Il dossier Mal'Aria di città 2013 (.pdf) presentato da Legambiente giovedì 17 gennaio a Roma, oltre a confermare gli elevati livelli d’inquinamento atmosferico respirato nel 2012 nelle principali città italiane con PM10, PM2,5, ossidi di azoto, ozono e decibel fuori controllo, annuncia un 2013 potenzialmente anche peggiore. “Il 2013 è stato denominato anno europeo dell’aria - ha spiegato la direttrice generale di Legambiente Rossella Muroni - nel nostro caso però, anno europeo dello smog sarebbe stato forse più realistico e appropriato viste le performance delle città italiane in termini di inquinamento atmosferico nel 2012 [e in prospettiva nel 2013] dove in tutti i principali centri urbani sono stati superati i livelli di polveri fini PM10”.
Nell’ambito della speciale classifica del dossier PM10 ti tengo d’occhio (.pdf), redatta prendendo in considerazione la centralina di ogni città che ha rilevato i valori peggiori, sono 51 le città, tra le 95 monitorate da Legambiente, “che hanno sforato il bonus di 35 giorni di superamento del valore medio giornaliero di 50 microgrammi/metro cubo stabilito dalla legge 155/2010”. Alessandria, Frosinone, Cremona, Torino, Parma e Vicenza sono le prime classificate, rispettivamente con 123, 120, 118 (ex aequo per Cremona e Torino), 115 e 114 giorni con concentrazioni superiori ai 50 microgrammi di PM10. Ma tra le prime dieci città troviamo anche Brescia, Milano e Verona, tutte sopra i 100 giorni di superamento del limite stabilito dalla legge. In generale è l’area della Pianura Padana a confermarsi come la zona più critica con 18 città tra le prime 20 posizioni. Ma non è solo il nord a soffrire di elevati livelli d’inquinamento: al ventesimo posto troviamo infatti Napoli con 85 giorni di sforamento e a seguire Cagliari con 64, Pescara con 62, Ancona con 61 e infine Roma e Palermo entrambe sopra i 50 giorni passati da fuorilegge.
Ma la situazione risulta molto grave anche per un altra tipologia di polveri fini anch’esse prodotte di solito dai processi di combustione come scarichi delle autovetture, impianti di riscaldamento e sistemi industriali: le PM2.5, ancora più pericolose delle precedenti per la salute umana perché si tratta di particolato con particelle inferiori a 2,5 micron. Nonostante il monitoraggio sia obbligatorio già dal 2011 e sia stato fissato il valore massimo di 25 microgrammi/metro cubo come media annuale, sono disponibili solo i dati di poche città che per Legambiente hanno abbondantemente superato tale limite con punte a Torino, Padova, Milano e Brescia, superiori ai 30 microgrammi per metro cubo come è accaduto a molti altri dei capoluoghi di provincia dell’area padana. Tra gli altri inquinanti che continuano a minacciare la qualità dell’aria Legambiente ha segnalato gli ossidi di azoto, “che in 24 delle 83 città monitorate hanno superato la concentrazione media annua di 40 microgrammi/metro cubo stabilita dalla legge” e tra le quali a fare da apri pista troviamo Firenze, Torino, Milano e Roma. Infine, a caratterizzare particolarmente l’inquinamento dei mesi estivi, troviamo l’ozono che risulta elevato in 44 delle 78 città monitorate. Anche in questo caso ai primi posti le città del nord Italia: “Mantova con 130 giorni di superamento della soglia stabilita dalla legge, Lecco con 94, Bergamo con 90, Reggio Emilia con 89 e Parma con 85 giorni”.
Ma l’inquinamento delle nostre città non si limita solo a quello atmosferico. L’inquinamento acustico particolarmente alto in città come Bari, Napoli, Roma, Bologna, Genova e Torino è responsabile dell’aumento della pressione, di problemi cardiaci, insonnia e ipertensione. Secondo uno studio dell’istituto TNO commissionato dal ministero dell'Ambiente olandese, il rumore delle città provoca danni al 44% della popolazione europea e costa 326 miliardi alla sanità comunitaria. “Sia a livello nazionale che a livello europeo - si legge nel dossier di Legambiente - il controllo dell’inquinamento acustico e i dati raccolti in merito alla effettiva esposizione della popolazione al rumore sono ancora troppo sporadici e occasionali e stenta a partire un costante e tempestivo controllo da parte delle autorità competenti: infatti queste affrontano il problema con sporadiche campagne di monitoraggio che per l’82% delle volte sono il frutto delle segnalazioni dei cittadini”. Anche per questo la situazione del 2012 e in prospettiva del 2013 non è di certo migliorata. A confermarlo ci sono i dati del monitoraggio del Treno Verde, la campagna di Legambiente che “nei mesi di febbraio e marzo 2012 ha registrato gli elevati livelli di rumore in molte città italiane con decibel oltre la norma di legge, sia di giorno che di notte”.
Insomma se un parziale miglioramento rispetto agli scorsi decenni c’è stato ha spiegato Legambiente “come per le concentrazioni di monossido di carbonio, ossidi di zolfo e benzene, per molte altre sostanze inquinanti la situazione rimane molto critica e non accenna a migliorare nonostante le cause dell’inquinamento atmosferico e acustico siano conosciute da tempo”. Sono i processi industriali, la produzione di energia e in città prevalentemente il traffico veicolare e i riscaldamenti, le principali fonti di emissione di polveri fini, ossidi di azoto, ozono e di altri inquinanti come il rumore. Per la Muroni “Questi sono quindi i settori su cui bisogna intervenire: con politiche di efficienza energetica degli edifici, diffusione di fonti rinnovabili e pulite per la produzione di energia e per il riscaldamento delle nostre abitazioni e con una nuova mobilità incentrata sul trasporto pubblico locale e su quello ferroviario, dirottando i 400 milioni di euro regalati ogni anno all'autotrasporto, sul ferro e sulla mobilità collettiva”.
Le possibilità ci sono assicura Legambiente. Serve la volontà. Il dossier suggerisce in proposito alcuni provvedimenti immediati, come la riduzione della velocità a 30 chilometri orari in ambito urbano o la creazione di aree car free nei pressi delle scuole che permetterebbero un rapido miglioramento della situazione e predisporrebbero a nuovi e più strutturali interventi, “come la progettazione di un piano di rete ciclabile portante, la ridefinizione degli spazi urbani, la diffusione all’interno delle aree urbane del meccanismo del road pricing e del park pricing, fino alla riduzione del parco auto”.
Se si vuole invertire la rotta, al di là dei singoli provvedimenti, alcuni dei quali pur molto utili (l'Area C di Milano, ad esempio, o le pedonalizzazioni nel centro di Firenze), per la Muroni “serve una capacità politica di pensare e di immaginare un modo nuovo di usare il territorio, un altro tipo di mobilità a basso tasso di motorizzazione e con alti livelli di diffusione delle energie rinnovabili compatibili con spazi pubblici più sicuri, più salutari e meno alienanti, dove si creino le condizioni per favorire le relazioni sociali, il senso del vicinato, del quartiere, della comunità”, a tutto vantaggio della salute, della sicurezza e della socialità di noi cittadini.
Se si vuole invertire la rotta, al di là dei singoli provvedimenti, alcuni dei quali pur molto utili (l'Area C di Milano, ad esempio, o le pedonalizzazioni nel centro di Firenze), per la Muroni “serve una capacità politica di pensare e di immaginare un modo nuovo di usare il territorio, un altro tipo di mobilità a basso tasso di motorizzazione e con alti livelli di diffusione delle energie rinnovabili compatibili con spazi pubblici più sicuri, più salutari e meno alienanti, dove si creino le condizioni per favorire le relazioni sociali, il senso del vicinato, del quartiere, della comunità”, a tutto vantaggio della salute, della sicurezza e della socialità di noi cittadini.
Alessandro Graziadei
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