“Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci”. Le sagge parole del Mahatma Ghandi sono forse passate nella mente di molti animalisti italiani dopo che ad una lunga campagna dal basso e ai tentativi di liberare alcune decine di cani degli scorsi mesi hanno fatto seguito da parte della polizia forestale le operazioni di ispezione ed il sequestro a Montichiari di Green Hill, l’allevamento di cani beagle destinati alla vivisezione, azione disposta dal Tribunale ordinario di Brescia il 18 luglio scorso. In questi giorni proseguono le indagini, tra sospetti confermati e nuove sconvolgenti verità, su quello che sembra essere “il principale allevamento lager” di beagle destinati alla vivisezione di tutto il mercato europeo.
“La prima volta che, riferendomi a Green Hill, ho utilizzato pubblicamente le espressioni lager e fabbrica di morte - ha commentato l'onorevole Michela Vittoria Brambilla presidente della Lega Italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente (Leida) - le mie parole furono accolte con stupore e in certi casi liquidate come manifestazione di estremismo animalista. Oggi, con i particolari agghiaccianti che emergono dalle indagini in corso, tra cui la scoperta dei cento cadaveri congelati, si dimostra che avevo ragione, così come avevano ragione i milioni di italiani che manifestavano contro quell'orribile attività”. Il condiviso entusiasmo dell’onorevole per la vittoria animalista è durato però solo fino a lunedì 23 luglio quando ha ricevuto dal Comune di Lecco l’avviso che il canile municipale, gestito da dieci anni dalla Brambilla attraverso l’associazione Leida, non potrà più accogliere gli oltre 150 cani che sono ospitati: troppo vecchio, troppo angusto e insicuro, insomma, “non a norma con la legge della Regione Lombardia”. Uno smacco per chi ha fatto della battaglia per i diritti degli animali una missione di vita.
Nonostante la débâcle, su una cosa l’onorevole Brambilla sembra aver ragione: “I primi esami sui cento cadaveri di beagle stipati in un congelatore sembrano confermare i sospetti dei pm che hanno iscritto nel registro degli indagati tre persone con il sospetto che i cani sarebbero stati soppressi solo perché invendibili” ha dichiarato la Lega Italiana contro la Vivisezione (Lav). Una prassi? Un dubbio per l’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa) che si domanda in che modo si sia articolato, negli ultimi anni, il ruolo della Asl competente e “come sia stato possibile per Green Hill operare compiendo gravi irregolarità e violazioni delle norme vigenti come quelle emerse grazie al sequestro probatorio”. Insomma “Dove erano fino ad adesso i controlli e come si svolgevano?”.
Ma nell’allevamento di Montichiari di proprietà dell’americana Marshall Farm Inc. gli investigatori hanno riscontrato anche altre irregolarità: quattrocento cuccioli erano privi del microchip di identificazione, sebbene la legge preveda che un cucciolo deve essere regolarizzato alla nascita. “Inoltre, - hanno spiegato gli attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill - forse per far tornare i conti e cancellare tracce dei cani fantasma da noi denunciati da tempo, qualcuno dalla Marshall ha tentato l’accesso dagli Stati Uniti nei computer [sequestrati ] di Green Hill proprio durante la perquisizione”.
Ma adesso? Molti animalisti sembrano andare ben oltre gli illeciti inseguiti dal Tribunale di Brescia. “Sentire parlare di benessere animale nei laboratori e negli allevamenti ci sembra inconcepibile - hanno dichiarato i rappresentanti di Fermare Green Hill - e da sempre abbiamo condannato non tanto le modalità e le irregolarità, ma il concetto stesso di allevamento in serie, di reificazione e di mercificazione degli esseri viventi. Da sempre abbiamo chiamato Green Hill una fabbrica di cani”. In questo senso Green Hill non è diventato solo il simbolo della lotta alla vivisezione, ma anche il simbolo di un sistema che considera gli animali come oggetti e come merce. “Dobbiamo aprire gli occhi e cominciare a vedere tutti i lager per animali che ci circondano, per abbattere lo specismo e cominciare un cammino verso la liberazione animale!”, hanno concluso gli attivisti.
E una riflessione, in un caso come questo, per Ilaria Ferri direttore scientifico dell’Enpa, la merita anche l’attualità della vivisezione. “Parliamo di un metodo - ha spiegato la Ferri - che non è mai stato validato scientificamente e che nel 2005 la prestigiosa rivista scientifica Nature ha definito cattiva scienza. I cittadini devono essere informati correttamente. Devono sapere che ogni anno anche i farmaci testati sugli animali, e dunque teoricamente sicuri, provocano migliaia di decessi tra i pazienti a causa dei loro effetti collaterali. Le vere cavie, dunque, siamo noi” visto che solo nei Paesi industrializzati gli effetti collaterali dei farmaci rappresentano la quarta causa di morte; la terza negli Usa e in Europa costano ogni anno la vita a circa 200mila persone.
Intanto la Procura di Brescia ha dato l’ok per la collocazione dei cani fuori dalla struttura con una conseguente corsa partita ieri ai 2.400 cani da salvare ben stigmatizzata da Ermanno Giudici il presidente milanese dell’Enpa: “facciamo attenzione, i beagle, soprattutto se condizionati da quel tipo di allevamento hanno bisogno di cure particolari. Al di là di questo ci sono sempre i cani rinchiusi nei canili affollati e c’è il rischio che il cane di Green Hill venga visto come con una sorta di trofeo di manifesta bontà. Certo li vogliamo tutti liberi e prima possibile, ma 15.000 richieste di adozione in poche ore [arrivate alle associazioni denuncianti Lav e Legambiente che hanno ottenuto dal Tribunale la custodia giudiziaria dei cani], con i canili stracolmi, devono essere un invito a riflettere“.
Ora che la battaglia animalista ha guadagnato le prime pagine il testimone passa da Montichiari a Correzzana in provincia di Monza dove tra le sigle animaliste in "mostra" non mancano quelle più controverse. “Oggi Green Hill... domani Harlan”, dice lo striscione appeso domenica scorsa dai militanti di Centopercentoanimalisti sui cancelli dello stabilimento Harlan Laboratories, dove, a quanto pare, ancora vegetano i 104 macachi importati in Brianza a scopo scientifico. In effetti, dopo la clamorosa svolta della vicenda Green Hill, è forte l'aspettativa per controlli analoghi sulle reali condizioni in cui versano le scimmie. “L'attenzione di tutti - hanno affermato i militanti dell’associazione fondata da Paolo Mocavero - ora è polarizzata da quanto succede a Green Hill e dai risultati positivi, anche se non definitivi, ottenuti grazie alle mobilitazioni. Ma non si devono dimenticare gli altri luoghi dell'orrore, dove tanti altri animali che non commuovono l’opinione pubblica come i cuccioli di cane, vengono allevati per la vivisezione”. Così mentre i macachi attendono chiusi in gabbia il loro prossimo futuro, i primi beagle escono da quelle di Green Hill.
Alessandro Graziadei
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