Oggi 2 giugno 2012 è la Festa della Repubblica. Anche quest’anno, nonostante i numerosi appelli della società civile che ne chiedevano l’annullamento per evitare sprechi e per dirottarne i fondi sull'emergenza terremoto in Emilia, va in scena ai Fori Romani una passerella militare “ridimensionata e ispirata da principi di particolare sobrietà” hanno rassicurato il Quirinale e il Ministro Di Paola. Dovrebbero sfilare senza le Frecce Tricolore, mezzi e cavalli, tra gli altri, il 20 per cento in meno dei 2.584 militari previsti e solo 41 giovani in servizio civile, forse anch’essi in marcia a passo cadenzato e braccio destro a ritmo, come dimostrato dalle foto apparse nei giorni scorsi sul profilo Facebook dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.
Una novità? Solo in parte. Come ogni anno la partecipazione di una delegazione dei giovani in servizio civile alla parata in programma ai Fori Imperiali per celebrare la Repubblica è foriera di polemiche ed anche quest’anno, con il colpo di scena del ritorno del “passo militare” non poteva essere altrimenti. “L’unica marcia che ci piace è la Perugia-Assisi, per la pace ed il disarmo” ha dichiarato Mao Valpiana, Presidente nazionale del Movimento Nonviolento, a proposito della partecipazione dei giovani in servizio civile alla sfilata del 2 giugno. “Non possiamo accettare che la presenza dei giovani del servizio civile alla parata del 2 giugno sia sotto il comando dei militari. La difesa nonviolenta della patria, riconosciuta dalle sentenze della Corte Costituzionale, deve avere pari dignità e piena autonomia”.
Da anni il Movimento Nonviolento manifesta il suo disagio per il fatto che la Festa della Repubblica viene puntualmente celebrata con la sfilata delle Forze Armate. “Se l’Italia è fondata sul lavoro e ripudia la guerra come sancito negli articoli 1 e 11 della Costituzione, allora a sfilare davanti al Capo dello Stato dovrebbero essere i lavoratori e i pacifisti”. In attesa di questo epocale cambiamento, Valpiana ha in ogni caso ricordato la positiva presenza dei giovani in servizio civile ai quali “Finalmente viene riconosciuta l’esistenza pubblica e reso visibile il ruolo di una difesa diversa da quella armata, la difesa civile, non armata e nonviolenta”. […] Non ci accontenteremo però - ha precisato - di questa apertura formale fino a che non ci sarà un pari riconoscimento anche sul piano economico e finanziario”.
Proprio per questo accanto al Movimento Nonviolento anche moltissime altre realtà che da anni accompagnano il cammino dei ragazzi in servizio civile hanno deciso di scrivere al Ministro con delega al servizio civile Andrea Riccardi sottolineando l’apprezzamento per la partecipazione di “alcuni giovani del Servizio Civile Nazionale al 2 giugno”, ma non rinunciando a denunciare “come questa parità formale non trovi poi un riscontro nella realtà, perché per la difesa in armi nel 2012 vengono stanziati 23 miliardi di euro mentre per il servizio civile vengono stanziati 68 milioni di euro, tanto che il rischio è addirittura di chiudere questo fondamentale strumento per mancanza di fondi adeguati”.
Per Massimo Paolicelli, Presidente Associazione Obiettori Nonviolenti, altra associazione che ha sottoscritto la missiva diretta al Ministro “Al danno si aggiunge la beffa, infatti in queste ore le testimonianze che arrivano dagli stessi giovani ci dicono che si stanno formando presso strutture militari come la base di Guidonia e sotto il coordinamento di militari, per poter sfilare in formazione. Già in passato abbiamo ritenuto poco opportuna una presenza dei giovani su camionette militari ed ora non possiamo accettare questo ulteriore tentativo di militarizzazione del servizio civile”.
Se la difesa nonviolenta della Patria deve avere pari dignità e piena autonomia ha sottoscritto Paolicelli allora “Le chiediamo di far interrompere immediatamente la formazione militare dei giovani e chiedere al cerimoniale della sfilata che i giovani partecipino semplicemente camminando, nel pieno rispetto delle Istituzioni presenti e della persona del Presidente della Repubblica. Altrimenti crediamo sarebbe meglio non esserci. Siamo certi che anche il Presidente Napolitano apprezzerebbe molto di più una libera, gioiosa, spontanea passeggiata giovanile, più vicina allo spirito che anima il Servizio Civile Nazionale, piuttosto che una ipocrita camminata coordinata da militari”.
Una riflessione che non è solo strumentale e polemica, ma soprattutto culturale. La partecipazione dei volontari alla parata per la Festa della Repubblica trova senso se si consente al mondo del servizio civile nazionale di esprimere il valore pacifista e civico dell’impegno dei giovani. Irreggimentarli in una marcia come fossero soldati fa pensare ad un approccio culturale oramai superato, soprattutto davanti ad un costo stimato dal Ministero della Difesa di quasi tre milioni di euro (ora ridimensionato di un 20%, almeno sulla carta). Forse troppi, nonostante un evidente “risparmio” rispetto al 2011, soprattutto ricordando quanto accaduto il 2 giugno 1976 quando il Ministro alla Difesa Arnaldo Forlani decise di non celebrare la parata militare dopo il terremoto che sconvolse il Friuli.
Quanto basta per pensare che non sta in questa marcia il “cemento unitario” della Repubblica, quanto piuttosto in chi non marcerà e come il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua sarà in piazza della Repubblica dalle 15.00 per ricordare che “la Repubblica siamo noi. Le donne e gli uomini che nella propria quotidianità ed in ogni territorio lottano per la riappropriazione sociale e la tutela dell’acqua e dei beni comuni, per un welfare universale e servizi pubblici di qualità, per la dignità del lavoro e la fine della precarietà, per il diritto alla salute e all’abitare, per l’istruzione, la formazione e la conoscenza, per la trasformazione ecologica della produzione e per politiche di pace e cooperazione”.
Un promemoria importante visto che ad un anno dalla straordinaria vittoria referendaria sull'acqua pubblica, costruita da una partecipazione sociale senza precedenti, ha concluso il Forum, “il Governo Monti e i poteri forti si ostinano a non riconoscerne i risultati e preparano nuove normative per consegnare definitivamente la gestione dell’acqua agli interessi dei privati, in particolare costruendo un nuovo sistema tariffario che continua a garantire i profitti ai gestori”. Anche per questo la società civile sfilerà, come in passato, non marciando, ma con l’allegria e la determinazione di chi vuole invertire la rotta.
Alessandro Graziadei
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