domenica 20 aprile 2014

Pasqua: “M’ama” vs “Mi mangia”

Curioso destino quello degli agnelli. Sono indiscutibilmente tra gli animali che ispirano un’universale tenerezza dei sentimenti, tenerezza che sotto Pasqua, apparentemente senza alcun rimorso, è spesso sostituita da quella del palato, visto che la tradizione li vuole serviti sulle tavole degli italiani nelle più diverse ricette. Ancora oggi, infatti, l’usanza pasquale conduce solitamente al macello, solo in Italia, tra i 400mila e i 700mila animali, in ossequio a una tradizione ormai ritenuta insensata e fuori tempo, non solo dal mondo animalista. Il triste primato delle macellazioni di ovini e caprini spetta alla Sardegna e al Lazio, seguite, ma in percentuali minori, da Puglia, Campania e Toscana. Si tratta sempre per lo più di cuccioli di appena trenta giorni di vita, nati dopo cinque mesi di gravidanza delle madri, la cui fecondazione a orologeria è regolata in modo da poter macellare i piccoli sotto Pasqua quando hanno raggiunto il culinario peso di 8-12 chili.

Ma accanto a quella che molti animalisti ritengono una dubbia scelta morale, esiste nel nostro menu non solo pasquale un problema di sostenibilità ambientale che si fa ogni anno sempre più pressante e attuale.  Il consumo di carne ha, infatti, un impatto devastante sul cambiamento climatico e sul Pianeta, che non possiamo ignorare. L’allevamento di animali destinati all’alimentazione fa crescere l’accumulo di gas serra nell’atmosfera e la crescente domanda di carne proveniente dai Paesi in via di sviluppo rischia di aumentare esponenzialmente questo già diffuso fenomeno. Nuove stime della Foods and Agriculture Organization (Fao) sui gas serra mostrano che le emissioni da parte dell’allevamento sono quasi raddoppiate negli ultimi cinquant’anni e potrebbero aumentare di un ulteriore 30 per cento entro il 2050, se gli sforzi per ridurle non saranno intensificati. In particolare la prima fonte di emissioni di gas serra è la fermentazione enterica, cioè il metano prodotto e rilasciato dal bestiame durante la digestione, che nel 2011 ha rappresentato il 39% della quota totale di emissioni di tutto il settore agricolo con un aumento dell’11% tra il 2001 e il 2011.
Anche per questo, come ogni anno, gli animalisti hanno fatto sentire la propria voce per cercare di porre fine all’allevamento e alla macellazione degli agnelli e dei capretti. “Sebbene in dieci anni la macellazione di ovicaprini sia diminuita di oltre la metà - ha spiegato  Paola Segurini, responsabile per la Lega Anti Vivisezione nel settore Veg - passando da più di 7 milioni di animali macellati nel 2004 ai 3 milioni macellati nel 2013, la strada per un’alimentazione cruelty free è ancora lunga, anche se la consapevolezza dell’importanza, per il Pianeta, per gli animali e per la salute, delle scelte individuali a tavola sta aumentando”. Così mentre come ogni anno la Lav propone un intero sito per festeggiare la Pasqua con un menù senza piatti di origine animale, l’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa) si è appellata a Papa Francesco affinché anche in tale ricorrenza si faccia portatore tra i fedeli di un messaggio d’amore, “invocando un atto di clemenza per questi poveri animali e sottraendoli così alla loro condanna”. “La festa della Pasqua dovrebbe rappresentare un momento di gioia per tutti gli abitanti del Creato - ha spiegato l’Enpa - e non un motivo per uccidere altri esseri viventi. Per di più in nome di una tradizione propria del Vecchio Testamento che poco ha a che vedere con il Cristianesimo”. Quindi si chiedono gli animalisti “Quale migliore occasione di rinascita e di rinnovamento per scoprire le delizie dei menù veg? Gli unici realmente salutari e cruelty free al 100%?”.
Anche la Lega Nazionale per la Difesa del Cane (Lnpc) è ripartita da Papa Francesco per rilanciare la sua campagna contro il consumo di carne e nell’augurare al Pontefice una buona Pasqua, l’Associazione ha chiesto di farsi portavoce di un messaggio d’amore forte e incisivo, promuovendo nelle coscienze degli uomini il rispetto della vita degli animali e della biodiversità. “Al Santo Padre chiediamo di fermare il sacrificio inutile di migliaia di creature, invitando i fedeli a santificare questo giorno in un modo unico e speciale - ha commentato la Lega Nazionale - senza sporcare di sangue e morte una ricorrenza che acquista un sapore molto più importante se arricchita da una ulteriore valenza etica che ben si accosta al messaggio cristiano di amore universale: non uccidere. Non ci lasceremo rubare la speranza in un mondo migliore e antispecista in cui gli animali hanno il pieno diritto di abitare il pianeta in pace e in armonia con gli uomini”.
Lo stesso pensiero legato ai diritti animali ha animato anche la campagna lanciata in questo mese dall’Organizzazione Internazionale Protezione Animali (Oipa) per sensibilizzare contro la strage degli agnelli che si compie ogni anno in prossimità della Pasqua. Grandi manifesti sono, infatti, apparsi nelle due principali metropolitane italiane di Milano e Roma occupando ben 287 spazi pubblicitari che invitano a riflettere sulla fine degli agnelli con una delle più ampie e intensive campagne degli ultimi anni a sostegno dei diritti animali e dell’alimentazione vegana. I manifesti si declinano in due soggetti che ritraggono un agnello contrapposto a un cucciolo di cane o a un cucciolo di gatto. Mentre accanto ai due cuccioli d’affezione compare la scritta “M’ama”, l’agnello è accostato alla scritta “Mi mangia”. Obiettivo della campagna è indurre a una riflessione sulle motivazioni che spingono ad amare e considerare compagni di vita alcuni animali, e solo cibo altri. “Il claim M’ama, Mi mangia - ha spiegato l’Oipa -  vuole richiamare un gesto fatto velocemente, senza riflettere, esattamente come il gioco che si fa sfogliando una margherita per decidere se l’amore è ricambiato. Ma quel gesto, quella carezza al proprio animale domestico o quella forchettata data al cibo nel piatto, non è un gioco, perché può determinare la vita o la morte di milioni di esseri viventi che non hanno altra colpa se non quella di essere posti sul gradino più basso della catena alimentare umana. Nati, allevati e uccisi in nome di una tavola imbandita”.
Insomma domandiamoci perché il cane corre con noi nei prati aspettando il suo bastone scodinzolando, il gatto sonnecchia sulle nostre gambe rispondendo alle carezze con le fusa, mentre l’agnello piange perché è stato strappato dalla mamma e si trova appeso a testa in giù per essere sgozzato. “La risposta, in realtà, arriva spontaneamente già nel momento in cui si ha il coraggio di porsi la domanda – ha spiegato Massimo Comparotto, Presidente di Oipa Italia - La consapevolezza dell’incredibile errore insito nell’antropocentrismo nel quale veniamo cresciuti arriva inesorabile. Alla presa di coscienza deve seguire il coraggio di cambiare le abitudini di una vita intera. Abitudini che non valgono certo milioni di vite. Il cambiamento inizia da ognuno di noi. Non nutrirsi di altri animali non è una moda, una forma di protesta e non dovrebbe rendere chi lo fa quello diverso. Rispettare la vita è, e deve essere, la normalità”.
Basta quindi ad animali trasportati per ore, a volte per giorni, stipati senza cibo né acqua, per giungere ai macelli di destinazione dove li attendono le ultime, atroci sofferenze. Esistono altri modi per festeggiare la Pasqua e “Per quest’anno speriamo - ha concluso la Lnpc -  in un piccolo-grande miracolo: sogniamo che gli italiani rinuncino all’agnello, sostituendone la carne con un menù alternativo, tra l’altro, anche meno dannoso per la salute umana”, lasciando che a morire sia una tradizione di sangue che celebra la risurrezione condannando a morte gli animali.
Alessandro Graziadei

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