Ci sono articoli che un cronista dovrebbe evitare di scrivere. Sono quelli dove la propria malcelata simpatia per una delle parti in causa rende estremamente difficile una lettura non partigiana della realtà. Avviso subito i lettori che siamo davanti ad una di queste situazioni. Sì, perché il sottoscritto per la Sea Sheperd Conservation Society, un’organizzazione che dal 1977 cerca con ogni mezzo di porre fine alla distruzione degli habitat e al massacro della fauna negli oceani di tutto il mondo, prova un’incontenibile simpatia nonostante personalmente lo scrivente insegua e sostenga la via nonviolenta come ineludibile premessa per la risoluzione di ogni conflitto. Eppure per questo gruppo di “Pastori del mare” e per il suo barbuto e canuto comandante, che in più occasioni non ha esitato a speronare e abbordare le impunite baleniere giapponesi ottenendo nel febbraio del 2011 l’insperato ritiro della flotta nipponica dalla sua annuale carneficina di cetacei, provo una solidarietà donchisciottesca.
Fatta questa doverosa premessa passiamo alla cronaca, partigiana, ma obiettiva. Il 12 maggio 2012 Paul Watson presidente e fondatore di Sea Shepherd è stato arrestato all’aeroporto di Francoforte in Germania in seguito ad una richiesta dell’ottobre 2011 di estradizione del Costa Rica per una presunta violazione del traffico navale. Ora la Corte Regionale Superiore di Francoforte ha concesso la libertà su cauzione al Capitano e ha rimandato il giudizio sull’estradizione al Ministero della Giustizia tedesco.
Ma come siamo arrivati a questo fermo? La presunta violazione sarebbe avvenuta nel 2002 nelle acque del Guatemala quando l’organizzazione non-profit durante le riprese del pluripremiato (31 international awards) documentario sulla caccia agli squali Sharkwater ha scoperto che l'imbarcazione Varadero del Costa Rica stava praticando un’attività illegale, lo shark finning, cioè l’asportazione delle pinne di squalo su animali ancora vivi che vengono, dopo aver subito la brutale pratica, ributtati in mare. Alla scoperta non è seguito nessun abbordo dei pirati, ma solo la segnalazione della violazione al Guatemale. Sea Shepherd, su ordine delle autorità guatemalteche, ha quindi intimato all'equipaggio della Varadero di fermarsi, ma ha dovuto ritirarsi quando il Guatemala ha inviato una nave armata per contrastare Sea Shepherd, accusata a sua volta dalla ciurma della Varadero di tentato omicidio del personale di bordo. “Il documentario Sharkwater con immagini in diretta - ha dichiarato Sea Shepherd - smentisce queste affermazioni e dimostra che, per evitare lo scontro con la nave armata del Guatemala, la nave dell’organizzazione ha fatto rotta verso il Costa Rica, dove ha scoperto ulteriori attività illegali di shark finning, ossia pinne di squalo essiccate e collocate sui tetti di un edificio industriale”.
La situazione sembrava fino ad oggi talmente chiara che anche l’Interpol non ha mai emesso alcuna “red notice”, ossia un’allerta internazionale, chiedendo l’arresto del capitano Watson “perché il suo Ufficio per gli Affari Legali non ha riscontrato la conformità della richiesta di estradizione alla Costituzione del Costa Rica e alle regole dell’Interpol” e nessun paese (Australia, Francia, Spagna e Regno Unito) in cui ha viaggiato il Capitano Watson, ha considerato la possibilità di arrestarlo come invece ha fatto la Germania. Per questo ci auguriamo - ha suggerito Sea Shepherd - che i giudici tedeschi arrivino alla stessa conclusione molto presto e non permettano l’estradizione del Capitano Watson”.
Evitare l’estradizione non significherebbe per la 34enne associazione ambientalista inseguire l’impunità del proprio Capitano, davanti ad un reato ancora tutto da dimostrare, quanto piuttosto preservare l’incolumità fisica del suo fondatore. “Se il Capitano Watson venisse estradato in Costa Rica - hanno ricordato i Pastori del mare negli scorsi giorni - non riceverebbe sicuramente un processo equo e la sua sicurezza non potrebbe essere garantita […] poiché la ricca mafia legata alle pinne di squalo potrebbe raggiungere le carceri e non è improbabile che Paul Watson possa non vedere mai un tribunale costaricano”.
Non è difficile, quindi, intuire cosa si nasconde dietro l’arresto e la richiesta di estradizione. “Nei nostri sforzi per difendere la vita delle balene, dei delfini, delle foche, degli squali, e dei pesci ci siamo fatti nemici potenti” ha spiegato il Capitano Watson. “La richiesta di estradizione è collegata ad una denuncia da parte di alcuni pescatori senza scrupoli che anche l’Interpol ha ritenuto motivata da ragioni politiche. A questo punto la domanda che ci si deve porre, è perché la Germania stia ora prendendo in considerazione accuse fatte da bracconieri” ha puntualizzato Watson subito dopo la liberazione.
Sembra piuttosto chiaro che “Il mandato di cattura emesso nei confronti di Paul Watson è motivato da fattori politici - ha puntualizzato Sea Shepherd - e dal momento che stiamo diventando sempre più efficaci nel proteggere la fauna marina a livello globale, i nemici degli oceani utilizzano tutte le risorse per fermarci. Attualmente siamo sotto attacco in ogni parte del mondo; in Inghilterra stiamo combattendo una causa promossa dall’industria ittica Fish & Fish per il tonno rosso, negli Stati Uniti abbiamo una causa civile iniziata dall’Institute for Cetacean Research riguardante le attività anti-baleniera negli Oceani del Sud e adesso la detenzione del Capitano che riteniamo derivi dalle vittorie di Sea Shepherd nella repressione delle attività di shark finning in alto mare”.
Comunque vada Watson non è solo. Dopo la notizia della cattura molti sostenitori dei Pastori del mare hanno richiesto la liberazione del Capitano, inviando da ogni parte del mondo migliaia di lettere, mail, fax e telefonando agli Onorevoli Ministri tedeschi della Giustizia e degli Esteri fino ad ottenere la libertà su cauzione di Paul Watson da parte della Corte Regionale Superiore di Francoforte lunedì 21 maggio 2012. Un provvedimento valido almeno fino a quando il Ministero della Giustizia tedesco prenderà in esame tutta la documentazione che il Costa Rica sarà in grado di fornire al fine di sostanziare le loro accuse. Per la libertà di Watson si era mobilitata anche l’amica Brigitte Bardot che si era offerta volontaria per prendere il posto di Paul Watson, in prigione. La diva cinematografica, nota attivista per i diritti animali, si era detta “oltraggiata” dal fatto che Watson sia stato trattato alla stregua di un malvivente. “Mi indigna che sia stato sbattuto in prigione. Per questo mi offro di prendere il suo posto - aveva dichiarato la 77enne Bardot la scorsa settimana - lo faccio perché sono sua complice ed ho sempre supportato il lavoro di Paul Watson”.
La battaglia per salvare il Capitano non è però ancora finita, per questo dopo i presidi che si sono svolti mercoledì 23 maggio in tutto il mondo, Sea Shepherd chiede a tutti di continuare a sostenerli nella speranza che il Costa Rica ritiri le accuse formulate nei confronti del Capitano Watson. “Considerando la ricchezza della biodiversità del Costa Rica, sarebbe una farsa da parte loro non schierarsi dalla parte degli squali, che sono all’apice della catena alimentare e che pertanto garantiscono l'equilibrio tra le comunità ecologiche dell'oceano” ha concluso la ciurma degli Sheperd. In ogni caso, “Non ha alcuna importanza il paese o il sistema giudiziario, il Capitano Watson non si lascerà intimidire e non si fermerà finché la vita e gli ecosistemi marini non verranno protetti come meritano”. Sembra il finale di una storia di pirati adattata a bambini o sognatori, ed invece e la seria nota conclusiva della Sea Sheperd Conservation Society. Ridateci, anche per questo ottimismo della volontà, il pirata Watson!
Alessandro Graziadei
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