sabato 3 maggio 2014

“Quindi in Spagna è vietato manifestare?”

Da quando la crisi economica e finanziaria ha colpito la Spagna, la perdita di posti di lavoro e la percepita mancanza di trasparenza nel processo decisionale, sommate alle misure di austerity messe in atto dal Governo di Mariano Rajoy Brey, in carica dal 20 dicembre 2011, hanno generato un diffuso malcontento tra la popolazione spagnola che, apripista in Europa, si è più volte spinta a manifestare nelle strade dando vita dal 15 maggio del 2011, tra gli altri, anche a quel  movimento degli “indignados” spesso ammirato, ma mai efficacemente emulato anche nel Bel Paese. Eppure nonostante il Governo spagnolo, dati alla mano, abbia dichiarato che “in meno dell’1% delle proteste messe in atto i manifestanti hanno commesso atti di violenza” la polizia sembra si sia fatta spesso “prendere la mano” per disperdere, picchiare, arrestare e successivamente processare e multare i manifestanti.
Queste, almeno, sono le conclusioni di un recente report di Amnesty International uscito lo scorso 24 aprile e intitolato Spagna, minacce al diritto di manifestare (.pdf) secondo il quale in Spagna oggi “risulta minacciato il diritto alla protesta” e numerose “violenze vengono perpetrate da parte delle forze di sicurezza contro i manifestanti ed in nessun modo i poliziotti che esercitano abusi possono essere rintracciati”. Per Amnesty “l’uso eccessivo della forza da parte della polizia e le proposte di inasprimento delle leggi repressive sono un chiaro esempio della determinazione con cui il Governo Rajoy intende stroncare le proteste” che solo a Madrid nel 2013 sono state 4.500, 1.000 in più rispetto all’anno precedente che aveva contato quasi 15.000 manifestazioni, una media di 40 al giorno.
“Quindi in Spagna è vietato manifestare?” è una delle domande più diffuse tra i turisti con borse piene di vestiti in mano e espressioni terrorizzate, quando più o meno regolarmente alcuni gruppi di manifestanti invadono i più noti grandi magazzini di Madrid in fuga dalle cariche della polizia con la testa insanguinata. Nonostante l’articolo 21 della costituzione spagnola del 1978, simbolo della transizione dal franchismo alla democrazia, precisi che chi voglia manifestare in luoghi di pubblico transito deve solo darne “comunicazione previa alle autorità” che le potranno proibire solo quando vi siano “fondate ragioni di alterazione dell’ordine pubblico, con pericolo per persone e beni” la domanda dei turisti sembra più che legittima. “Il Governo spagnolo sta usando tutta la forza conferita dalla legge per soffocare legittime proteste pacifiche - ha dichiarato Jezerca Tigani, vicedirettrice del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International - La polizia usa ripetutamente manganelli e pallottole di gomma contro i manifestanti, provocando ferite e menomazioni a chi vi prende parte così come a chi si limita a osservare, nella più completa impunità. Dall’altro lato, manifestanti pacifici e leader dei movimenti sociali sono continuamente presi di mira, stigmatizzati, picchiati, talvolta arrestati, processati e condannati a multe o pene detentive” - ha spiegato Tigani presentando il nuovo report.
Ester Quintana è una delle tante manifestanti che ha pagato personalmente gli abusi di potere dei “RoboCop” spagnoli ed ha perso l’occhio sinistro dopo essere stata colpita da un proiettile di gomma esploso da un agente di polizia nel corso di una manifestazione a Barcellona, nel 2012. “L’impatto del proiettile di gomma mi ha deviato il setto nasale - ha raccontato Ester nel report di Amnesty -, provocato ferite alla bocca e a un orecchio e ha causato la perdita di sensibilità sul lato sinistro del volto. Sono ancora sottoposta a terapia psicologica, la mia vita quotidiana è cambiata così come è cambiato il mio modo di relazionarmi con le persone e il modo in cui loro mi vedono. Non ho ricevuto alcun sussidio sociale nonostante ne abbia fatto richiesta”. Maria, invece, condannata a pagare una multa di 1.000 Euro per aver protestato contro i tagli alla spesa pubblica, ha raccontato ad Amnesty come l’intimidazione violenta e le pene spropositate siano il tentativo di  ”distruggere la leadership dei movimenti prendendo di mira i loro portavoce. Io continuo a partecipare alle manifestazioni e ad altre iniziative perché per me si farà una colletta. Ma c’è molta paura e i giovani che non hanno lavoro non sono in grado di pagare le multe”.
Quelle di Ester e di Maria sono solo alcune delle tante dichiarazioni raccolte e documentate da Amnesty International in questo report perché numerose altre persone portate alla stazione di polizia di Moratalaz, a Madrid, hanno descritto il trattamento violento e umiliante cui sono state sottoposte, tra cui essere costrette a rimanere in piedi faccia al muro per ore.  Frequenti poi sono i casi riportati di “giornalisti e fotografi che seguivano le manifestazioni e sono stati a loro volta presi di mira dalla polizia, che ha danneggiato videocamere e altre attrezzature per impedire di riprendere le loro azioni violente”. Scorrendo il report, nella mia italica memoria, appaiono immediatamente chiari alcuni drammatici parallelismi con il G8 di Genova del 2001 e le immagini ricostruite nel 2012 dal film di Daniele VicariDiaz. Non pulire questo sangue” si sovrappongono a quanto raccontano i molti testimoni ascoltati da Amnesty. 
Ma l’aspetto violento non è l’unico ad allarmare l’ong.  Secondo la legge spagnola, gli organizzatori o i leader di manifestazioni non autorizzate possono subire una multa fino a un massimo di 30.050 Euro e un ulteriore colpo al diritto di manifestazione pacifica potrebbe a breve arrivare dall’annunciata riforma del codice penale e della legge sulla protezione della salute pubblica, con l’introduzione di nuovi reati per punire i manifestanti con il relativo aumento delle sanzioni ad esse legate. “Le autorità spagnole si stanno muovendo nella direzione sbagliata. Restringendo ulteriormente i diritti alla libertà d'espressione e di manifestazione, non faranno altro che aumentare la distanza tra chi ha il potere e la popolazione spagnola. Il malcontento popolare non può essere soffocato con la repressione” - ha commentato Tigani.  Piuttosto che emanare nuove leggi repressive, per Amnesty “il Governo e il Parlamento spagnoli dovrebbero rivedere le leggi, le politiche e le procedure riguardanti le riunioni pubbliche e le manifestazioni, per assicurare che siano in linea con gli obblighi assunti a livello internazionale”. Non solo Amnesty, infatti, si è detta preoccupata a riguardo. Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito che la libertà di prendere parte a manifestazioni pacifiche è così importante che i partecipanti non dovrebbero essere penalizzati fin tanto che non commettono reati. Una posizione quella della Corte che fa ben sperare per il futuro della libertà di manifestare, non solo in Spagna.
Alessandro Graziadei

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