I barbagianni sono fra i rapaci più diffusi al mondo. Presenti ovunque tranne che in Antartide, sono riconoscibilissimi per quel loro singolare disco facciale a forma di cuore e per il piumaggio chiaro che caratterizza anche la specie più diffusa in Europa, il Tyto alba. Questi candidi rapaci, forse per via del verso misterioso o proprio per quel piumaggio bianco che li rende “spettrali”, per secoli hanno goduto di una cattiva fama, tanto che molte popolazioni europee li hanno a lungo considerati portatori di sventure o addirittura veri e propri fantasmi. Anche se nell’italiano di uso comune il nome “barbagianni” ha un significato metaforico poco lusinghiero (per la Treccani “uomo sciocco e brontolone”, sinonimo di “vecchio barbogio”), questi paffuti rapaci, comuni anche in Trentino, sono animali notturni estremamente affascinanti con un ruolo fondamentale in agricoltura grazie alla loro abilità nel cacciare le arvicole.
Ma il colore “spettarle” dei barbagianni non è solo tre le cause della loro non sempre felice reputazione. Lo studio “Differential fitness effects of moonlight on plumage colour morphs in barn owls” pubblicato questo mese su Nature Ecology & Evolution da un team di ricercati svizzeri, svedesi e sudafricani guidato da Luis Martín San José García e Alexandre Roulin dell’Département d’écologie et évolution della Faculté de biologie et de médecine dell’Université de Lausanne, ha dimostrato come il ciclo lunare, in particolare la variazione di luminosità, influenzi il successo di caccia e riproduttivo dei barbagianni a seconda del colore del loro piumaggio. Lo studio, che ha analizzato i dati raccolti sul campo negli ultimi 25 anni nella regione Morat-Lausanne-Yverdon ha scoperto che i barbagianni con la livrea più chiara e quindi più visibile catturano più arvicole con la luna piena. Come mai? Esperimenti comportamentali condotti in laboratorio con barbagianni impagliati dimostrano che quelli bianchi, grazie al riflesso della luce sul loro piumaggio, “congelano” le arvicole, un effetto che è risultato esacerbato in caso di luna piena simulata.
Di fatto i roditori restano immobili, come se fossero paralizzati, il doppio del tempo, perché “I barbagianni sfruttano l’avversione naturale delle arvicole alla luce per catturarle meglio. Un caso unico nel regno animale” ha spiegato Roulin. Ma la luminosità delle piume non influisce solo sul comportamento dei barbagianni nella ricerca del cibo, svolge un ruolo importante anche nella loro riproduzione. Secondo i dati statistici emersi dalla ricerca “Il momento in cui una femmina inizia la deposizione delle uova dipende dal ciclo lunare e dal colore del padre. Se quest’ultimo è bianco, il primo uovo viene deposto durante una notte in cui è acceso più del 50% dell’astro. Se il padre è fulvo, è il contrario. Pertanto, il momento in cui i giovani avranno bisogno del massimo da mangiare (due settimane di vita) coincide con una stagione di caccia prospera per il padre, incaricato di nutrire la famiglia: luna piena se è bianco, luna nuova se è fulvo”.
Insomma “Madre Narura” non lascia nulla al caso, anche quando sembra aver sbagliato il colore di qualche sua creatura. A differenza nostra… La ricerca, infatti, mette in guardia sui possibili effetti negativi dell’inquinamento luminoso dovuto all’attività umana sugli uccelli notturni. Per i ricercatori è chiaro che “non tutti gli uccelli notturni hanno le caratteristiche dei barbagianni e la crescente luminosità prodotta dall’attività umana potrebbe interferire con le dinamiche alimentari e riproduttive legate alla colorazione delle specie che vivono di notte”.
Alessandro Graziadei
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