sabato 21 giugno 2014

Mondiali di calcio: quando anche la mascotte è a rischio estinzione

Mentre il Mondiale di calcio ricade in queste settimane e probabilmente negli anni a venire su buona parte dei brasiliani, con i suoi pesanti costi economici e sociali oltre ad un gravoso carico di violazioni dei diritti umani monitorate e segnalate quotidianamente dai Comitês Populares da Copa (i movimenti sociali della società civile che da tre anni si sono organizzati nelle città sede dei Mondiali), un altro “abitante” del Brasile sembra essere abilmente sfruttato dal “Dio pallone” senza avere, al momento, nulla in cambio. Si tratta dell’armadillo brasiliano a tre fasce, meglio conosciuto come “Tatu-Bola, Bolito o Apar” e scelto come mascotte del Mondiale di calcio 2014, una specie in via di estinzione.
Questi armadilli quando si sentono minacciati da un pericolo si chiudono fino a sembrare una piccola palla impossibile da aprire. Per questo, ri-vestito con i colori della bandiera brasiliana e ribattezzato Fuleco dall’unione delle parole portoghesi Futebol (calcio) ed ecologia (ecologia), il “Bolito” è diventato l’icona dell’evento sportivo dell’anno e suo malgrado è finito la scorsa settimana, proprio nel giorno dell’esordio mondiale del Brasile, nella lista rossa dell’International Union for Conservation of Nature (Iucn) che raccoglie alcune delle principali specie animali e vegetali in serio pericolo di estinzione. Una singolare coincidenza che ha forse favorito un’eccezione nel linguaggio strettamente scientifico dell’Iucn, che nel suo comunicato riferisce la recente rivalutazione dello status  “della mascotte della Coppa del Mondo: l’Armadillo brasiliano trifasciato (Tolypeutes tricinctus)” segnalando come negli ultimi 10 - 15 anni questa particolare  specie brasiliana “abbia perso più di un terzo della sua popolazione selvatica”.
Considerato estinto già prima della riscoperta, avvenuta nel 1988, il futuro del vero Bolito appare molto meno vittorioso di quello di Fuleco a causa della continua deforestazione che priva l’animale della Caatinga, la foresta di cespugli e spine che si estende per circa 800mila kmq nel nord est del Brasile e che oggi registra una perdita del 50% della sua estensione originaria. Si tratta di un particolarissimo habitat caratterizzato da un periodo limitato di piogge in autunno e che si trova, proprio come l’Armadillo a tre fasce, solo in Brasile. Per il restante periodo dell’anno, le foglie sono assenti oppure secche e per questo viene denominato anche “foresta grigia”. Buona parte di questo ambiente è stato ormai degradato o distrutto e sta scomparendo in pressoché assoluto silenzio, visto che si tratta di un'area meno ricca e nota, rispetto alla più famosa foresta amazzonica presidiata e tutelata da molte ong internazionali. Eppure i problemi sono gli stessi: la produzione di legna da ardere, le piantagioni di biocarburanti e gli allevamenti di bestiame sono dinamiche che hanno un impatto devastante anche sulla Caatinga e di conseguenza sul piccolo Bolito  (è lungo circa 25 centimetri) che si nutre di formiche, termiti, larve e ragni che trova tra la spoglia, ma pur sempre essenziale, vegetazione.
Nella speranza di dare una maggiore visibilità alla specie e facilitare la protezione del suo ecosistema è stata una ong dello stato nordestino del Cearà, l’omonima associazione Caatinga, a proporre con successo alla Fifa l’adozione dell’animale come mascotte della manifestazione: una mossa  per chiedere alla Federazione internazionale e al Governo del Brasile un impegno concreto per salvare l’animale e il suo habitat, ma che per il momento non sembra avere ricadute.  Rodrigo Castro, presidente dell’associazione Caatinga, ha, infatti, sottolineato come la Fifa abbia permesso di vendere “un milione di peluche con l’immagine di Fuleco prodotti in Cina senza che un solo centesimo venisse devoluto per proteggere l’animale e il suo habitat”.  Se è indubbiamente vero, come la Fifa ha dichiarato, che la scelta di Fuleco, per i mondiali brasiliani, “ha già aumentato la consapevolezza attorno all’Apar con la sua recente classificazione fra le specie vulnerabili dell’Iucn” gli scienziati brasiliani hanno chiesto al presidente della Fifa Sepp Blatter e al presidente brasiliano Dilma Roussef di fare di più e di proteggere 1.000 ettari (10 kmq) di foresta Caatinga per ogni gol segnato durante il torneo. “Vogliamo che la scelta dell’armadillo tre fasce come mascotte non sia solo simbolica, ma contribuisca alla sua conservazione e a quella dell’ambiente naturale in cui vive”, ha dichiarato José Alves Siqueira, Professore di Scienze Biologiche presso l'Università Federale della Valle São Francisco de Bahia, aggiungendo che “con un’azione coraggiosa, la Fifa e il Governo brasiliano potrebbero togliere per sempre l’armadillo brasiliano dalla lista rossa dell’Iucn e nel contempo proteggere migliaia di ettari di un habitat unico nel suo genere”.
Per il momento l’associazione Caatinga rimane possibilista e fa sapere che “Bisogna sperare che i mondiali brasiliani, pur tra le mille legittime polemiche che li stanno caratterizzando, contribuiscano almeno a risollevare le sorti di questo animale e del suo ambiente, così tanto esclusivo quanto minacciato”. “Siamo sicuri - ha aggiunto Mariella Superina dell’Iucn - del fatto che coinvolgere una specie minacciata in un evento così importante, non solo può lanciare progetti di conservazione per salvare l’armadillo brasiliano a tre fasce dall’estinzione, ma può anche aiutare ad aumentare l’informazione sulla conservazione della biodiversità in generale”.  Speriamo. Tuttavia, la grande pubblicità della Coppa del Mondo potrebbe anche portare le persone a volere adottare i simpatici mammiferi come animali da compagnia, mettendo ulteriormente sotto pressione una specie già a rischio estinzione. “La situazione potrebbe anche essere peggiore di quanto pensiamo - ha concluso la Superina - La specie è, infatti, molto facile da catturare e le persone li vedono come degli animali simpatici perché si arrotolano come una palla” anche se il Bolito non è e non potrà mai essere un animale con caratteristiche domestiche.
Alessandro Graziadei

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