La pace in Colombia non è mai stata così vicina? Dopo una missione esplorativa in agosto e una prima tranche di colloqui ad Oslo in ottobre “In un clima di rispetto e spirito costruttivo - si legge in una nota ufficiale - le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) e il Governo colombiano hanno chiuso una nuova fase dei colloqui di pace in corso all’Avana”. Partiti formalmente il 19 novembre contestualmente alla proclamazione di un cessate il fuoco unilaterale da parte della guerriglia che si dovrebbe concludere il 20 gennaio, le parti hanno affrontato fino alla scorsa settimana 21 sessioni bilaterali e oltre 100 ore di colloqui e nonostante persistano ancora molte divergenze, i negoziatori di entrambi gli schieramenti sono fiduciosi e hanno annunciato la ripresa dei lavori per il 14 gennaio nella speranza di porre definitivamente fine a mezzo secolo di guerra che dal 1964 insanguina la Colombia.
“Le sedute dei colloqui hanno avuto fino ad ora un buon ritmo, nel quadro di un negoziato condotto nel mutuo rispetto. Noi affiniamo le nostre posizioni tenendo però conto delle preoccupazioni che sono espresse anche dalla società civile”, ha detto ai giornalisti il comandante Jesus Santrich, uno dei negoziatori delle Farc e rappresentante dello Stato Maggiore Centrale dell’organizzazione. Tuttavia nella conferenza stampa rilasciata dalla delegazione di Pace delle Farc il 21 dicembre, Santrich ha criticato le dichiarazioni del ministro degli Interni colombiano Fernando Carrillo, secondo il quale la guerriglia avrebbe accettato di partecipare alle conversazioni “a causa della pressione militare”. “Nella guerra di propaganda fa molto comodo al Governo colombiano far credere che l'insorgenza si sia seduta al tavolo delle trattative in ragione della pressione militare delle Forze armate colombiane, quando nella realtà dei fatti si è prodotto esattamente il contrario - ha precisato Santrich - come dimostrano ampiamente i dati relativi alle azioni militari delle Farc negli ultimi 5 anni, in netto aumento”, cosa riconosciuta non solo dalla stampa alternativa, ma anche da svariati think tanks filogovernativi e persino da alti esponenti militari. Al momento sembra, quindi, difficile credere che se il Governo avesse ottenuto vittorie strategiche sul campo di battaglia contro le Farc, si sarebbe seduto intorno a un tavolo di dialoghi con una guerriglia sconfitta e sul punto di essere smembrata.
“Il popolo colombiano sa che le Farc non sono suscettibili di ricatti o pressioni di alcun tipo, ciò su cui potremo accordarci sarà solo quel che conviene all’interesse popolare e alla verità, e niente di più”, ha spiegato Santrich. Anche per questo è indispensabile che oltre ai sequestri, alle prigionie illegittime, al maltrattamento degli ostaggi delle Farc si faccia luce sui crimini ascrivibili alle stesse Forze armate del Governo, il più orrendo dei quali è quello così detto dei “falsi positivi”, la pratica per cui fra i militari, stimolati a dare la caccia ai guerriglieri e a riportarne i cadaveri al loro comando in cambio di denaro, si è stabilito l’uso di inseguire qualsiasi giovane contadino nel territorio delle loro operazioni, togliergli la vita, infilargli una divisa delle Farc e andare cinicamente a riscuotere la taglia.
A parte questi altalenanti comunicati la questione della terra è il tema su cui finora si è concentrato maggiormente il negoziato e in merito alla quale si lavora per il raggiungimento di un’intesa anche attraverso un apposito Forum tenutosi la settimana scorsa a Bogotá col sostegno delle Nazioni Unite per raccogliere la voce della società civile e portarla alle trattative cubane in modo da creare le condizioni per una pace sostenibile e duratura. Aperto dal 16 al 19 dicembre da un migliaio di partecipanti, tra leader civici regionali, esponenti di organizzazioni non governative, rappresentanti della cooperazione e di organismi internazionali, dell’esecutivo e del Congresso, il Forum ha ospitato anche il delegato dell’Onu in Colombia, Bruno Moro, che ha messo in evidenza come “il tema rurale, primo punto nell’agenda dei colloqui di pace, sia la causa fondamentale del conflitto”. Per Moro risulta “decisiva la partecipazione della società civile” che rappresenta “i veri protagonisti della costruzione della pace affinché la Colombia non sia condannata a vivere altri 50 anni di guerra e 100 anni di solitudine”.
Ma al Forum “Politica di sviluppo agrario integrale”, la Federazione nazionale degli allevatori (Fedegán) non ha partecipato. “Invece di aiutare il processo di pace questo Forum lo danneggia perché parte da posizioni antagoniste sul modello di sviluppo rurale - ha sostenuto il presidente della Federazione, José Félix Lafaurie definendo molti dei protagonisti “Organizzazioni non governative che non rappresentano nessuno, se non chi le costituisce”. È noto che gli allevatori nelle cui mani si concentrano 38 dei circa 44 milioni di ettari di terre disponibili in Colombia si rifiutano di appoggiare un’eventuale riforma agraria, istanza all’origine della nascita delle Farc nel 1964. Secondo il rapporto dell’Onu del 2011 sullo sviluppo umano in Colombia, il 52% della proprietà terriera è detenuta dall’1,15% della popolazione. Nel corso del Forum, il ministro dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale, Juan Camilo Restrepo, ha peraltro confermato che fra il 2013 e il 2014, dopo 41 anni, si effettuerà in Colombia un censimento agro-zootecnico, “una delle grandi necessità che ha il Paese per capire meglio cosa sta accadendo nei campi”.
Molte divergenze sono filtrate anche sul futuro politico delle Farc che i rappresentanti del Governo colombiano sperano “si trasformino in un’organizzazione politica legale”. Per questo, ha detto l’ex vice presidente Humberto de la Calle, “non è necessario cambiare un modello di società; non stiamo negoziando lo sviluppo della Colombia”, mentre per la guerriglia sono necessari “cambiamenti nel modello di società e dell’attuale sistema politico antidemocratico”. E questo parallelamente al problema della riforma agraria per Andrea Amato, autore del libro-inchiesta L’impero della cocaina ed esperto di questioni latino-americane, è il tema caldo dei colloqui. “Se realmente fosse vero, sarebbe un problema, più che a destra, a sinistra. Il Partito Democratico Colombiano potrebbe soffrire maggiormente l’arrivo di un partito alla sua sinistra. Mi sembra, però, ancora un’ipotesi molto remota” ha dichiarato Amato, anche se la realtà attuale dell’America Latina dimostra che, nonostante gli ostacoli, la conquista del potere per via pacifica è possibile anche per una organizzazione progressista come dimostrato in Venezuela, Bolivia, Nicaragua, Ecuador, Uruguay e Brasile.
Alessandro Graziadei
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