È stato un vertice del G8 “declassato” a G7 quello convocato il 4 e 5 giugno scorsi a Bruxelles per rimpiazzare il summit che avrebbe dovuto tenersi esattamente in quei giorni a Sochi, prima che la crisi in Ucraina spingesse i leader di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Gran Bretagna e Usa, assieme ai presidenti di Consiglio e Commissione dell’Unione europea, a cambiare destinazione escludendo la Russia dal gruppo. Al centro dell’attenzione dei grandi del pianeta è stata messa la sicurezza energetica, ma di riflesso anche la sicurezza alimentare, visto che come ha ricordato alla vigilia del vertice Oxfam, il più grande network internazionale di organizzazioni non governative, “l’assenza della Russia è un serio campanello d’allarme per tutta l’Europa” e se la crisi Ucraina proseguirà, forse ben presto “i più poveri nel vecchio Continente dovranno scegliere tra mangiare e scaldarsi” dal momento che Putin è oggi il principale fornitore di petrolio e gas dell’Unione.
Secondo il recente rapporto curato da Oxfam The EU’s 2030 Energy and Climate Change Package. Fit for a Food and Energy Secure World?, infatti, a fronte della crisi in Ucraina e delle conseguenti tensioni con la Russia, l’Europa dovrebbe riconsiderare il proprio mix energetico altrimenti tutto il continente rischia di subire una crisi dei prezzi dell’energia, proprio mentre gli effetti del cambiamento climatico rischiano di provocare un nuovo aumento dei prezzi alimentari. “Oggi il fabbisogno energetico dell’Europa è composto in misura prevalente da combustibili fossili importati per il 50% circa” si legge sul rapporto dell’ong (.pdf), tanto che “l’Unione ha speso complessivamente lo scorso anno 400 miliardi per l’importazione di combustibili fossili, ovvero più di 1 miliardo al giorno”. Dati alla mano nel solo 2013 “i Paesi dell’Unione Europea per coprire il fabbisogno della propria popolazione hanno pagato in media circa 250 Euro pro capite alle grandi compagnie energetiche russe” e se i Governi dovessero rispettare gli impegni presi su clima ed energia per il 2020, il conto delle importazioni totali dell’Europa per gas e petrolio entro il 2030 potrebbe subire, a causa dell’aumento dei prezzi, un’ulteriore impennata toccando il tetto dei 500 miliardi.
Ma il rapporto di Oxfam sostiene che l'Europa ha oggi il più alto livello di importazioni al mondo non solo di carburante, ma anche di cibo. Così, se anche il cambiamento climatico avanzerà incontrollato, il conto delle importazioni alimentari dell’UE, attualmente stimato intorno ai 100 miliardi, potrebbe salire di parecchi miliardi entro il 2030.
Anche per questo l’Europa esce da questo G7 davanti ad un bivio decisivo nella scelta del proprio approvvigionamento energetico: “può continuare a dipendere dalle importazioni di combustibili fossili e optare per fonti energetiche domestiche inquinanti e costose come il carbone e lo shale-gas condannando i propri cittadini a sostenere prezzi del cibo e del carburante sempre più alti, oppure scegliere un percorso più sostenibile, riducendo la propria dipendenza energetica, i prezzi dell’energia e contribuendo a prevenire l'avanzata galoppante del cambiamento climatico e gli effetti sulla produzione di cibo”, ha affermato Elisa Bacciotti, Direttrice Campagne e Programmi Domestici di Oxfam Italia. “Se l’Europa vuole evitare l’impennata dei prezzi del carburante e del cibo e giocare un ruolo come leader mondiale nella lotta al cambiamento climatico, allora è cruciale che i leader europei concordino presto un ambizioso piano di riduzione delle emissioni e l’allontanamento dai combustibili fossili. I leader del G7 possono dare ulteriore peso a queste scelte sviluppando un piano di sicurezza energetica che ponga al primo posto il risparmio energetico e la promozione di energia pulita, accessibile e rinnovabile”, ha concluso la Bacciotti.
Anche per questo l’Europa esce da questo G7 davanti ad un bivio decisivo nella scelta del proprio approvvigionamento energetico: “può continuare a dipendere dalle importazioni di combustibili fossili e optare per fonti energetiche domestiche inquinanti e costose come il carbone e lo shale-gas condannando i propri cittadini a sostenere prezzi del cibo e del carburante sempre più alti, oppure scegliere un percorso più sostenibile, riducendo la propria dipendenza energetica, i prezzi dell’energia e contribuendo a prevenire l'avanzata galoppante del cambiamento climatico e gli effetti sulla produzione di cibo”, ha affermato Elisa Bacciotti, Direttrice Campagne e Programmi Domestici di Oxfam Italia. “Se l’Europa vuole evitare l’impennata dei prezzi del carburante e del cibo e giocare un ruolo come leader mondiale nella lotta al cambiamento climatico, allora è cruciale che i leader europei concordino presto un ambizioso piano di riduzione delle emissioni e l’allontanamento dai combustibili fossili. I leader del G7 possono dare ulteriore peso a queste scelte sviluppando un piano di sicurezza energetica che ponga al primo posto il risparmio energetico e la promozione di energia pulita, accessibile e rinnovabile”, ha concluso la Bacciotti.
La battaglia per il risparmio energetico, come abbiamo visto, è estremamente legata alla produzione di cibo, settore che molte multinazionali del settore biotech e ogm cavalcano anche in Europa come strada maestra per raggiungere la “sicurezza alimentare”. Ma come ha ricordato pochi giorni fa in un comunicato stampa Henry Rowlands, coordinatore della Global GMO Free Coalition (GGFC) “Il problema degli organismi geneticamente modificati e dei relativi pesticidi capaci di aumentare la produzione di cibo è che non sono stati mai testati prima di essere rilasciati nell’ambiente. Questo ha comportato una crescente preoccupazione sia da parte dei consumatori che degli scienziati indipendenti per gli eventuali danni che ci potranno essere per la salute umana e per lo stesso ambiente”. La coalizione, che proprio alla vigilia del vertice G7 ha raggiunto i 4.5 milioni di membri, si oppone scientificamente alla propaganda del settore biotech fornendo informazioni che portino ad azioni responsabili da parte degli organismi competenti e lavorando per arrivare ad una regolamentazione legislativa definitiva degli ogm in tutto il mondo. I partner della coalizione, circa 60, provengono da tutti i continenti, segno evidente che la questione è sentita in tutto il pianeta. Al pari dell’energia anche quello alimentare, infatti, “È un problema globale che merita un approccio immediato - ha spiegato Rowlands - contro chi sta immettendo nell’ambiente prodotti nocivi non testati. Per questo invitiamo tutte le organizzazioni del settore ad unirsi a noi e il G7 a prenderne coscienza”.
La GGFC, in occasione di questo vertice, ha deciso di sostenere anche la FIAN, una importante ong internazionale, che critica l’iniziativa del G7 “New Alliance for Food Security and Nutrition in Africa” attraverso un contro-report dal titolo “New Alliance for Food Security and Nutrition in Africa: A Critical Analysis from a Human Rights Perspective” (.pdf) che ci ricorda come la politica dei grandi ignori i principi generali dei diritti umani nelle zone più povere e malnutrite del pianeta e chiede al G7 di fermare il partenariato pubblico-privato che comprende più di 150 aziende, tra cui le più grandi corporazioni internazionali nel settore alimentare e agricolo. La politica del G7, si legge nel report della FIAN, “equipara l’apertura dei mercati agricoli e alimentari agli investitori stranieri con la lotta contro la fame e la malnutrizione […] sbilanciando la politica verso il settore corporativo”. Per questo la FIAN pone radicalmente in discussione il ruolo dei "grandi della terra" in tema di sicurezza alimentare e di nutrizione e in occasione di questo G7 ha chiesto “di implementare le decisioni sulla base delle linee guida del Committee on World Food Security (CFS) e di riconoscerlo come il più importante, legittimo e democratico organo di governo nel settore alimentare e della nutrizione”. Forse l’unica vera via per poter cominciare a parlare di sicurezza alimentare.
Alessandro Graziadei
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