domenica 12 febbraio 2012

Colombia: l'amore ai tempi della diga...

Il devastante progetto idroelettrico di El Quimbo, assieme ai simili Gibe III in Etiopia e alla rete di dighe previste in Patagonia, vede ancora una volta gli interessi italiani mettere a repentaglio popoli e ambienti naturali svenduti in nome dell’energia, o meglio del profitto. Siamo in Colombia in una regione che si chiama Huila, nella valle del Magdalena, il fiume raccontato da Gabriel Garcia Marquez nel ”L’Amore ai tempi del colera”. Qui, con il benestare del governo colombiano, i colossi Enel-Endesa il 24 febbraio del 2011 hanno collocato la prima pietra dell’operazione Quimbo che prevede la costruzione di una diga principale alta 150 metri e lunga 635 metri e di una diga secondaria alta 66 metri e lunga 410 metri per una capacità energetica installata di 400 megawatt. “Verranno però sommersi 8.500 ettari di terra - ha denunciato la Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Crbm) nell'ambito della campagna Stacca la spina contro gli investimenti sporchi delle imprese italiane - tra cui boschi secchi equatoriali, ricche coltivazioni di riso, manioca, cacao, papaya, mango, assieme alla vita dei popoli indigeni che abitavano quelle terre prima della conquista di Colombo”.
L'idea del progetto risale agli anni ’70, miraggio di benessere per un paese che non riusciva a uscire dalla guerra civile, ma viene accantonata - ha raccontato Bruno Federico nel suo recente reportage per Stacca la spina -. Viene ripresa nel 1997, ma il Ministero dell’Ambiente di allora la dichiara infattibile, per via degli eccessivi costi economici e sociali che la sua realizzazione avrebbe comportato al paese, in quanto la zona dove sorgerebbe il bacino idrico ospita una agricoltura e un allevamento floridi, che garantiscono benessere ai suoi abitanti e al paese intero. Una meraviglia che non conviene mutare”.
Nonostante questo nel 2009 viene concessa una nuova licenza ambientale al progetto che prosegue stabilendo una serie di indennizzi per i danni causati all’ambiente e ai cittadini sfollati, tra cui la riubicazione e il trasferimento delle attività economiche in luoghi differenti. “Si tratta di indennizzi irrisori rispetto a quelli previsti inizialmente sulla base dei quali era stato approvato il progetto - ha puntualizzato Bruno Federico - e gli abitanti della zona hanno visto così sfumare le promesse che l’impresa aveva inizialmente fatto loro”.
Per le popolazioni locali, che lo scorso mese hanno intensificato le manifestazioni di protesta con uno sciopero per ostacolare i lavori assegnati anch’essi all’italiana Impregilo, il progetto resta palesemente inattuabile, non solo perché minaccia una riserva agricola e forestale dell'Amazzonia e si costruisce in una zona che l’istituto colombiano di geologia ha dichiarato ad altissimo rischio sismico, ma anche per motivi economici trattandosi di un “saccheggio travestito da affare”.
L’università SurColombiana ha stimato, infatti, “che nel corso dei 50 anni di produttività dell’impianto idroelettrico El Quimbo, Enel-Endesa pagherà alla regione Huila circa 135 milioni di euro, contro i 480 milioni di euro che la regione perderà per la cessata produzione agricola dell’area inondata. Nello stesso periodo la multinazionale italospagnola guadagnerà 2.294 milioni di euro”. “Infine - ha spiegato il network americano International Rivers - sebbene i tre anni previsti per la costruzione della idroelettrica impiegheranno circa 3.000 persone, a fronte della perdita di 2.000 posti di lavoro, per la manutenzione prevista per i 47 anni successivi non saranno necessari che qualche decina di tecnici”.
Ma i problemi registrati da International Rivers non sembrano sorgere solo in prospettiva. “Negli ultimi quattro anni, il progetto ha causato distruzioni ecologicche, traumi psicologici per la gente del posto e ha aumentato il costo della vita”, ha detto Miller Dussan, professore presso l'Università Surcolombiana in Neiva e difensore accanito del fiume. “Le discariche del cantiere Quimbo stanno producendo una varietà di liquidi e di altri inquinanti sconosciuti prima di iniziare la costruzione della diga” ha aggiunto Miriam Restrepo, un pescatore locale che ha partecipato allo sciopero dello scorso gennaio. Se non dovessero bastare gli inquinanti un’altra certezza altererà l’equilibrio alimentare dell’area: “Il pesce che catturiamo da sempre vive solo in acqua corrente”, un’attenzione che forse è sfuggita al Governo durante le trattative con Enel-Endesa.
Ecco perché il progetto idroelettrico del Quimbo sembra rappresentare sempre più lo scontro tra due modelli: uno incentrato sull'agricoltura, la pesca e l’allevamento, compatibile in buona parte con l’ambiente, portatore di benessere non solo per gli abitanti della regione, ma anche per un paese la cui sicurezza alimentare vacilla e che ha dovuto conoscere negli ultimi 10 anni la minaccia della fame; l’altro è un modello estrattivista, insostenibile socialmente, ambientalmente ed economicamente.
Per questa ragione ha ricordato Crbm “l’organizzazione colombiana Censat, ha lanciato a livello internazionale un’azione urgente in cui chiede a coloro che hanno a cuore la sorte del Magdalena di scrivere al ministro dell’Ambiente della Colombia per domandare un immediato stop ai lavori di deviazione delle acque del fiume”. La situazione è delicata. Asoquimbo, l’associazione che riunisce i futuri sfollati del progetto idroelettrico, ha ricordato di aver sempre portato avanti le proprie motivazioni pacificamente, con argomenti validi, confidando nelle leggi dello stato di diritto che formalmente vige in Colombia e che con il Tribunal Amministrativo Regionale del dipartimento di Cundinamarca ha recentemente dato loro ragione, imponendo all'impresa e al Ministero dell’Ambiente la revoca inascoltata delle modifiche alla licenza ambientale. Ora dopo anni di estenuanti battaglie per far valere i loro diritti, gli abitanti della regione hanno affermato che se lo stato non fermerà la costruzione della diga la fermeranno loro, con altri mezzi, questa volta non pacifici e non legali.
“Il conflitto che si manifesta nell’Huila rappresenta in un certo modo il conflitto sociale e armato che la Colombia vive da mezzo secolo - ha concluso la campagna Stacca la spina - l’impossibilità di far valere il proprio dissenso in maniera pacifica finirà per mettere la gente di fronte al bivio: abbassare la testa di fronte all’ingiustizia o ribellarsi, con le implicite conseguenze che questa scelta comporterebbe”. Cosa avrebbe fatto Florentino Ariza il protagonista delle celebri pagine di Marquez, davanti alla devastazione del fiume che ha reso immortali i suoi struggimenti d'amore? Purtroppo "L'amore ai tempi della diga" non è un romanzo del celebre Gabo.
Alessandro Graziadei

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