Parafrasando il titolo del fortunato libro “Non è un paese per vecchi” scritto da Cormac McCarthy nel 2005 si potrebbe dire che l’Italia “Non è un paese per bambini”, o meglio non per quelli migranti. Da agosto ad oggi sono 77 i minori stranieri non accompagnati (per lo più somali ed eritrei tra i 12 ed i 17 anni) giunti dalla Libia a Lampedusa. “La maggior parte - hanno denunciato gli operatori di Save the Children che forniscono supporto ai minori e ai bambini migranti sull’isola dall’inizio della ripresa degli sbarchi - si trovano ancora presso il Centro di Pronta Accoglienza dell’isola delle Pelagie in condizioni precarie e inadeguate”. Ora provati fisicamente e fortemente scossi per il dramma vissuto dopo esser rimasti in acqua per ore cercando di raggiungere a nuoto l’isolotto di Lampione a poche miglia da Lampedusa, ci sono altri 5 ragazzi, che risultano tra i pochi migranti tunisini superstiti del naufragio avvenuto lo scorso 6 settembre.
“Siamo addolorati per la vittima e i dispersi del tragico naufragio avvenuto a Lampedusa, e ci stiamo adoperando per fornire supporto in particolare ai minori superstiti, tra i più vulnerabili. Non vogliamo dimenticare però che questo naufragio segue altri sbarchi avvenuti nel corso dell’estate non solo sull’isola ma anche in Sicilia, Calabria e Puglia, dove abbiamo registrato spesso l’utilizzo di imbarcazioni fatiscenti e il più delle volte stipate all’inverosimile, e dove la presenza di donne, bambini e minori che si espongono al rischio stesso della vita è una costante,” ha dichiarato venerdì 7 settembre Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia.
Molti dei minori giunti a Lampedusa, come d’altra parte molti adulti migranti, sono transitati dalla Libia dove hanno vissuto situazioni drammatiche e di grande pericolo. Nelle interviste rilasciate agli operatori di Save the Children presenti a Lampedusa nell’ambito del progetto Praesidium emerge come molti minori e adulti migranti siano stati detenuti nelle carceri libiche dove hanno subito violenze di ogni genere. Altri minori intervistati hanno dichiarato di essere invece rimasti in Libia per un periodo limitato, necessario per l’organizzazione della partenza. “Questo pare essere un trend diffuso anche per i minorenni - ha spiegato l’associazione - molti migranti lavorano in paesi di transito, al fine di recuperare i soldi necessari per il viaggio e partono per la Libia solo quando hanno ottenuto la somma necessaria a partire". Una esempio di questo tipo di esperienze è M.G., un minore eritreo di 15 anni, che ha raccontato a Save the Children di aver lavorato in Sudan per 3 anni, per guadagnare i 1.400 dollari indispensabili per poter partire. In Libia è rimasto un mese, nascondendosi in una cava. Poi, è stato finalmente possibile partire.
Molti dei minori giunti a Lampedusa, come d’altra parte molti adulti migranti, sono transitati dalla Libia dove hanno vissuto situazioni drammatiche e di grande pericolo. Nelle interviste rilasciate agli operatori di Save the Children presenti a Lampedusa nell’ambito del progetto Praesidium emerge come molti minori e adulti migranti siano stati detenuti nelle carceri libiche dove hanno subito violenze di ogni genere. Altri minori intervistati hanno dichiarato di essere invece rimasti in Libia per un periodo limitato, necessario per l’organizzazione della partenza. “Questo pare essere un trend diffuso anche per i minorenni - ha spiegato l’associazione - molti migranti lavorano in paesi di transito, al fine di recuperare i soldi necessari per il viaggio e partono per la Libia solo quando hanno ottenuto la somma necessaria a partire". Una esempio di questo tipo di esperienze è M.G., un minore eritreo di 15 anni, che ha raccontato a Save the Children di aver lavorato in Sudan per 3 anni, per guadagnare i 1.400 dollari indispensabili per poter partire. In Libia è rimasto un mese, nascondendosi in una cava. Poi, è stato finalmente possibile partire.
Ma, come sappiamo, non sempre va bene. Il viaggio, nella testimonianza di tanti ragazzi, si conferma un’esperienza ad alto rischio e dall’esito incerto. E una volta raggiunte le sponde del Belpaese? “In questi mesi per evitare di dormire accalcati nell’area riservata alle donne con bambini piccoli, alcuni di essi hanno preferito dormire all’aperto o in situazione di promiscuità con gli adulti. Si tratta di condizioni non accettabili e che certo non corrispondono agli standard di protezione e accoglienza che dovrebbero essere assicurati ai minori migranti soli”, ha precisato Neri. La stessa situazione denunciata da Terre des Hommes alcuni mesi fa: “Degrado e abbandono! Lo stato dei minori migranti non accompagnati a Lampedusa non è degno di un Paese come l’Italia, che è vincolata dal diritto internazionale alla loro protezione e accoglienza“ aveva ricordato Federica Giannotta, responsabile Diritti dei bambini di Terre des Hommes, appena rientrata dall’isola.
Preoccupante è anche la situazione rispetto al trasferimento di questi minori non accompagnati nelle comunità di accoglienza sulla terraferma. Se, infatti, per il direttore generale di Save the Children Italia “da una parte ci sembra apprezzabile che ci siano stati tempestivi trasferimenti dall’isola di adulti e che sia stata data priorità a donne e nuclei familiari, anche con minori, ci preoccupa che lo stesso non stia avvenendo per i minori non accompagnati. È necessario assicurare il tempestivo trasferimento di tutti i minori giunti finora e di coloro che presumibilmente arriveranno nei prossimi giorni, sia per evitare il deterioramento delle condizioni di prima accoglienza sull’isola e sia soprattutto affinché i minori possano essere adeguatamente accolti e protetti con una soluzione di lungo periodo”.
Ma non basta. Per l’ong che dal 1919 lotta per migliorare la vita dei bambini l’obiettivo è chiaro e non si può perdere tempo: “Di fronte al rischio consapevole che una tragedia in mare può avvenire in qualunque momento, è indispensabile che le autorità nazionali e internazionali facciano ogni sforzo per moltiplicare le iniziative di prevenzione e di sicurezza in mare, e deve essere immediatamente revocata la dichiarazione di porto non sicuro per Lampedusa al fine di garantire a tutti i migranti immediato soccorso e prima accoglienza.”
Intanto l’affare criminale internazionale sul traffico degli esseri umani procura ai suoi organizzatori un profitto di oltre 32 miliardi di dollari l’anno e per contrastarlo ci vuole "un impegno coordinato dei governi e delle organizzazioni internazionali per stabilire modalità di accesso comuni per quanti fuggono da violenze, guerre e persecuzioni: visti umanitari e reinsediamento, evacuazioni umanitarie e decreti sui flussi che rispondano alle esigenze anche dei Paesi di origine.
Intanto l’affare criminale internazionale sul traffico degli esseri umani procura ai suoi organizzatori un profitto di oltre 32 miliardi di dollari l’anno e per contrastarlo ci vuole "un impegno coordinato dei governi e delle organizzazioni internazionali per stabilire modalità di accesso comuni per quanti fuggono da violenze, guerre e persecuzioni: visti umanitari e reinsediamento, evacuazioni umanitarie e decreti sui flussi che rispondano alle esigenze anche dei Paesi di origine.
Le migrazioni possono essere governate e non si può continuare a subirne l’evoluzione se si vogliono prevenire le tragiche conseguenze: i morti in mare” ha detto Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati . Dal 1988 ad oggi, secondo i dati di Fortress Europe, sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa 18.455 migranti, 2.352 soltanto l’anno scorso, nel 2011. “Quest’anno - ha affermato sul suo blog la portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu, Laura Boldrini - il numero degli arrivati è drasticamente diminuito perché siamo passati dai cinquantamila dello scorso anno a solo settemila arrivi, ma a fronte di questa diminuzione negli arrivi, il numero dei morti e dei dispersi in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa è già di 283 persone.”
Occorre fare qualcosa, perché come ricorda Gabriele del Grande dal suo blog, “Un giorno a Lampedusa e a Zuwarah, a Evros e a Samos, a Las Palmas e a Motril saranno eretti dei sacrari con i nomi delle vittime di questi anni di repressione della libertà di movimento. E ai nostri nipoti non potremo neanche dire che non lo sapevamo”.
Alessandro Graziadei
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