa settimana, mostra che le emissioni di gas serra dell’Unione europea (Ue) nel 2012 sono diminuite del 1,3%, raggiungendo il livello più basso mai registrato, un risultato in gran parte attribuibile alle minori emissioni dei trasporti e dell’industria, ma anche alle nuove regole e alle politiche innovative che hanno favorito la forte crescita di energie rinnovabili e i miglioramenti dell’efficienza energetica. In generale si legge sull’Annual European Union greenhouse gas inventory 1990 - 2012 and inventory report 2014 (.pdf) dal 1990 le emissioni di gas serra nell’Unione europea sono calate di 1.082 megatonnellate (più delle emissioni del 2012 di Italia e Gran Bretagna messe insieme), un risultato che pone l’Unione con grande anticipo molto vicina al raggiungimento dell’obiettivo fissato nel Pacchetto Clima ed energia per il 2020, l’insieme delle misure pensate dalla UE per il periodo successivo al termine del Protocollo di Kyoto e che prevede un 20 % di riduzione rispetto al 1990.
E l’Italia che contributo ha dato? Significativo a quanto pare, anzi il più significativo, infatti, ha sottolineato l’Aea, “la sola Italia ha contabilizzato il 45% della totale riduzione netta dell’Ue nelle emissioni 2012”, un fenomeno, ha valutato l’agenzia ambientale dell’Ue, ”largamente dovuto a minori emissioni nei settori dei trasporti e dell’industria” al pari forse della devastante crisi industriale ed economica del nostro Paese. La seconda maggior riduzione dei gas serra in ambito Ue è stata della Polonia, “principalmente dovuta a una riduzione nel consumo di combustibili solidi”, come carbone e lignite, mentre nel 2012 sia il Regno Unito del fracking e del shale gas che la Germania lentamente denuclearizzata hanno aumentato le loro emissioni a causa di un aumentato ricorso ai combustibili solidi. Dati che confermano, a dire il vero, la marcia a diverse velocità dell’Europa: dove la crisi ha colpito di più, cioè da noi, le emissioni sono diminuite.
Eppure per l’Aea “Le variazioni del Pil, per esempio la crescita o la recessione, possono spiegare solo fino a un terzo della variazione delle emissioni totali di gas serra a partire dal 1990”. Quindi anche se il Pil è un fattore significativo dietro variazioni delle emissioni di gas serra su base annua, Pil ed emissioni di gas serra mostrano per l’Agenzia un assoluto “disaccoppiamento”: “Mentre il Pil è aumentato del 45% dal 1990, le emissioni sono diminuite del 19%”, dimezzando il volume delle emissioni prodotte per ogni euro di Pil (la così detta “intensità di emissione”). Inoltre “le emissioni pro-capite di gas serra nell’Ue sono diminuite di quasi un quarto dal 1990, scendendo dalle 12 alle 9 tonnellate”. Per Hans Bruyninckx, Direttore esecutivo dell’Aea, questa lettura dei dati conferma che: “L’Unione europea ha dimostrato che non c’è conflitto tra un’economia in crescita e la riduzione delle emissioni di gas serra. Le politiche adottate sono state il cuore di questo successo. Adesso dobbiamo andare ancora oltre, ma questo dipenderà da come gli stati metteranno in atto le politiche che già mostrano la strada per una società a basso tenore di carbonio e sicura dal punto di vista energetico”.
Fatta quindi, tagliare le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020 non è impossibile senza decrescere come ritenevano gli ecoscettici? Non proprio. Altri fattori e politiche hanno svolto un ruolo almeno altrettanto importante nella riduzione delle emissioni ed è ancora molta la strada da fare. Erik Gerritsen, del Wwf, ha sottolineato che “La coerenza è ancora una grande sfida per la politica europea odierna e la serie completa di indicatori può contribuire a colmare il gap nei confronti di politiche ecologiche più realistiche e integrate”. Dello stesso avviso anche Ariadna Rodrigo, di Friends of the Earth Europe, che ha ricordato come “Senza indicatori ambientali e sociali solidi e trasparenti basati su prove, i decision makers sono ciechi di fronte al vero impatto delle loro decisioni”, anche perché il rapporto 2013 La qualità dell'aria in Europa, che rappresenta il contributo sempre dell’Aea al riesame della politica per la qualità dell’aria effettuato dalla Commissione europea, solo qualche mese fa ci ricordava che “Circa il 90 % delle persone che vive nelle città dell'Unione europea è ancora esposto a livelli di inquinanti atmosferici ritenuti nocivi per la salute dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)”. Nonostante la riduzione delle emissioni di gas serra e delle concentrazioni di alcuni inquinanti in atmosfera osservata negli ultimi decenni, il rapporto dimostra che il problema dell’inquinamento atmosferico in Europa è lungi dall’essere risolto. In particolare due sostanze, il particolato e l’ozono troposferico, “continuano a causare problemi respiratori, malattie cardiovascolari e una minore aspettativa di vita” e sempre “Nuovi dati scientifici indicano che la salute umana può essere compromessa da concentrazioni di sostanze inquinanti inferiori a quanto si pensava in passato”.
Per gli ambientalisti, tuttavia, bisogna perseverare. Sono molte le storie di successo nella riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici, ad esempio, le emissioni di diossido di zolfo (SO2) delle centrali elettriche, dell'industria e del trasporto o la progressiva eliminazione del piombo dalla benzina (inquinante ritenuto responsabile di problemi dello sviluppo neurologico) che ha determinato una riduzione delle concentrazioni di piombo in atmosfera. Ora tocca ai gas serra e per il momento non c’è che sperare che questo trend di diminuzione continui, come sembra, anche nel 2013, almeno sulla base dei dati provenienti dal Sistema europeo di scambio di quote di emissione e delle prime stime fornite da Eurostat. In autunno Aea e la Direzione Generale Clima della Commissione europea pubblicheranno le stime ufficiali per il 2013, intanto è necessario vigilare e continuare ad introdurre nuove misure volte soprattutto alla tutela della salute, ancor prima che del Pil.
Alessandro Graziadei
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