Per ricordare le vittime del lavoro, con la tragedia di Barletta ancora negli occhi, l’Associazione nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro (Anmil) che da quasi 70 anni, si occupa della tutela delle vittime del lavoro e raccoglie oltre 450.000 iscritti, celebra oggi in tutta Italia la 61ª Giornata Nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con i Patrocini del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Segretariato Sociale Rai. La celebrazione principale quest’anno si svolgerà a Roma presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio, dalle ore 10.00 e vedrà protagonisti il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maurizio Sacconi, il Presidente dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail) Fabio Marco Sartori, il Presidente del Comitato Tecnico Sicurezza di Confindustria Salomone Gattegno, il Presidente della Commissione Morti Bianche Oreste Tofani, il Senatore Luigi Lusi, il Segretario Confederale dell’Unione Italiana del Lavoro (Uil) Paolo Carcassi e le massime cariche istituzionali, sindacali e datoriali.
La giornata vuole essere per l’Anlil un momento di incontro tra le forze vitali della società, per non dimenticare che negli ultimi cinque anni, in Italia, si sono verificati oltre cinque milioni di infortuni sul lavoro che hanno provocato quasi 200.000 invalidità permanenti e oltre 7.000 morti, e per sottolineare una volta di più che uno Stato civile non può permettersi queste cifre. I dati dell'Inail sugli infortuni e i morti sul lavoro nel primo semestre del 2011 sono però confortanti e danno un chiaro segnale di speranza confermando un trend ormai decrescente da dieci anni. Per il presidente dell'Istituto Nazionale, Marco Fabio Sartori, dai primi dati provvisori diffusi lo scorso 29 settembre, emerge “una prima valutazione sull'andamento dell'anno che sembra consolidare il miglioramento di un anno storico come il 2010, estremamente importante perché, per la prima volta, finalmente si scendeva sotto la soglia dei mille morti l'anno”.
Il semestre 2011 rappresenta, dunque, “un significativo passo avanti verso il livello di zero infortuni che abbiamo in mente - ha spiegato Sartori - un obiettivo teoricamente raggiungibile, anche se difficile, sempre più difficile man mano che ci si avvicina”. Questa complessità necessità però di uno straordinario sforzo economico, oltre che organizzativo, in materia di prevenzione. “Solo per il triennio 2009-2011 - ha aggiunto Sartori - questo impegno ci ha portato a stanziare una cifra considerevole, che supera il miliardo di euro: uno sforzo mai fatto prima” rafforzato anche dall'impegno sul fronte della riabilitazione e delle prime cure oltre che nel reinserimento lavorativo degli invalidi. Ottimi risultati, che per il presidente dell'Inail vanno però sostenuti con almeno due richieste al Governo: “Abbiamo bisogno di chiarezza sulle possibilità di fare investimenti [...] ed auspichiamo uno stop alla riduzione del nostro personale, perché non siamo più in grado di reggere una massa critica di oltre venti milioni di lavoratori assicurati con meno della forza lavoro che abbiamo oggi, pari a circa 9.600 persone”.
Dati confortanti quelli dell’Inail anche per il Presidente nazionale dell’Anmil Franco Bettoni che, tuttavia, ha voluto nei giorni scorsi ridimensionare. “Non si può non tenere conto del fatto che la diminuzione dei casi di incidenti sul lavoro registrata lo scorso anno [e nel primo semestre 2011] è influenzata da un quadro dell’occupazione che, se sostanzialmente stabile nel numero di lavoratori occupati, è stato caratterizzato da un forte ricorso alla cassa integrazione e da un cospicuo aumento del lavoro a tempo parziale. Inoltre - ha invitato a prendere atto Bettoni - guardando i dati disaggregati ci preoccupa l’aumento dei decessi nel settore dei trasporti e nel lavoro femminile, nonché degli incidenti a lavoratori di età compresa tra i 50 ed i 64 anni”.
Se gli incidenti sul lavoro sono una conseguenza statisticamente prevedibile del lavoro il fatto che nel 2010 e nel primo semestre 2011 il numero di morti sia sceso per la prima volta sotto il numero di mille rappresenta certo un segnale positivo, ma non è, quindi, ancora sufficiente: “Ogni giorno in Italia - ha precisato l’Anmil - muoiono ancora 3 persone sul lavoro mentre si verificano in media oltre 2.000 incidenti; in un anno circa 30.000 vittime rimangono permanentemente invalide, per un totale di 775.374 infortuni accaduti nel 2010”. Queste cifre testimoniano la "persistente gravità di un fenomeno che resta una delle principali problematiche del nostro paese", comportando una spesa complessiva di oltre 30 miliardi di euro l’anno. E se tra il 2009 e il 2010 si può parlare di una lieve diminuzione degli infortuni, “ciò non tiene minimamente conto - ha concluso l’Anmil - dello sconfortante numero di casi per malattie professionali”, una realtà di cui si parla raramente, nonostante nel 2010 si sia verificato un incremento delle denunce del 22%, “dalle 34.750 del 2009 alle 42.350 dell’anno successivo”.
Il tragico esempio della necessità di compiere uno sforzo aggiuntivo per rilanciare una nuova cultura della sicurezza, che trovi nella prevenzione il suo punto qualificante, sta per la Cgil nel crollo della palazzina di Barletta, nel cui scantinato si trovava un laboratorio tessile e che lunedì scorso a causato la morte di 5 persone. Quattro erano le operaie del maglificio.“Un’ulteriore tragica dimostrazione di come non basta scrivere le regole sulla carta, queste vanno applicate con celerità ed efficacia” ha sottolineato il Segretario Confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere nell'esprimere “il cordoglio del sindacato nei confronti dei familiari delle vittime”. “Tutelare la sicurezza dei cittadini sul lavoro - ha aggiunto il sindacalista - è un dovere degli organismi preposti alla vigilanza e alla prevenzione. Tocca alla Magistratura ricostruire le cause e le responsabilità, ma non è più accettabile che la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro siano considerate alla stregua di un qualunque adempimento burocratico” e “se corrispondesse al vero che quella costruzione era già stata considerata a rischio, a maggior ragione è incomprensibile l'assenza di azioni preventive e di controllo da parte degli organi competenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Ecco perché nella Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro l’appello della Cgil, all’indomani di Barletta, è chiaro: “Servono atti concreti che diano il senso del possibile cambiamento” ha augurato Gianni Forte, Segretario Generale della CGIL Puglia. “Quello che fa il Governo nazionale invece va in direzione opposta, all’insegna dell’idea che deregolamentando il lavoro e il sistema di tutele è possibile rilanciare l’occupazione e sostenere il sistema produttivo”. Ma se si taglia la spesa pubblica rendendo meno efficace la lotta all’evasione (il maglificio era sconosciuto all'Inps si legge in una nota dell’Inail) e non si investe nella crescita con una politica industriale che sappia sostenere l’innovazione e l’occupazione, a partire dal Sud, la salute dei lavoratori, per la Cgil, rischia di tornare a peggiorare.
C'è anche da chiedersi: “siamo disposti ancora a credere che un maglificio ubicato in un sotterraneo possa rappresentare il modello di sistema produttivo a cui ispirarsi? - ha concluso Forte - E che un lavoro qualsiasi, sottopagato ed in nero possa rappresentare l’aspettativa di tanti giovani e donne che pagano maggiormente il peso della crisi?”. Per la Cgil quella di oggi deve essere quindi una giornata spesa per garantire alle donne, ai giovani, ai migranti, ai precari, ai lavoratori più anziani e a quelli più svantaggiati un lavoro liberamente scelto, in condizioni di libertà, eguaglianza, sicurezza e dignità. "Del resto - ha ricordato venerdì durante la Giornata internazionale del lavoro dignitoso l'Istituto per la Pace e lo Sviluppo della Acli - la conclusione del recente G20 di Parigi dove è stata istituita una task force intergovernativa sull'occupazione parlava chiaro: Ci impegniamo a rinnovare i nostri sforzi per promuovere la creazione di posti di lavoro dignitosi e per sostenere i lavoratori e le famiglie colpite dalla disoccupazione e dalla precarietà”. "Facciamo in modo che non siano solo parole senza senso” ha concluso Ipsia.
Alessandro Graziadei
Nessun commento:
Posta un commento