domenica 22 febbraio 2015

Myanmar: sarà riforma democratica dell’istruzione?

Erano in marcia dall’inizio dell’anno e assicurano “lo saremo sino all’approvazione finale”. Sono i gruppi di liceali e di universitari birmani, scesi nelle strade per chiedere delle modifiche alla controversa Legge di riforma dell’istruzione che per gli studenti "viola la libertà accademica e non rispetta i diritti di tutti i cittadini". Dopo settimane di proteste il Governo birmano mercoledì scorso si è visto così costretto ad aprire un dialogo e trovare un accordo con i rappresentanti degli studenti, dopo giorni di tensioni e una lunga maratona di negoziati, mentre nel Paese cresceva il sostegno popolare verso gli studenti anche da parte di molti settori della cultura e della religione (tra i quali diversi leader buddisti). 

Fra le richieste avanzate dagli studenti per tentare di riformare questo National Education Bill c’è l’innalzamento dell’istruzione obbligatoria e gratuita alle scuole medie, una maggiore autonomia di licei, accademie ed atenei, l’introduzione di dialetti e lingue delle minoranze etniche nei programmi, maggiori fondi per la scuola e la possibilità di formare sindacati autonomi di studenti e insegnati.  L’esecutivo per il momento sembra aver accettato le richieste degli studenti consentendo l’aumento fino al 20% del budget statale per la scuola entro i prossimi cinque anni, oltre al reintegro dei giovani espulsi per aver promosso le proteste. Tuttavia, questa prima bozza di accordo deve passare al vaglio del Parlamento nella seduta del 15 marzo.

Anche se e il via libera parziale o totale a questa bozza di accordo non sembra così scontato Phyo Phyo Aung, una delle rappresentanti studentesche presente all’incontro, si è detta “soddisfatta del negoziato”, ma non nasconde il timore che “alcuni dei punti raggiunti oggi possano essere respinti dal Parlamento” e conferma che le marcie degli studenti continueranno in attesa di capire quali saranno le reali intenzioni del Governo.  Thein Lwin, membro del National Network for Educational Reform (Nner), uno dei gruppi presenti ai colloqui insieme ai rappresentanti di studenti e parlamentari dell’opposizione, ha parlato di “un passo importante nel solco di una riforma democratica dell'istruzione”. L’aspetto più interessante ha aggiunto è “la possibile presenza di studenti e insegnanti nella stesura definitiva della futura legge sull’istruzione scolastica”. 

Per Cecilia Brighi, segretario generale dell’Associazione “Italia-Birmania insieme” sentita da Radio vaticana “La più grande preoccupazione degli studenti contenuta nella proposta di legge del Governo, a mio avviso, riguarda l’istituzione di una Commissione nazionale per l’educazione. I ragazzi ritengono che questa Commissione abbia lo scopo di controllare i sistemi educativi delle singole scuole e vogliono una maggiore autonomia”. Gli studenti sono chiaramente preoccupati del fatto “che ci possa essere un controllo e una gestione molto verticistica delle attività nelle scuole e nelle università”. Un tempo il sistema educativo del Myanmar era considerato fra i migliori di tutta l’Asia. Decenni di dittatura militare e lo stretto controllo su licei e università (molte delle università sono state chiuse e l’Università Rangoon ha riaperto solo lo scorso anno) hanno determinato un’involuzione che pesa ancora oggi sulla qualità e sulla libertà dell’insegnamento. Ma non solo. 

Dal 2011 con la fine della dittatura militare e la formazione di un governo semi-civile guidato dal presidente Thein Sein (un ex generale della giunta militare) il Myanmar si è impegnato in una serie di riforme politiche e istituzionali in chiave democratica. Tuttavia questo processo di cambiamento ha subito un brusco rallentamento e ancora oggi la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi non può concorrere alla carica di presidente. La Costituzione del 2008, scritta dalla giunta militare, impedisce ad Aung in quanto sposata con uno straniero di candidarsi a presidente. Il parlamento birmano discuterà a breve il disegno di legge con le proposte di modifica della Costituzione, in particolare la sezione che riguarda questo aspetto specifico, “ma è tutt’altro che scontato che passino, perché il parlamento è composto per il 25% da militari nominati ed appartenenti all’ex partito della giunta” ha spiegato la Brighi. Se è vero poi che i nuovi emendamenti alla costituzione saranno soggetti a un referendum, questo avrà luogo solo dopo le elezioni.

Com’è facile immaginare, come nella politica, anche nel mondo dell’istruzione c’è l’urgente necessità di riconquistare degli spazi democratici e di partecipazione tanto che la minaccia lanciata dagli studenti di estendere a tutta la nazione le proteste è stata immediatamente presa sul serio dalle autorità birmane, che hanno tentato di ridimensionarla accusando gli studenti “di essere manipolati da agenti esterni” (non specificati), con il solo scopo di fomentare “l’instabilità nel Paese”. Accuse respinte al mittente dai giovani, che rivendicano la loro libera battaglia per una migliore istruzione in Myanmar e si dicono pronti alla mobilitazione per una nuova ondata di proteste se la riforma non dovesse passare al vaglio del Parlamento nella seduta del prossimo 15 marzo. A fianco degli studenti si sono schierate in queste settimane anche decine di organizzazioni e di personalità del mondo della cultura e della società civile, che sostengono la battaglia per una vera riforma nel settore dell’istruzione e con essa del Paese. 

Alessandro Graziadei

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