sabato 1 ottobre 2011

Giornata dei vegetariani: per amore o per necessità?

Vegetariani di tutto il mondo unitevi! Sì, perché oggi, 1 ottobre, si festeggia ovunque la vostra giornata mondiale e più in generale la settimana del “vegetarismo”. In realtà di feste come questa ce ne sono diverse nel corso dell’anno, (si è appena conclusa la settimana per l’abolizione della carne), ma quella di oggi in particolare, che inaugura un’intera settimana di eventi vegetariani, è stata ideata per la prima volta nel 1977 dalla North American Vegetarian Society (Associazione Vegetariana del Nord America) e approvata in seguito anche dalla International Vegetarian Union (Unione Internazionale dei Vegetariani) diventando l’evento ufficiale per promuovere i principi alla base del vegetarismo, come etica, ambiente e salute, e per legittimare la dieta vegetariana come l'unica veramente sostenibile attraverso eventi informativi in varie città d'Italia e del mondo.
Un fenomeno, quello del "vegetarismo", che non riguarda più solo una nicchia di persone. Secondo il rapporto Eurispes 2011 sono circa 5 milioni gli italiani vegetariani e lo 0,4% ha optato per una decisione ancor più drastica, escludendo dalla dieta anche latte e uova. Questa la fotografia del fenomeno illustrata da Leonardo Pinelli, vicepresidente della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, alla vigilia della Giornata Mondiale dei vegetariani che ormai da anni vedono riconosciuta la loro dieta come idonea, per quanto riguarda l'apporto di tutte le sostanze nutrienti necessarie, "anche alla crescita dei bambini”, ha precisato Pinelli.
Ma quali saranno i temi al centro della giornata di oggi e della prossima settimana? Per chi si muove fuori dal movimento vegetariano, anche se spesso con le migliori intenzioni, la scelta dell’alimentazione “verde” sembra per lo più una scelta di buon cuore, dettata da “compassionevoli” sensi di colpa verso le creature del mondo animale. In realtà quella vegetariana è oggi una scelta nella quale l’etica è solo una delle componenti di un ragionamento attento non solo “all’amore per il regno animale”, ma sempre più alla necessità di preservare l’ambiente anche dei carnivori.
Molte saranno, infatti, le iniziative legate al cibo e all’ambiente coordinate in Italia dal network animalista AgireOra, perché se si può dire che tutti, o quasi, ad oggi abbiano capito che occorre fare attenzione ai nostri consumi con l’implementazione delle fonti rinnovabili, della riduzione degli sprechi e dei comportamenti virtuosi, non molti sanno che tra i responsabili del surriscaldamento del pianeta c’è una voce che sembra essere ancor oggi un tabù: il mercato della carne. Questo settore dell’industria rappresenta nientemeno che la seconda voce in graduatoria "incidendo con il 18% delle emissioni totali mondiali di CO2" (rapporto FAO Livestock’s long shadow 2007). In realtà secondo uno studio del 2009 di Robert Goodland e Jeff Anhang realizzato per il World Watch Institute, che conteggia variabili aggiuntive attribuite invece dal rapporto FAO ad altri settori produttivi e che prende in considerazione l’intera filiera della produzione, la quota potrebbe arrivare addirittura al 40 - 50%. 
Per l’Associazione Vegetariana Animalista “Armando d’Elia”, una tra le più importanti in Italia e affiliata all’European Vegetarian Union (EVU), è ormai evidente che “il consumo di carne è responsabile di quasi la metà delle emissioni totali di CO2 del pianeta. Ciononostante nessuno di coloro che dicono di battersi per il clima ha mai fatto niente per ridurre un commercio che, solo negli Stati Uniti, è di 125 kg per persona ogni anno [...] e nemmeno uno dei leader mondiali ha mai anche solo accennato al consumo di carne come causa dei cambiamenti climatici, compresi il presidente Obama e Al Gore”.
Se dati alla mano possiamo dire che l'impatto ambientale di un onnivoro sia equivalente a quello di 7 vegetariani e di circa 20 vegani, “allora possiamo anche dire, senza temere smentite, che allevamenti, mattatoi, colture e quindi terreni dedicati esclusivamente a nutrire il bestiame sono responsabili del consumo di un enorme, spaventoso quantitativo di energia, e dei relativi gas serra associati”, come, oltre alla CO2, il metano, “con un potenziale inquinante 21 volte maggiore della CO2”. Per non parlare poi della quantità d’acqua risparmiata: "con ogni kg di carne mangiato ne buttiamo dai 15.000 litri ai 50.000 litri! Sapere che invece la produzione di un kg di frumento richiede appena 200 litri di acqua e altri tipi di vegetali arrivano al massimo a 1.000 litri/kg deve quanto meno far riflettere” ha concluso l’ufficio stampa dell’Armando d’Elia.
La perplessità è chiara e condivisibile: possibile che alla luce di questi dati, dopo tanti summit e strategie di intervento per salvare clima ed ambiente ci si fermi di fronte alla necessità di rinunciare alla bistecca, o per lo meno di ridurne il consumo? “Come a dire - ha più volte affermato provocatoriamente in questi anni l’americana The Humane Society of the United States, dal 1954 una delle più grandi associazioni animaliste a stelle e strisce - che dobbiamo fare il possibile per salvare il nostro ecosistema, l’unico che abbiamo, minacciato e saccheggiato da un mercato senza scrupoli e da politiche miopi che mirano solo al profitto, ma se per farlo dobbiamo anche rinunciare alla bistecca... allora no, lasciamo perdere, meglio autodistruggersi!”
Ecco perché la Giornata e la settimana dei vegetariani è l’occasione per denunciare un ambientalismo che troppe volte ha chiuso gli occhi su un tema cruciale, arrivando al paradosso di raccomandare i più minuziosi accorgimenti quotidiani, come per esempio mettere la tv in stand by (che porta ad un risparmio di appena 5-7 Kg di CO2 annui) e invece ignorare il consumo di carne di ognuno.
 “L’eliminazione della carne dal nostro piatto o una sua sensibile riduzione, infatti, - fa sapere l’Associazione Vegetariani Italiani (AVI) - risparmierebbe l’immissione in atmosfera di circa 2.000 kg di CO2 procapite in un anno, un valore uguale se non addirittura superiore a quello ottenibile rinunciando completamente all’uso dell’automobile”.
Jeremy Rifkin, economista di fama mondiale e presidente del Foundation on Economic Trends nel suo libro “Ecocidio” denunciava questo stato di cose ancora nel 2001. Chiare le sue parole: Ciò di cui nessuno si rende conto è che l'agricoltura e in particolare il settore delle carni bovine incide sul riscaldamento globale più di tutti i mezzi di trasporto del mondo messi insieme. Nonostante l’eco mondiale che ebbe questo suo lavoro e gli studi pubblicati da autorevoli riviste e istituti di ricerca che avvalorano, con nuovi dati e statistiche sull’impatto degli allevamenti, le posizioni di Rifkin, vi è un’inspiegabile ostinazione a non voler denunciare, da parte delle autorità preposte, i danni provocati al nostro pianeta dal consumo di carne ritenuto smodato, quando non pericoloso anche da numerose ed autorevoli fonti mediche.
È evidente che per una buona parte della popolazione i cui percorsi quotidiani sono, per lo meno allo stato attuale dei servizi pubblici, assolutamente dipendenti dall’automobile, orientarsi verso una graduale riduzione delle proteine animali è senz’altro più percorribile, semplice e immediato e presenta anche indiscutibili vantaggi per l’aria che respiriamo e per la salute, perché come ricorda spesso l’oncologo Umberto Veronesi: “un’alimentazione sana, mai eccessiva, ricca di verdura e frutta e con pochissima o meglio senza carne, non solo diminuisce il rischio di ammalarci, ma ci protegge da molti tipi di tumore. Il 30% dei tumori sono dovuti a un dieta troppo ricca di grassi saturi; alcuni, come il cancro del colon, sono direttamente correlati al consumo eccessivo di carne”.
Anche di salute quindi, oltre che di ambiente e di scelte etiche si parlerà durante questa settimana in molte città italiane, per ricordare ai molti che ancora pensano all’alimentazione verde come solo ad una scelta di cuore, “che questa in realtà - ancora utilizzando le parole di Veronesi - da libera scelta si sta trasformando in una necessità” che ci riguarda tutti.
Alessandro Graziadei

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