sabato 31 maggio 2014

Sud Sudan: nonostante la guerra ed il colera…

“Confini non ancora definiti, costo della vita molto alto dal momento che in loco si produce poco o nulla, dipendenza economica dal petrolio che obbliga a continue trattative con il Sudan, paese da cui ci si è appena staccati che però ha l’unico oleodotto utile per portare il petrolio ad un porto. Le infrastrutture sono molto carenti, c’è solo una strada asfaltata che collega Juba al confine ugandese, il resto sono piste di terra inservibili per dei mesi nella stagione delle piogge. L’apparato statale è grande, ma funziona poco e male: insegnanti pagati poco che stanno assenti da scuola, stipendi pagati con ritardo anche di mesi. Negli uffici pubblici poi non c’è niente per lavorare, né una direzione chiara…”. Questa è la situazione del Sud Sudan che alcuni mesi fa raccontava, in un'intervista ad Unimondo, Stefano Bolzonello, un cooperante italiano che ha vissuto gli ultimi due anni a Juba, la capitale del Sud Sudan. Il più giovane Paese del mondo nato con un referendum nel 2011, dopo un breve periodo di euforia per l’indipendenza, oggi deve fare i conti con una nuova guerra, la povertà e malattie ormai dimenticate in Europa, come il Colera. Sono già oltre 315, infatti, i casi di colera registrati in Sud Sudan da quando il Ministero della Salute ha confermato ufficialmente l’epidemia nella capitale Juba, lo scorso 15 maggio, ma in molte altre località del Paese ci sono stati casi sospetti che sono in attesa di una conferma da laboratorio.
Il colera è un’infezione intestinale acuta causata da un batterio (Vibrio cholerae) che sopravvive a lungo in ambienti malsani, ma può essere curato se preso in tempo. La diarrea e il vomito causati dall’infezione inducono velocemente una disidratazione severa e possono portare alla morte. Il trattamento è però estremamente semplice, se si hanno le strutture ed i medicinali adatti, e consiste nel reintegrare i liquidi e gli elettroliti perduti reidratando il paziente con soluzioni orali o, nei casi più gravi, intravenose. Per questo la priorità in Sud Sudan è adesso quella di assicurare una risposta rapida ed efficiente per contenere l’epidemia quanto possibile, sia attraverso il trattamento dei pazienti, sia prevenendo la diffusione della malattia. Basta poco, ma quel poco deve esserci e “Il Sud Sudan - ci ha ricordato a proposito Bolzonello - è oggi un Paese segnato da moltissimi anni di conflitto anche interno, da tradimenti e alleanze tra i vari comandanti appartenenti a gruppi diversi che negli anni del grande conflitto col Sudan hanno sviluppato piccoli o grandi feudi su cui far pesare adesso la loro influenza”. Così negli ultimi mesi le lotte per il potere degli ex comandanti militari sono degenerate nelle violenze scoppiate a dicembre e nella conseguente crisi politica, civile e soprattutto sanitaria del Paese attraversato da una vasta epidemia di Colera sicuramente favorita dall’assenza di infrastrutture sanitarie adeguate.
Tra le realtà che in questo momento delicato si occupano dell’emergenza sanitaria anche Medici Senza Frontiere (MSF) che dopo aver fornito assistenza umanitaria in quello che adesso è il Sud Sudan per oltre 30 anni ha risposto immediatamente, supportando inizialmente con donazioni di medicinali e materiali medicali le strutture sanitarie del Ministero della Salute. A Juba, nell’ultima settimana, MSF ha fornito medicinali, letti, kit per la diagnosi, occorrente per la clorazione dell’acqua e sali per la reidratazione orale a diverse piccole cliniche del Ministero presenti in città e in particolare al Juba Teaching Hospital, attualmente l’unico centro per il trattamento del colera. Inoltre, MSF ha inviato medici esperti nel trattamento del colera e un esperto di acqua e servizi igienico-sanitari per supportare lo staff dell’ospedale. Ma “Dopo cinque mesi di intenso conflitto, a causa delle drammatiche condizioni di molti campi sfollati e di una stagione delle piogge con precipitazioni sempre più intense, siamo preoccupati dell’impatto che potrebbe avere la malattiaha dichiarato  Brian P. Moller, Capo missione per MSF in Sud Sudan.
Proprio per questo le équipe di MSF hanno avviato l’allestimento anche di un centro per il trattamento del colera di 50 posti letto nel distretto di Gudele, una delle aree maggiormente colpite dall’epidemia. Questo centro è e operativo dallo scorso fine settimana, e se necessario potrà essere ampliato fino a 100 posti letto. Basterà a fronteggiare l’emergenza? Forse no e per questo l’ong sta programmando l’apertura di altri centri per il trattamento del colera nella capitale per aumentare la sua capacità di assistenza nelle prossime settimane. Nei campi sfollati di Juba, dove MSF fornisce assistenza medica in seguito al conflitto da dicembre, le équipe di emergenza hanno già identificato possibili siti per nuovi centri per il trattamento del colera nel caso l’epidemia si diffonda anche lì. Nel resto del Paese, in collaborazione con il Ministero della Salute sud sudanese, MSF sta rispondendo all’epidemia ovunque sono stati riportati casi sospetti, come per esempio il campo sfollati di Malakal, nell’Upper Nile State, dove è stato già installato in via precauzionale un centro per il trattamento del colera e sono state vaccinate circa 17.000 persone ad aprile e maggio di quest’anno. Nello stesso stato, MSF ha inviato un’équipe di emergenza a Kaka, a 40km da Melut, per valutare le condizioni di una clinica locale, donare attrezzature e preparare un piano di emergenza nel caso l’epidemia di colera colpisca anche il campo sfollati di Melut.
Simile la situazione nel campo rifugiati di Bentiu, Unity State, dove MSF sta supportando una campagna di vaccinazione contro il colera e sta predisponendo ulteriori risorse per rispondere all’epidemia e nel Lakes State, a Minkamman, dove da dicembre MSF sta fornendo assistenza a circa 80.000 sfollati con una campagna di vaccinazione supplementare all’interno del campo. “Questa campagna - ha spiegato Moller - è indirizzata agli sfollati che potrebbero aver mancato le precedenti campagne di vaccinazione condotte all’inizio di quest’anno. Sono, infatti, necessarie due dosi di vaccino perché questo sia efficace, e anche in quel caso si stima che la protezione massima raggiungibile sia del 65%. Purtroppo questo è uno dei pochi metodi, insieme al miglioramento delle condizioni igieniche generali, della fornitura d’acqua e dei servizi igienico-sanitari, per offrire a una comunità vulnerabile la possibilità di evitare un’epidemia”. 
Il colera è in questo momento “il problema" ma come ricordano i report di MSF è sempre la guerra a uccidere di più. Nei primi cinque mesi della crisi, le équipe di MSF hanno fornito più di 270.000 visite ambulatoriali, di cui più di 110.000 a bambini sotto i cinque anni. 11.000 sono stati e ricoveri, 6.500 dei quali ancora una volta riguardavano bambini sotto i cinque anni. Inoltre, le équipe di MSF hanno effettuato più di 2.000 interventi chirurgici e curato oltre 2.300 persone per ferite di guerra. Eppure anche in questa situazione dal Sud Sudan arrivano segni di speranza. “Mi ha colpito a Juba la rincorsa a tutti i livelli di certificati, diplomi, titoli di studio, lauree - ci aveva raccontato Bolzonello -. Esistono persone giovani e adulte che cercano di migliorare la propria posizione sociale anche attraverso lo studio.  Ecco, al di là delle motivazioni per cui le persone si iscrivono, credo che questa rincorsa sia una grande opportunità per il Paese: questi corsi, dalle scuole elementari alle università, potrebbero essere palestre dello stare insieme, per creare legami, relazioni e consapevolezza di un tessuto sociale che va certamente mutando”.
Alessandro Graziadei

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